Paul Morphy, il genio degli scacchi… dalla testa ai piedi.
Paul Charles Morphy (New Orleans, 22 giugno 1837 – New Orleans, 10 luglio 1884)
Uno dei più grandi scacchisti di tutti i tempi, considerato il primo campione del mondo non ufficiale, avendo sconfitto, all’epoca in cui il titolo non veniva ancora conferito ufficialmente, tutti i più forti antagonisti, con l’eccezione dell’inglese Staunton, che rifiutò di cimentarsi con lui per la paura di perdere e vedere infranta la sua fama di imbattibilità.
Tornato negli Stati Uniti, dopo i suoi trionfi europei, fu accolto come un eroe, ma proprio allora cominciarono a manifestarsi i segni del suo squilibrio mentale. Indignato dal fatto di essere considerato un professionista, lui che non aveva mai lavorato ed era un gentiluomo, abbandonò precocemente gli scacchi e si chiuse in un isolamento quasi monastico, uscendo di casa solo per recarsi a teatro o fare brevi passeggiate il cui unico scopo era quello di fissare insistentemente tutte le belle dame che incrociava.
Feticista del piede femminile, possedeva una ricca collezione di scarpe, che aveva l’abitudine di contemplare disponendole a semicerchio nella sua camera da letto. Benché io non mi illuda di poter mai raggiungere le sue vette devo però ammettere che abbiamo due cose in comune… e forse tre.
Bobby Fischer (Chicago, 9 marzo 1943 – Reykjavík, 17 gennaio 2008)
“È difficile capire perché un uomo che viveva, mangiava, respirava, pensando solo agli scacchi, e che aveva un ideale di aristocrazia intellettuale, cui solo il successo poteva elevarlo, abbia deciso di rinunciarvi proprio quando era riuscito a ottenere ciò che voleva. Forse è proprio questo che lo rende ancora più grande, che lo distingue dagli automi che si misurano con altri automi, che gli rende tutta la sua umanità e ci fa capire come anche le nostre ambizioni più sfrenate possano tramutarsi a volte in un percorso di salvezza individuale”. (Paolo Maurensig)
Aleksandr Alechin (Mosca, 31 ottobre 1892 – Lisbona, 24 marzo 1946)
Grande scacchista e gran signore, figlio di un Maréchal de la noblesse dello zar Nicola II, era dedito all’alcol, spesso si presentava al tavolo di gioco ubriaco marcio e aveva l’abitudine di non mangiare mai in pubblico.
Fu trovato morto in una camera d’albergo, soffocato da sette centimetri di bistecca. Pochi giorni dopo un tribunale francese l’avrebbe giudicato per il suo presunto collaborazionismo col regime nazista.
Aaron Nimzowitsch (Riga, 7 novembre 1886 – Copenaghen, 16 marzo 1935)
Nimzowitsch non fumava e quando giocava pretendeva altrettanto dai suoi avversari. Capriccio di scacchista, in un’epoca in cui, con l’eccezione dei luoghi di culto, era consentito fumare ovunque. Noi fumatori non eravamo ancora oggetto di quella persecuzione che presto ci condurrà a rifugiarci nelle catacombe.
Si racconta che durante un torneo si rivolse all’arbitro, chiedendogli di intimare al suo avversario di non fumare.
“Ma io non sto fumando” affermò l’avversario tenendo fra le dita un sigaro spento.
“Ma minaccia di farlo, ed è ancor peggio” fu la risposta di Nimzowitsch.
José Raúl Capablanca (L’Avana, 19 novembre 1888 – New York, 8 marzo 1942
Nel gioco degli scacchi come in guerra
“ Gli attacchi diretti e violenti contro il Re debbono essere condotti in massa, con tutte le forze, per assicurare il successo… l’attacco non può essere interrotto perché ciò significherebbe la sconfitta”.
Wilhelm Steinitz (Praga, 18 maggio 1836 – New York, 12 agosto 1900)
Steinitz non è pazzo perché sfida Dio, credo che molti scacchisti borderline l’abbiano fatto, senza mettere un annuncio a pagamento sul giornale, ma perché gli concede il primo tratto e il vantaggio di un pedone… sono i particolari a fare la differenza fra nevrosi e psicosi.
Federico Bernardini
Illustrazioni tratte da Google immagini