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Scelte matrimoniali

Da Mcg

Scelte matrimoniali

Alla fine, dopo 17 anni di consolidato rapporto, definizione questa tra le più scialbe per definire il sentimento d'amore che ci lega, io e la mia compagna abbiamo deciso di sposarci. Ci siamo arresi all'evidenza che la politica italiana è lungi dal riconoscere il cambiamento dei tempi e con essi, del comune intendere la vita della moderna società. Vi sono resistenze molto forti in tal senso, sia a destra che a sinistra, passando per gli insulsi partitucoli padronali che infestano il Parlamento. Non c'è da stupirsene.
Anzi, sarebbe da stupirsi del fatto che c'è chi si stupisce ancora. Il nostro è un Parlamento che alle lobbies, nello specifico quella cattolica, somma il vecchiume putrescente di una classe politica oligarchica che qui ha messo radici, nonché il perbenismo interessato di figure che definire minori è un complimento, le quali vedono nell'attaccamento radicale al tradizionalismo oltranzista l'unico mezzo possibile per una nuova eventuale riconferma.

Come già ribadito più volte da queste pagine, la "Tradizione" è più mutevole di quanto si voglia ammettere. D'altra parte, tale mutevolezza, è insita sia nell'etimologia, che nella natura umana. Tradizione deriva dal latino traditionem ossia "consegna"; è quindi un passaggio di regole, abitudini e cultura, che per natura umana la generazione ricevente interpreta e vive basandosi sulle realtà del proprio tempo, non a caso conseguente a quello vissuto dalla generazione "consegnante". In tempi remoti questi cambiamenti erano impercettibili e occorrevano secoli per giungere alla soglia critica affinché si realizzasse una rivoluzione dei costumi. Oggi i tempi corrono decisamente più veloci, ma i cambiamenti e le leggi che le regolamentano sono ostacolate dalla coesistenza nello stesso tempo, non di due, ma di più generazioni. Le leggi, infatti, tendono a regolamentare situazioni generalizzate ma anch'esse subiscono il passare del tempo divenendo più o meno celermente, obsolete. Pensiamo al delitto d'onore, ovvero l'assassinio perpetrato a salvaguardia della propria reputazione o di quello della famiglia, che godeva di sostanziali riduzioni di pena (attenuanti): oggi desta molto rumore ed è ritenuto inaccettabile, tanto da sobillare istinti forcaioli quando, ad esempio, un islamico residente in Italia picchia o uccide moglie o figlia, per aver arrecato disonore alla sua reputazione. Ebbene, la legge che garantiva le attenuanti per lesa reputazione fu abrogata solo nel 1981, quando la "cattolicissima" società italiana si era già espressa, significativamente, a favore di divorzio e aborto. La stessa insostenibile, ma forse fisiologica, lentezza sta avvenendo per il riconoscimento delle coppie di fatto. Le motivazioni sono sostanzialmente due: il bisogno di mantenere inalterato il complesso di norme volute da determinate lobbies per quanto riguarda le coppie etero, e la forte opposizione all'apertura del riconoscimento delle coppie omosessuali avversata principalmente dalle componenti cattoliche.

Ciò che mi lascia perplesso sono invece le motivazioni addotte su quella che viene considerata una giusta disparità da parte delle coppie sposate rispetto alle coppie di fatto. Molti parlano di minore impegno e minori doveri di queste ultime nei confronti delle prime i cui impegni e doveri sono presi pubblicamente di fronte alla società. Ma è ancora attuale tutto ciò? Davvero l'impegno preso dinnanzi alla comunità ha una valenza maggiore nei confronti dell'impegno preso con il partner? Personalmente ritengo di no. Vi sono vari motivi a sostegno di ciò. Innanzitutto perché se proprio vogliamo attenerci alla tradizione storica, potremmo scoprire, ad esempio che il matrimonio nel mondo classico era semplicemente il riconoscimento, guarda un po', della convivenza. Furono i Romani che superarono la convivenza, peraltro inizialmente prevista, con il concetto di matrimonio al fine di coniugare il diritto dei mortali, inteso come insieme di leggi,  con quello divino. I Romani a tal proposito intendevano il matrimonio come dovere del cittadino: infatti era questa un'istituzione riservata a regolamentare l'unione di soli cittadini Romani, mentre unioni tra schiavi o miste (cittadino/a e schiavo/a) erano ritenute illegittime. Nell'alto Medioevo vi fu, causa l'imbarbarimento della società, un indebolimento dell'istituto matrimoniale, inteso ormai come semplice promessa ("verbum") da eseguirsi tra singoli e in forma privata, senza l'obbligo di officiante e di testimoni a seguito, cosa che per altro favorì il moltiplicarsi di unioni derivate da ratti (rapimenti), il proliferare incontrollato dei divorzi, del concubinaggio da parte delle classi nobiliari e via dicendo. Fu solo all'inizio del XIII secolo che la Chiesa riuscì a regolamentare il matrimonio rendendolo di fatto un rito e istituendo una serie di principi che sarebbero stati ripresi anche nel periodo illuminista. 

