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La notizia è passata quasi inosservata. Ne ha
parlato, in una pagina interna, L’Unione
sarda. Ed è un peccato, perché il rinvio a giudizio di tre sardi a Varese
innova la Costituzione italiana e la convenzione europea di Shengen. L’una
assicura che “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in
qualsiasi parte del territorio nazionale” senza che – pare di capire – gli
spostamenti costituiscano indizio di reato. La seconda salvaguarda la libertà
di circolazione dei cittadini europei, compresi i sardi; anche in questo caso –
ma forse si tratta di una mia impressione – non prevedendo che trovarsi a Nizza
anziché a Oliena sia di per se un indizio di malaffare.
Così non la pensano il Gip di Varese né il
Tribunale della libertà della stessa città. Tre sardi, uno di Fonni e due di
Oliena, sono in galera da sette mesi perché sospettati di detenzione di una
pistola. Gli indizi di colpevolezza, scrive il Gip, sono “gravi” e fra questi c’è “la
comune origine degli indagati” e “l’assenza
di legami degli stessi con il territorio della provincia di Varese che ne
giustifichino la permanenza in loco”. A confermare la sensazione che ci si
trovi davanti a una scuola di pensiero giuridico-costituzionale innovativa, c’è
la sentenza del Tribunale della libertà: “Ad
ulteriore elemento a carico è costituito dalla loro ingiustificata presenza in
territorio del tutto differente da quello di loro dimora (tutti in provincia di
Nuoro)”.
Alla fine del mese, i tre extra-comunitari visti
da Shengen ed extra-italiani visti da Varese, saranno processati da un
tribunale che ne dovrà appurare innocenza o colpevolezza. La speranza è l’ultima
a soccombere e c’è dunque da sperare che il verdetto non tenga conto dei “gravi indizi di colpevolezza”
rintracciati dai magistrati innovativi.