Cerchiamo di tendere i vocaboli ad esprimere significati inattingibili, abissali. In questo parossismo, in questo spasmo verso l’indicibile restano solo brandelli di linguaggio, a somiglianza di alghe sfilacciate dalle correnti.
Il campo in cui il ragionamento, insieme con la lingua che traduce le argomentazioni, fallisce in maniera più clamorosa, è quello del male. Il male, essendo privo di logica e di senso, sfugge alla presa dell’intelletto che è, in primo luogo, ricerca di senso. Non ne comprendiamo né la genesi né soprattutto l'ipertrofia e gratuità.
Le giustificazioni del male pullulano, ma sono una più misera dell’altra. Sono ridicole: così la tragedia dello scacco è, per così dire, intercalata da episodi comici, di comicità involontaria ed amara.
Il male, prima di intaccare il bene, di erodere la fede (per chi ha fede), l’armonia, è una sfida al pensiero, un oltraggio.
Viene il giorno in cui ci accorge che le domande sono vane come le risposte, sempre fuori fuoco, destinate a perdersi nell’oceano infinito dell’assurdo, come il messaggio in una bottiglia, una richiesta d'aiuto che mai nessuno leggerà.
Se il discorso abortisce di fronte all’inesplicabilità del mysterium iniquitatis, il silenzio non è meno fragile ed inefficace. Alla fine parole e silenzi sono equivalenti, intercambiabili, perfettamente inutili.
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