Sbarco in Normandia – i canadesi sbarcano a Juno Beach
SBARCO IN NORMANDIA, LA GIORNATA DEL 6 GIUGNO, Alba storica. Il Comandante RUSSELL GRENFELL, in una trasmissione di Radio Londra da Il Mese, Compendio della stampa internazionale, numero 8, luglio 1944, D-Day martedì 6 giugno 1944 tappa 02 – documenti e storia Milano Arte Expo (leggi la introduzione e tutte le tappe del D-Day)
RADIO LONDRA – La Grande Armata salpò dalle coste inglesi nel pomeriggio del lunedì, divisa in due sezioni, l’una britannica, l’altra americana. La sezione americana aveva come obiettivo i banchi d’approdo più occidentali; quella britannica i banchi più ad oriente. Nel primo stadio delle operazioni, sulla Marina ricadeva il compito principale: essa doveva convogliare le forze terrestri attraverso il mare esattamente nei punti designati per lo sbarco, proteggerle durante il tragitto ed appoggiarle col tiro delle sue artiglierie durante lo sbarco stesso. La Marina aveva compiuto operazioni analoghe in precedenza, ma questa volta il problema si presentava irto di maggiori difficoltà, perché lo sbarco non doveva effettuarsi sulle coste d’un mare circondato da terre, nel quale le marce quasi non si fanno sentire, come il Mediterraneo; ma svolgersi dopo aver attraversato acque con forti escursioni di flusso e riflusso, che, secondo le informazioni, erano state densamente minate sulla costa occupata dai tedeschi. >
Per di più, si sarebbero incontrate ostruzioni e apprestamenti difensivi di cui i tedeschi avevano vantato molte e molte volte il carattere inespugnabile. Forse il problema più difficile era quello che si presentava agli spazzamine, perché il rastrellamento delle mine in acque a forte escursione di marca è sempre cosa molto difficile. Dalla accuratezza dell’opera loro sarebbe, dipesa in tale occasione la incolumità delle navi che in gran numero seguivano dappresso, nella maggior parte gremite di truppe.
D-Day sbarco in Normandia martedì 6 giugno 1944
Al comando delle forze britanniche d’alto mare era il Contrammiraglio Sir Philip Vian, ed io ebbi la fortuna di essere a bordo della sua nave ammiraglia. Egli è un uomo che ha saputo conseguire la posizione più importante fra giovani ammiragli britannici, combattendo in una dozzina tra scontri e combattimenti navali. Le navi dell’Ammiraglio Vian presero a salpare nel pomeriggio del lunedì, 5 giugno, e stavano ancora sfilando a fianco della nave ammiraglia quando egli stesso si mise in movimento. Quando l’ammiraglia stessa raggiunse i gruppi di testa la formazione di rotta per il tragitto cominciò a profilarsi. Gli spazzamine, per la maggior parte inglesi, stavano aprendo una dozzina di passaggi per il grosso della forza combinata anglo-americana, ed i gruppi di navi designati stavano avanzando in questi passaggi in linea di fila.
Circa alle 7.30, alcune nostre corazzate furono avvistate in lontananza, provenienti, come noi, da ponente, e cominciarono i lampi intermittenti dei loro proiettori che segnalavano alle nostre navi. Poi, con grande maestria diressero la rotta sulla nostra per prendere posizione sul fianco di bombardamento. Tutto magnificamente, fino a quel momento; eccetto i l tempo, che avrebbe potuto definirsi cattivo per le piccole unità. Il cielo era stato sgombro di nubi per tre settimane, ma ora si era volto contro di noi proprio al momento critico. Il vento rinfrescava, le nubi erano basse, e la decisione di continuare nell’operazione, chiunque abbia dovuto assumersene la responsabilità, non deve essere stata agevole. Si fece buio. Passarono le una; poi le due, e le tre; ma nessun rumore rompeva la quiete notturna.
Sbarco in Normandia preparativi
Gli spazzamine avevano finito di rastrellare e si erano portati al ridosso della costa francese senza aver incontrato opposizione, e, per quanto si poteva giudicare, senza neppur aver incontrato grandi difficoltà provenienti dalle mine stesse. Il rimanente della forza destinata alla invasione stava procedendo in avanti, senza arresti, nei canali spazzati dalle mine, i cui margini erano stati muniti di segnali. Il primo indizio che rivelò le preoccupazioni del nemico venne dal tribordo, al nostro traverso, da grande distanza; e, per quanto sembrava, dalle vicinanze di Cherbourg.
