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Sarà una fermata d’autobus

Creato il 19 febbraio 2012 da Speradisole

SARÀ UNA FERMATA D’AUTOBUS

SARÀ UNA FERMATA D’AUTOBUS
Sarà una fermata d’autobus a dirci se è davvero finita. È quella davanti a Palazzo Grazioli, in Via del Plebiscito, soppressa per anni e rimpianta da molti romani. Se tornerà al suo posto, se d’ora in poi la folla  sul marciapiede attenderà il 64 e non più Berlusconi, allora sì, diremo che qualcosa è cambiato.

Per molti di noi sarà come sbarcare su un altro pianeta: l’Italia senza Berlusconi, per chi non l’ha mai vista. Nati sotto un governo Craxi o un governo Andreotti, ci siamo svegliati dall’infanzia che lui era già lì. Tutti gli eventi importanti che ci aspettavano sarebbero accaduti  «sotto Berlusconi», come si direbbe di un pontificato.

Per quanto mi riguarda solo il primo bacio è scoccato dentro un biennio del governo Prodi. Il resto – le mobilitazioni studentesche, la maggiore età, la patente, la prima volta, la laurea, l’amore – è stato nel segno di Berlusconi: non abbiamo avuto modo di essere altro che dei berlusconiani o anti-berlusconiani.

Tempo fa, Michele Serra ha avuto per un istante il dubbio che non fosse mai esistita, l’Italia senza di lui. Invece c’era e forse è tornata alla luce. Eccola.

Orientarsi per chi la esperimenta solo adesso, non sarà semplice: confesso che, oltre a sentirmi più leggero mi sento un po’ smarrito. Non dispongo di mappe, mi muoverò a tentoni per qualche mese o anno.

Forse tutto apparirà più normale e ordinario, e bisognerà imparare la bellezza di questo, farsi bastare una cronaca politica con meno trovate, colpi di scena, buffonerie. Non so se più seria, di sicuro meno teatrale. Bisognerà bonificare. Scegliere e collocarsi non più all’ombra di lui, e parlare e decidere senza l’alibi del suo nome.

Per qualche secondo ho immaginato lo spaventoso, infinito numero di volte che la parola «Berlusconi» è entrata nei nostri discorsi, nelle nostre liti, sugli autobus e a tavola, o in camera da letto; l’infinito numero di volte che è apparso sui giornali, nei siti, dappertutto. Ha esagerato lui, abbiamo esagerato anche noi.

Non so se il 12 novembre 2011 sarà ricordato per la sua uscita di scena. È troppo presto per dirlo e l’uomo forse ha in mente un finale diverso, il degno e romanzesco finale della sua «storia italiana». Delle nostre piccole – e forse un po’ meno romanzesche – storie di trent’anni ha portato via, come si diceva un tempo, la prima giovinezza.

Ci resta la seconda e non è poco. Poi per carità, siamo stati anche felici, e in ogni caso, non è dipeso, almeno in questo, da lui.

In quel dicembre del ’94 in cui la sua parabola politica sembrava già chiusa, Montanelli scrisse: «Non sappiamo cosa ci aspetta domani, magari una confusione ancora più grossa di quella in cui Berlusconi ci ha precipitato e ora ci lascia. Per il momento ci si contenta di assaporare, delibare, esalare, urlare a pieni polmoni questo sospirato liberatorio “finalmente”! (e al diavolo il diavolo che ci mormora ghignando: ma sei proprio sicuro che si tratti di un “finalmente”?)».

Finalmente, sì. Poi però il vecchio Indro precisava che «di tutti i berlusconi e berluschini d’Italia, Silvio era (e resta) il migliore». Non so se fosse un complimento e lascia un po’ allarmati.

(Paolo Di Paolo, 28 anni, scrittore)

http://www.firmiamo.it/ridateci-la-fermata-di-via-del-plebiscito-a-roma



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