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Sarah Scazzi: la diretta tv che sconvolge (seconda parte). Da Grasso a Gramellini
Creato il 08 ottobre 2010 da MarcotoresiniAldo Grasso spiega che (clicca qui per leggere il testo integrale) ci troviamo davanti ad un "delitto perfetto", a quella congiuntura astrale che, a livello mediatico, ogni programma tv vorrebbe avere, a quella notizia che ogni professionista avrebbe voluto dare in diretta. E in un mondo fatto di immagini, forse mercoledì sera non poteva succedere qualcosa di diverso da quello che è accaduto. "Con le telecamere ormai accese 24 ore su 24 - spiega Grasso -, in una società organizzata attorno ai media, nella piena consapevolezza che ormai gli strumenti multimediali rappresentano il nuovo ambiente in cui viviamo, è inutile chiedersi se questo strazio collettivo in diretta andasse fermato o no. Da tempo viviamo nel post-Vermicino. Quando la Sciarelli si premura di dire alla mamma di Sarah, Concetta Serrano, se desidera interrompere il collegamento compie un gesto di estrema delicatezza, ma manda, contemporaneamente, un’indicazione linguistica: questo non è un reality, questa è tv verità. Il fatto è che la verità non sembra mai vera, si vorrebbe dire di no alla verità dell’apparenza, spegnendo le telecamere, nella speranza che ci sia una verità diversa dell’essere".
Massimo Gramellini, invece, (clicca qui per leggere il suo "Buongiorno") spiega che siamo vittime di una macchina del dolore che "si nutre di casi umani e in cambio macina numeri dell’Auditel, quelli che fanno la gioia e il fatturato dei pubblicitari. Loro, i burattinai. Gli altri - giornalisti, pubblico, ospiti - i burattini. Colpevoli, naturalmente, ma solo di non avere la forza di strappare il filo".
In un mondo così anche noi giornalisti, per Gramellini, abbiamo però qualche colpa: "Federica Sciarelli è una giornalista in gamba -scrive - e una persona perbene, ma forse ha mancato di freddezza. Avuto sentore della notiziaccia, avrebbe dovuto mandare la pubblicità e soltanto dopo, lontano dalle luci della diretta, rivolgersi alla madre in pena, invitandola ad allontanarsi dal video e a chiamare i carabinieri. Una questione di rispetto, ma in questa società di ego arroventati chi ha ancora la forza e la voglia di mettersi nei panni del prossimo, guardando le situazioni dal suo punto di vista? Noi giornalisti siamo colpevoli di abitare il mondo senza provare a cambiarlo ed è una colpa grave, lo riconosco. La consapevolezza del potere dei media accresce le nostre responsabilità, ma non può annullare completamente quelle degli altri. Mi riferisco anzitutto agli ospiti dei programmi. Il presenzialismo televisivo della mamma di Sarah ha l’attenuante della buona fede. Ma fino a qualche anno fa i parenti delle persone scomparse andavano in tv per il tempo minimo necessario a leggere un comunicato o pronunciare un appello. Poi si ritiravano nel loro sgomento. Adesso non trovano di meglio che bivaccare per giorni e giorni in tv: non davanti al video ma dentro. Spalancando alla prima telecamera di passaggio la stanza della figlia scomparsa e accettando di partecipare a una trasmissione come «Chi l’ha visto?» dalla casa del cognato, sul quale in quel momento già gravavano forti sospetti".
Ma questa signora, continua Gramellini, cresciuta a pane e tv è rimasta stregata da questa macchina del dolore che forse la cullava nella speranza di poter riavere la figli. Ma il vero scandalo stava altrove.
"Giornalisti emotivi, tronisti del dolore - conclude l'acuto giornalista della Stampa -. Il ritratto di famiglia è quasi completo. Manca l’ultimo tassello, forse il più importante. I telespettatori. Le tante prefiche guardone che sputano sentenze dal salotto di casa. Ah, quanta sacrosanta indignazione! Peccato che durante il melodramma il pubblico di «Chi l’ha visto?» sia più che raddoppiato. Erano talmente occupati a indignarsi che si sono dimenticati di compiere l’unico gesto che potrebbe davvero cambiare questo sistema fondato sul pigro consenso del popolo: spegnere il televisore".
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