Alle tre e mezza della mattina, cominciarono ad innalzarsi nugoli concentrati di proietti illuminanti o di razzi — era difficile dire di che cosa esattamente si trattava — e per un breve tempo nell’aria vi fu quasi una fantasmagoria pirotecnica; poi questa cominciò in altre direzioni. E in alcuni punti della zona di sbarco americana, a intervalli, brillavano le vampe di bombe di grosso calibro, seguite a volte da evidentissimi incendi. Poi le zone di Le Havre e di Capo Antifer iniziarono il tiro contraereo, e, per qualche tempo, il ciclo nero da ambo le parti del punto dove eravamo fu picchiettato dalle vampe dei cannoni che sparavano e dalle esplosioni dei proietti controaerei. Ormai eravamo avanzati parecchio verso la costa francese, e, mentre il cielo lentamente si rischiarava, gli occhi cominciarono a volgersi verso il terreno più alto nella zona di Le Havre, dove si riteneva che fossero istallate batterie pesanti.
Le corazzate Ramillies e Warspite e il monitor Roberts divennero ora visibili, mentre puntavano in quella direzione, perché, secondo gli ordini, dovevano bombardare quelle batterie per proteggere l’accostata delle navi e dei natanti di sbarco. Esse dovevano aprire il fuoco alle 5.05, e dovevano a loro volta essere protette da cortine fumogene stese dagli aeroplani. Al momento esatto scoliamo la cortina del fumo grigio che si addensava vicino alla superficie delle acque: e mentre guardavamo intenti, una grande vampata arancione si proiettò da una delle torri della Ramillies nella luce ancora incerta, illuminando per un momento le superstrutture della nave ammiraglia. Quasi nello stesso momento, l’ufficiale di collegamento con l’aviazione ci indicò i caccia che incrociavano in alto a difesa: parecchie squadriglie, egli ci disse, dovevano restare continuamente con noi. Poi seguì una sorta di spettacolo veramente brillante di proietti razzo che si innalzavano dalle posizioni germaniche nei pressi di capo Antifer.
Sbarco in Normandia D-Day
Nel frattempo gli incrociatori avevano anch’essi assunto a un dipresso la formazione in linea per impegnare le batterie più a sud, in vicinanza della spiaggia dove doveva effettuarsi lo sbarco: erano sette, e tutti aprirono il fuoco poco tempo dopo le «avi principali. Ben presto si aggiunsero al concerto anche i cacciatorpediniere. Alle 5.45 certi galleggianti speciali — arma dell’invasione — ci passarono vicini diretti verso la costa. Ormai s’era fatto chiaro. Il giorno pieno rivelò un ciclo caliginoso, con nuvoloni neri, specialmente al sud e all’ovest, cioè proprio sopra le spiagge dove dovevano effettuarsi gli sbarchi. Soffiava vento forte da ponente e il mare rompeva sulla costa.
Era un tempo cattivo per l’approdo per soldati che dovevano entrare in battaglia. Le navi d’attacco nel frattempo si erano accostate e avevano gettate le ancore, e le chiatte destinate a sbarcare i carri armati si raccoglievano intorno alle navi stesse, attendendo i l momento di avanzare. Tutto in giro, sull’orizzonte, a nord, era un seguito di navi che sopraggiungevano e di cacciatorpediniere e corvette di protezione che guizzavano in tutte le direzioni, sempre in guardia contro i sommergibili. Alle 6.30 le chiatte da sbarco corazzate furono visti muovere in massa verso la spiaggia, ma avevano ancora alcune miglia da percorrere e doveva passare ancora un’ora all’inarca prima che toccassero i bassofondi.
Non mancò un certo volume di. fuoco di ritorsione da parte delle batterie costiere contro alcune delle nostre navi, ma nel complesso non fu intenso, ed io non scorsi alcuna nave che si trovasse seriamente minacciata. Nel frattempo il bombardamento navale era in pieno svolgimento, e lungo l’arco di cinque miglia su cui le navi erano distese echeggiava sul mare il rombo dei cannoni della Marina. Alle 6.45 il barcareccio da sbarco ci stava sorpassando a sciami, e le unità di testa erano già molto avanzate in direzione della spiaggia. Ma il momento critico si sviluppò quando si accostarono ai bassofondi, il che era preventivato per le 7.25. Il massimo appoggio di fuoco era necessario in quella fase di suprema importanza, ed incrociatori e cacciatorpediniere serrarono dietro le chiatte da sbarco che stavano precedendola terra, mentre tutte le navi raddoppiavano la intensità del loro tiro.
Contro uno sfondo nero e corrucciato di piovaschi frammisti a grandi volute di fumo, causate da innumerevoli granate esplodenti, le vampe dei cannoni della flotta erano coma un’unica serrata falange di fuoco che movesse tuonando verso la riva. I natanti di sbarco, col loro carico di valorosi, scomparvero alla nostra vista dentro una cortina densa di fumo e di foschia.
Comandante RUSSELL GRENFELL, in una trasmissione di Radio Londra
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MAE Milano Arte Expo [email protected] ringrazia tutti collaboratori della sezione documenti e storia.
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