Chissà se, ai tempi della Bocconi, quando era meno noto ma senz’altro più rispettato, il potente commissario che ha messo i bastoni tra le ruote a Bill Gates e bloccato fusioni tra multinazionali che, assieme, avrebbero raggiunto verosimilmente il PIL dell’Angola si sarebbe mai immaginato di leggere titoli così mortificanti.
Chissà se, ai tempi della Bocconi, gli è mai capitato che parte dei suoi studenti - magari i più brillanti - presentassero richiesta di cambio corso, e lui si fosse improvvisamente trovato a tener lezione in un’aula vuota.
Per la precisione:
- la Margherita-PD-Api-SC Linda Lanzillotta;
- il Margherita-PD-SC Gianluca Susta;
- la PD-Italia Futura-SC Irene Tinagli;
- la Signora Borletti Buitoni, 710mila euro a SC che gridano ancora vendetta;
- l’Italia Futura-SC Carlo Calenda;
- il Pci-Pds-Ds-PD-SC Alessandro Maran;
- il Pci-PD-SC Pietro Ichino
- la professoressa Giannini.
Sono otto i parlamentari trasferitisi dal partito di Monti a al PD di Renzi. Otto più uno: il radicale-PdL-Fli-SC Benedetto Della Vedova ha avuto il tatto di aspettare lo svolgimento del congresso, dopodiché si tufferà nel gruppo misto.
Al Congresso del partito dato allo 0,2% regnava un clima infuocato. Enrico Zanetti, eletto quasi all’unanimità segretario dai 217 (ducentodiciassette) votanti, mostra subito i pugni: non siamo fessi, Renzi non ha rispetto per gli alleati, saremo meno disponibili al sacrificio, e molte altre invettive che suonavano come “guarda che l’Italicum non te lo votiamo”.
Il sottosegretario (all’economia) e neo-segretario Zanetti alza la voce e compatta i suoi: altre fuoriuscite sarebbero letali.
Seguono vari interventi di delegati e di rappresentanti di partiti vicini e non (Quagliarello per l’NCD, Polverini per FI, Passera per Passera, ma anche esponenti dei radicali, di SEL e del PD): applausi, ringraziamenti a Monti e qualche frase sul futuro, tempo verbale che - al pari di passato e presente - si addice poco a Scelta Civica.
A due anni dalla fondazione, il partito del Professore, quello dell’Agenda, quello dei compiti a casa, quello che da Presidente del consiglio mostrava insofferenza al solo udire parole come “consenso” e “elettorato”, lui che era lontano anni luce da queste logiche meschine; quello che ci ha promesso lacrime e sangue - ma sempre mantenendo un certo aplomb, perché il Professore non piange, non ride, non suda; quello che ti immaginavi già al Quirinale, superiore e super partes, a dispensare consigli alla massa informe di politicanti; a due anni da quella maledetta Scelta sbagliata, il partito del Professore si dissolve.
Due anni di insuccessi elettorali e di irrilevanza. Certo, qualcosa di buono l’ha fatto: l’alleanza con Casini e l’erede di Almirante, Gianfranco Fini, che ha avuto l’effetto di spazzare via il partito del primo e sotterrare il secondo, costretto ora a rimuginare sul proprio fallimento politico e a distribuire consigli non richiesti.
Il professore diventato “tecnico” e trasformatosi in politico ha fallito: ora non gli resta che alimentare il mito dell’indispensabilità del proprio operato, con la speranza di ritagliarsi un posticino nella Storia, magari in un paragrafetto a margine del capitolo su Berlusconi.
Francesco Cottafavi
@FCPCottafavi