L'istituto, come abbiamo visto, è cambiato in modo sostanziale nel tempo, sebbene mantenesse di fondo il principio che ne ha determinato la sua creazione. Già, perché il matrimonio, come inteso in Occidente, ha come fine ultimo il riconoscimento della prole da parte del maschio: il rendere pubblico il rapporto serviva a marcare una sorta di territorio e i frutti di questo (mi si perdoni la brutalità della metafora, ma è ciò che, a mio parere, più si avvicina alla realtà). In altre parole, si può condensare il tutto in una sequenza logica, tipo :"Questa è la mia donna - nessuno può toccarla - i figli sono miei".  Oggi, pur nel mantenimento di determinati principi basilari, sta venendo meno il concetto di rendere pubblico il matrimonio. E' mia opinione che le motivazioni di tale evoluzione siano dovute proprio all'emancipazione della donna e al ruolo paritario che sta conquistandosi all'interno della società. Oggi una donna non viene più né venduta, né comprata, né può ritenersi fortunata se un uomo la sceglie come "compagna", solo per il motivo che, per l'appunto, è stata scelta. Anzi, è piuttosto evidente che l'emancipazione sta riportando la donna a quel ruolo, a mio avviso naturale, di attrice protagonista nella scelta del compagno, cosa che tra l'altro anche gli antropologi hanno riconosciuto essere stato fondamentale all'evoluzione della specie umana. Questo di fatto tende alla lunga ad abbattere quelle convenzioni "pro-maschio", tese a rendere pubblico un rapporto, a favore del rapporto intimo della coppia stessa, la quale assume valenza pubblica non tanto per un atto formale, il matrimonio, quanto per la sua stessa essenza: la convivenza e l'effettiva condivisione di tutto ciò che concorre a creare un nucleo famigliare (intenti, prole, abitazione, ecc). In fondo, il matrimonio civile è reso noto dalle cosiddette "pubblicazioni" in bacheca comunale, che non mi risultano essere la lettura preferita della popolazione cittadina. L'atto si configura come una "pubblicazione potenziale", ovvero viene resa pubblica solo potenzialmente a tutti. Viceversa, la popolazione ha notizia dell'esistenza della famiglia nel momento che interagisce con la stessa e la riconosce come tale (sei famiglia se ti presenti come tale, non per una pubblicazione di qualche giorno in una bacheca letta da nessuno). Nella mia esperienza ho notato che nessuno mai ha messo in dubbio l'impegno profuso nella condivisione e nella costruzione della famiglia da parte mia e della mia compagna, tanto che spesso ho riscontrato la sorpresa altrui condensarsi nella frase "Ma dai? Davvero non siete sposati?". Questo, per ribadire quanto sopra, ha fatto nascere in me la convinzione che l'unione si autocertifica non nel momento della sua "pubblicazione", ma nel riconoscimento reale della stessa durante tutta la convivenza.

Non si può confondere un atto di certificazione accessorio con la cosa da certificare. Questa esiste con o senza quella data certificazione, e una certificazione diversa non ne snatura l'essenza: nello specifico, un nucleo famigliare esiste fin tanto che i rapporti rimangono sani e saldi, non perché vi sono apposte firme e pagati dei bolli.
Anche perché, con l'avvento del divorzio, il matrimonio è stato minato nelle sue fondamenta (non è più "per sempre", ad esempio) e rimane di fatto un'etichetta posta su un contenitore la cui presenza od assenza di contenuto, lo ribadisco, viene determinato non tanto dall'atto certificativo quanto dalla volontà della coppia stessa di rimanere "famiglia". Ecco perché ritengo inaccettabili che vi siano, nell'ordinamento, retaggi che non garantiscano alla prole naturale di una coppia di fatto i fondamentali diritti di avere fratelli, parenti e via dicendo. Ne più ne meno come nel caso di una convivenza. 
Diverso, ovviamente il matrimonio religioso, che potrà stupirvi, trova in me uno dei suoi sostenitori.  Beninteso non acconsentirò mai a sposarmi in chiesa: non credo a chi si è arrogato il diritto di essere intermediario unico tra l'uomo e la divinità. Tuttavia, riconosco la superiorità del concetto di matrimonio religioso inteso, almeno, come richiesta di benedizione da parte della presunta divinità al rapporto instaurato. Come più volte ribadito, non riesco a definirmi ateo e, pur non credendo ad alcun dio ed essendo incerto se questo sia pregio o difetto, verità o torto, percepisco il bisogno o il desiderio degli uomini di trascendere.
In tal senso il matrimonio acquista una valenza diversa, giacché è chiara in questo senso la volontà dell'Uomo di elevarlo da contratto privato a qualcosa di ultraterreno (a prescindere dal fatto che dio esista o no, e dal credo di coloro che sono esterni all'atto, ovviamente).
A questo punto avrete notato una contraddizione: perché dunque se il matrimonio civile è la forma che maggiormente osteggio è quella alla fine andrò a combinare?
La risposta in realtà l'ho già data nelle prime righe.
Per garantire diritti alla prole una famiglia di fatto ha solo due opzioni: o attendere che la politica si accorga del cambio di rotta e dell'effettiva situazione del paese e si adegui legiferando in favore di forme famigliari più intimamente sentite o arrendersi all'evidenza e continuare la propria battaglia assicurando i diritti alla propria prole.
I figli, sublimazione dell'amore che ha unito la coppia, rappresentano per la coppia stessa niente di meno che tutto. E da questo punto di vista, forse abbiamo colpevolmente aspettato troppo.


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