Dunque ci siamo. Attraverso il cambiamento dei commi 8 e 9 dell’articolo 35 della Legge Finanziaria, il Governo autorizza lo smantellamento delle centrali alimentate a olio per trasformarle in impianti a carbone pulito.
Ciò dovrebbe mettere finalmente la parola fine all”affaire Porto Tolle”, la centrale veneta di Enel che potrà così finalmente riprendere la propria attività.
Una decisione che ha scatenato l’ira degli ambientalisti, che vedono questa soluzione come il fumo negli occhi.
Ma il vero problema, a nostro giudizio, è un altro. Ed è che questi signori sono contrari praticamente a tutto. Dopo aver cancellato per sempre la possibilità di attingere all’energia nucleare con il referendum dello scorso giugno, ora si scagliano anche contro il carbone pulito.
A parte il fatto, per nulla trascurabile, che la riconversione di Porto Tolle significa lavoro di cantiere per circa 3.500 persone per i prossimi 5 anni e, successivamente, 1.000 posti permanenti (grazie a un investimento di 6,4 miliardi da parte di Enel), la vera domanda che vogliamo porre ai “contestatori di professione” è un‘altra, e precisamente: quale idea di sviluppo energetico avete per il nostro Paese? Su quali fonti intendete puntare?
Di certo, non sulle rinnovabili. Primo, perché sono assolutamente insufficienti a coprire il fabbisogno nazionale. Secondo, perché siamo pronti a scommettere che proprio questi stessi soggetti sarebbero pronti a intralciare qualunque progetto, idroelettrico o eolico che sia, in nome di presunti “scempi ambientali”.
E gli esempi, purtroppo, non mancano. Proprio in questi giorni, i loro “colleghi” cileni hanno bloccato la costruzione di un impianto idroelettrico in Patagonia, dopo aver già affossato la costruzione di una centrale eolica nel febbraio 2007.
In attesa di risposte credibili, quindi, l’unica soluzione possibile sembra quella tracciata dal Governo. Con buona pace dei contestatori.