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Siamo naturalmente portati a pensare la sua complessità fisica e comportamentale di un animale tenda ad essere limitata man mano che le sue dimensioni si riducono. A dimostrazione del fatto che, nel regno animale, spesso le dimensioni non contano, un particolare genere di scarabeo ha sviluppato un complesso sistema di individuazione del calore.
Gli scarabei del genere Melanophila, chiamati anche "scarabei di fuoco", sono noti per la loro curiosa abitudine di cercare il calore, anche estremo, di qualunque fiamma naturale o indotta dall'uomo.
Un caso rimasto celebre è quello di un incendio scoppiato il 10 agosto 1925 in un contenitore di petrolio in California. Le fiamme raggiunsero l'altezza di oltre 100 metri, e furono necessari due giorni per domarle ed estinguerle.
Durante l'incendio, i vigili del fuoco notarono un incredibile numero di scarabei di fuoco aggirarsi tra le fiamme. Un comportamento ormai ben noto, dato che questo genere di scarabei è attratto dal calore, e trova il suo terreno ideale nei resti ardenti degli incendi boschivi, ma il loro habitat naturale si trovava a oltre un centinaio di chilometri dall'incendio. Come erano riusciti a capire dove dirigersi a così grande distanza?
Come accennato poco sopra, gli scarabei di fuoco prosperano nelle ceneri ancora ardenti degli alberi, nei tronchi dei quali le femmine depongono le uova. Le future larve emergeranno dal legno nutrendosi dela polpa ormai priva delle difese naturali di un albero vivo.
Per trovare il luogo ideale in cui deporre le uova, ogni scarabeo è dotato di speciali sensori sulla seconda coppia di zampe. Questi sensori sono capaci di rilevare la radiazione infrarossa emessa da un incendio grazie a minuscoli organelli (fino a 70 per ogni sensore) che contengono acqua.
L'acqua di questi organelli tende ad espandersi se sottoposta a calore, esercitando pressione su un recettore posto alla base della sacca che la contiene. E' un sistema molto sofisticato, specialmente per un animale così piccolo e relativamente primitivo; ma fino ad ora non lo si riteneva capace di rilevare il calore del fuoco su lunghe distanze.
Tornando all'incendio californiano, infatti, la popolazione di scarabei di fuoco più vicina al punto del disastro si trovava in una foresta della Sierra Nevada, a circa 130 km di distanza. E' possibile, per uno scarabeo di fuoco, rilevare un incendio così lontano?
Secondo Helmut Schmitz dell' Università di Bonn, la radiazione infrarossa è il modo migliore per rilevare un incendio a lunga distanza. Gli scarabei sono attivi durante il giorno, momento in cui è particolarmente difficile distinguere una fiamma tramite il solo spettro ottico visibile. Questi insetti sono anche in grado di rilevare la presenza di fumo, facilmente trasportato dal vento e non particolarmente attendibile come indizio per decidere la direzione da prendere.
Schmitz ha calcolato il calore emesso dall'incendio californiano per poter ottenere una stima dell'efficacia dei sensori termici degli scarabei di fuoco, scoprendo che i sensori di questo insetto vengono attivati in presenza di 0,13-0,41 milliwatt per metro quadrato. Se consideriamo che il calore dell'incendio era pari a circa 20 kilowatt per metro quadrato, è del tutto possibile che gli scarabei di fuoco abbiano percepito la presenza di enormi fiamme a distanze così remote.
Anche se ogni singolo organello che compone i sensori termici degli scarabei di fuoco può percepire la presenza di 0,6 watt per metro quadrato, l'azione combinata di queste sacche d'acqua raggiunge una precisione migliaia di volte superiore.
Sembra infatti che i segnali termici percepiti dallo scarabeo siano una raffinata combinazione di tutti i dati raccolti dai sensori di calore in suo possesso. L'insetto, inoltre, potrebbe addirittura utilizzare un fenomeno chiamato "risonanza stocastica", che sfrutta il rumore di fondo (in questo caso, il calore proveniente da altre fonti) per massimizzare la sensibilità dei suoi sensori termici.
Zoologger: Infrared-sensing beetles born in fire
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