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Post in elaborazione.
Il probema è: quanto interessa per davvero la libertà delle donne e quanto invece interessa trovare argomenti per alimentare il cosiddetto “scontro di civiltà”, che opporrebbe il “nostro” al “loro” «modo di esistere»? Per mettere in pratica le stesse idee di Breivik, ed in modo anche più efficace, vi sono ben altri modi, capillari e quotidiani. Inoltre, vale per queste “quisquilie” l’insegnamento di Naomi Klein, secondo il quale è proprio nei momenti di shock che si fanno passare leggi e provvedimenti che in tempi normali suscitano reazioni e indignazioni. Inoltre questo parlamento è speciale e sa di doversi affrettare per fare il “colpaccio” che già nel prossimo anno potrebbe non riuscire. È in atto la raccolta delle firme per un referendum abrogativo dell’attuale legge elettorale, che ha consentito a moltissimi uomini e donne delle lobbies di potersi insediare nel parlamento italiano per far passare tante leggi contrarie agli interessi edgli elettori e del popolo italiano. Per questo si affrettano potendo essere forse contati i loro giorni. Si sa per esperienza che mentre è facile produrre cattive leggi, diventa poi estremamente difficile abrogarle. Ci si può difendere solo cercando di eluderle, di trovare l’inganno fatta la legge. Diventa così questo il tipico modo italiano di esistere, grazie ai pessimi e corrotti legislatori che ci tocca avere e subire. Non è così, ad esempio, in Norvegia, dove le leggi vengono fatte per essere rispettate da tutti, non per essere eluse dai furbi e subite dai fessi.
*Rispondendo idealmente ad un noto giornalista, che anni addietro, si stupiva per un mio intervento al quale non sapeva né lui né altri dare risposta, uso gli stessi suoi termini per dire che considero «acquisito» il concetto di “Israel lobby” non solo perché anche in Italia è stato tradotto il libro dei due politologi americani (di cui uno dei forse anche ebreo), Maersheimer e Walt sulla “Israel lobby e la politica estera americana”, ma anche perché la stessa controparte riconosce sempre più l’uso di questo concetto di “lobby” e ne rivendica la legittimità: è vero, siamo noi la Lobby. Di fronte ad una malafede conclamata non ci si respingerà mai abbastanza l’accusa di “antisemitismo”. Non si dirà mai abbastanza che nelle condizioni della cultura politica odierna nessuno concepisce l’idea di dare addosso agli “ebrei” più di quanto non quanto si discrimini e motteggi contro zingari, bulgari, rumeni, extracomunitari, terroni, polentoni, marchigiani, genovesi e provenienze regionali macchiettistiche. Ma il vittimismo rende ancora assai bene e non si vuole rinunciare a questo filone d’oro.
Gli autori americani usarono l’espressione “Israel lobby” per evitare quella di “lobby ebraica” che più facilmente avrebbe potuto prestarsi all’accusa di “antisemitismo”, che non è stata comunque loro risparmiata. Proviene da un noto personaggio, che si è distinto in quanto presunto insigne giurista per avere in qualche modo giustificato la tortura, che viene ancora praticata negli Usa e negli stati vassalli dove si nascondono i luoghi di detenzione e di trattamento di persone rapite senza nessun rispetto delle sovranità nazionali. Il controllo mondiale dei media rende tutti costoro sicuri di poter fare ciò che vogliono e di presentarlo addirittura come difesa della libertà, del diritto, della civiltà, quando si tratta esattamente del contrario. La menzogna è ormai diventata una pratica di governo del mondo sempre più sfacciata. I piccoli stati, con classi politiche spesso corrotte ed assoldate, non fanno che adeguarvisi.
Se proprio una discriminazione e persecuzione deve ravvisarvi all’interno delle nostre società la si trova contro gli immigrati musulmani che proprio in ragione delle loro cultura e della loro religione oltre che alla loro condizione di “vittime” non possono essere guadagnate alla causa della crociata anti-islamica. Per quanto l’azione quotidiana e capillare dei media aggredisca i nostri contesti identitari è piuttosto arduo trasformare un islamico in un anti-islamico, operazione per gli altri cittadini necessaria per poterne carpire il consenso in funzione di una guerra contro l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia… la Siria, l’Iran, la Turchia, le popolazioni arabe in rivolta ma non per ottenere che le loro donne mostrino con abbondanza le nudità recondite, come già ormai è costume “acquisito” fin negli più interni villaggi d’Italia.
Il termine “islamofobia”, ampiamente in uso, è quanto mai ipocrita ed improprio. Nessuno in Italia o in Europa ha paura degli islamici, che lavorano in silenzio e pacificamente presso di noi. Almeno in un caso conosco gli ignobili motivi che hanno mosso un politico nostrano a far chiudere una moschea, o meglio un luogo di preghiera, su pressioni ricevute. Ne farò a momento e luogo debito la denuncia, ma non è ciò che qui mi preme. Posso dire su base di esperienza concreta di avere la certezza morale ed intellettuale delle mie convinzioni.
(segue)