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Sbarre di ferro ed appello all’Unesco: così l’Iraq cerca di proteggere il proprio patrimonio dall’Isis

Creato il 09 marzo 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Sacchi di sabbia e sbarre di ferro. Così i curatori museali iracheni stanno cercando di far fronte alla furia distruttiva dello Stato Islamico (Is) che, dopo le minoranze etniche, sta ora prendendo di mira il patrimonio artistico e archeologico del Paese. Dopo i libri bruciati nella biblioteca pubblica di Mosul, le statue prese a picconate nel museo della città e i bulldozer che hanno raso al suolo la città assira di Nimrud fondata nel tredicesimo secolo prima di Cristo, le ultime vittime del patrimonio iracheno sono Hatra e Dur Sharrukin, sito assiro di 2.800 anni fa vicino al villaggio di Khorsabad.

Il tempio storico nella storica città di Hatra (nbcnews.com)

Il tempio storico nella storica città di Hatra (nbcnews.com)

Sbarre di ferro per evitare la distruzione di antichi manufatti a Baghdad. Per evitare l’estensione dei danni, al Museo nazionale dell’Iraq riaperto di recente a Baghdad sono state messe sbarre di ferro per proteggere l’esposizione di antichi manufatti. Nell’interpretazione estremistica dell’Islam adottata dall’Is, le statue, gli idoli e i santuari sono oggetti di culto diversi da Dio e per questo vanno distrutti. Inoltre i manufatti che non vengono distrutti sono contrabbandati per finanziare il jihad mirato alla realizzazione del Califfato, secondo i piani di Abu Bakr al-Baghdadi. Per questo, secondo alcuni funzionari del ministero del Turismo iracheno, solo l’intervento dell’esercito può fermare l’azione jihadista contro il patrimonio artistico.

Lo Stato Islamico senza scrupoli per finanziare la jihad. “Tutto viene trattato per il suo valore”, ha detto citato dal New York Times Amr al-Azm, ex funzionario del Progetto per la Salvaguardia per patrimonio della Siria e dell’Iraq. “Se è per fini propagandistici, viene usato per questo. Se può essere venduto, viene venduto”, ha spiegato. Intanto gli archeologi e gli addetti alla conservazione del patrimonio, abituati a dover fare i conti con i cambiamenti climatici e lo sviluppo urbano, lamentano che nelle aree in mano all’Is c’è poco che possano fare per fermare la distruzione e, nel frattempo, documentano i danni e insegnano agli abitanti della zona a farlo. In questo modo si contribuisce a individuare eventuali furti o danni. “Un criminale folle può venire con un martello e distruggere tutti i nostri sforzi. E noi non possiamo fare nulla”, ha detto Qais Hussein Rashid, vice ministro del Turismo e delle Antichità, affermando che questo “è un grande dolore”.

La richiesta dei funzionari iracheni all’Unesco, sperando che i resti di Babilonia diventino patrimonio dell’umanità. Ieri i funzionari del ministero hanno chiesto all’Unesco di catalogare i resti dell’antica Babilonia come patrimonio dell’umanità sperando di avere la protezione dell’Onu rispetto all’avanzata dell’Is. Una misura comunque limitata rispetto alle azioni compiute dai jihadisti, che hanno già distrutto altri siti catalogati dall’Unesco, come Hatra in Iraq, mentre il Krak dei Cavalieri e la Cittadella di Aleppo in Siria sono rimasti vittima degli scontri tra forze di opposizione e regime di Damasco in corso dal marzo del 2011.

Le istituzioni culturali irachene, ha affermato il ministro del Turismo e delle Antichità Adel Shirshab, sono “in prima linea contro il terrorismo” e pronti a combattere “l’invasione barbara che minaccia il nostro patrimonio”. L’Iraq, ha poi ricordato, è sopravvissuto a “molti invasori”. Il riferimento non è solo a Hulagu Khan, conquistatore mongolo che rase al suolo la più grande biblioteca del mondo e alcuni dei più bei palazzi durante il saccheggio di Baghdad nel 1258. C’è stata anche l’invasione guidata dagli Usa nel 2003, quando le truppe americane hanno saccheggiato il museo di Baghdad.

L’obiettivo è ora quello di preservare i resti dell’antica Babilonia che fortunatamente, come la ziggurat di Ur, si trovano a sud di Baghdad, dove è maggiore il controllo del governo nazionale. Un impiegato del sito di Babilonia, Hadi Moussa, è convinto che solo l’esercito possa garantire la sicurezza.


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