Satira e giornalismo: intervista a Francesca Fornario

Creato il 25 febbraio 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

Francesca Fornario è una giornalista e autrice satirica, ha scritto per l’Unità, dal lunedì al venerdì va in onda su Radio Due in “Un giorno da pecora” assieme al socio Simone Salis; nel 2010 ha vinto il premio satira politica Forte dei Marmi. Scrive, canta, recita: insomma, impossibile essere più poliedrici! Grazie a Francesca, cerchiamo di chiarire qualche dubbio sul ruolo che la satira investe nel nostro paese… potere e denaro permettendo!

Francesca, ti definisci giornalista satirica, sorge un dubbio: se compito del giornalista è raccontare la realtà, come puoi utilizzare lo strumento della satira, che la realtà invece tende a deformarla?

Quando nel 1986 Tiziano Sclavi ha dato alla luce Dylan Dog è stato fortemente criticato per la violenza eccessiva (lo era per i canoni estetici dell’epoca: niente che oggi Canale5 non manderebbe in onda in fascia protetta). Si difese spiegano che quella era una violenza grottesca, irreale, paradossale, perché il paradosso – disse – è l’unico modo che ci resta per cogliere l’essenza delle cose.Vale ancora oggi.

Il paradosso, che è il linguaggio della satira, serve a disvelare la realtà (il correttore ortografico suggerisce “disgelare”, e secondo me ha ragione lui) meglio di una fotografia. Il guaio, facendo satira politica, è che i politici sembrano ispirarsi ai paradossi dei satirici e li trasformano in realtà. Ne scrisse bene Michele Serra all’epoca di Berlusconi (sembra di parlare del paleolitico, ma è più come la moda degli Anni Ottanta e le spalline: quelle cose che credevi fossero spacciate per sempre ma che appena ti distrai un attimo ritornano in auge, e tutti lì a chiedersi come è stato possibile, e un secondo dopo ancora a comprarsi una giacca con le spalline e a votare per lei). Serra scrisse che i satirici dovevano stare attenti a non inventare situazioni troppo surreali perché come per una grottesca profezia, in Italia, si sarebbero avverate.

Che poi, quanto alla faccenda della realtà deformata, se fosse esistito un Ordine mondiale dei giornalisti e se fosse stato una cosa seria, avrebbe dovuto dare la tessera a Pablo Picasso per come ha saputo raccontare il massacro di Guernica durante la Guerra Civile spagnola con un dipinto che, deformando la realtà, ne restituiva l’orrore meglio di una fotografia. Si dice che quando un ufficiale tedesco vide il quadro chiese inorridito a Picasso: «Questo orrore è opera vostra?». «No», rispose Picasso: «È opera vostra».

Vignette, articoli, video, canzoni, ti sei cimentata in tutto e di più. Ma in  quale forma  ti trovi maggiormente a tuo agio?

Mi trovo maggiormente a mio agio nel cambiare in continuazione, sia come giornalista che come essere umano, ma questo è un problema mio, o magari dipende dal fatto che se ci sono due categorie di persone, la categoria di quelli che vogliono lasciare il segno e la categoria di quelli che vogliono godersi il viaggio, io appartengo alla seconda (ma sono così incostante che un giorno potrei traslocare nella prima, vai a sapere). In questa fase la cosa che più mi piace è fare video, ma il merito è in buona parte del mio socio Simone Salis (una delle poche cose che mi piacerebbe non cambiare mai). Abbiamo raccolto un po’ dei nostri video realizzati per La7 e Radio2 e quelli pubblicati su Repubblica e L’unità sul sito Satira.tv. Sì, il dominio era libero. Quando lo abbiamo scoperto ci siamo tuffati a nuoto dalle caravelle e lo abbiamo conquistato.

Quale ruolo può avere – per un giornalista o per un artista satirico – il web, in particolare i social network ?

Premessa: sono il tipo che per scoprire se ha ripreso a nevicare invece di aprire la finestra guarda su internet, quindi forse sono la persona sbagliata per rispondere a questa domanda, ma sono anche la persona giusta per essere la persona sbagliata, e quindi: il web rappresenta un’opportunità meravigliosa per diffondere, acquisire, condividere conoscenze e punti di vista, per viaggiare stando fermi (no, non è pigrizia, conosco un sacco di gente che sta ferma viaggiando e che torna dai last-minute in Egitto senza sapere con quali paesi confina l’Egitto). Per la satira, che spesso fatica a trovare sponsor (dove ci sono i soldi c’è il potere e dove c’è il potere c’è la satira che lo prende di mira: ecco perché è difficile trovare chi investa denaro nelle produzioni satiriche) il web riduce a zero i costi di distribuzione e diffusione. Zero! Fai un video e lo carichi su YouTube (o scrivi un post su un blog, o disegni una vignetta…): se il video funziona viene condiviso su Facebook e Twitter e viene intercettato dai siti di news e di giornali: non c’è censura che tenga. E pensare che niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza il Pentagono! I paradossi satirici della vita sono superiori a quelli di qualunque Lenny Bruce.

 Essere un autore satirico nel 2012, cosa vuol dire? Qual è il tuo dovere nei confronti del lettore?

Vuol dire poter fare battute sul Governo Monti invece che su Berlusconi (e solo questo vale il viaggio), dover aprire una partita Iva perché la Rai preferisce far finta che il mio andare in onda tutti i giorni sia una prestazione occasionale, vuol dire svegliarsi tutti i giorni con il sorriso nonostante questo… cose così. Il dovere che sento nei confronti dei miei lettori-ascoltatori-spettatori è lo stesso che sento nei miei confronti: voglio vederci chiaro / voglio che ci vedano chiaro loro, voglio sapere se abbiamo delle alternative (sì, le abbiamo) / voglio che lo sappiano loro, voglio che ci ragioniamo insieme, che la vita è breve e tocca darsi una mossa.

Nel 2010, ti è stato consegnato il Premio Satira Forte dei Marmi. Aldilà del riconoscimento personale che hai ottenuto per il tuo lavoro, come può l’arte ricevere dei premi? In particolare, la satira – come ha sostenuto Dario Fo – è assolutamente libera, mentre un premio crea categorie. Cito una delle opere di riferimento per tutto l’occidente: South Park. Come può la satira – che decostruisce il potere – prendersi tanto sul serio da assegnarsi dei premi? In alternativa a questa domanda: che ore sono?

Sì, un premio alla satira è un po’ un paradosso (e quale miglior premio alla satira di questo?) e come tutti i premi non va preso troppo sul serio. È una bella occasione per incontrare le persone che avresti sempre voluto incontrare (Corrado Guzzanti!) e per far conoscere la satira. Più che il premio, mi ha colpito il fatto che a Forte Dei Marmi, dove non a caso esiste anche il museo della satira, c’è perfino l’Assessorato alla Satira, con tanto di targhetta sulla porta negli uffici del comune. Davanti a quella targhetta mi sono sentita come Wendy in Peter Pan. Che ore sono? Aspetta che guardo su Google.

 

Intervista a cura di Luca Di Tizio


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :