Scemeggiare (pallido e assorto?) con le parole

Creato il 22 novembre 2013 da Martahasflowers

L'incontro (prova)

Lei 

È stata dura. Lo sapevo, me lo avevano detto, ma viverlo è un'altra cosa. Quei dolori e poi quello squarto.Credevo di morire e nello stesso tempo mi sentivo più viva che mai. Al centro di un evento cosmico, in qualche modo. Strano...
Per farmi forza guardavo quel poster che hanno appeso sul muro della sala parto, di fianco al lettino. Hanno fatto bene a metterlo lì, dà un senso ulteriore a quello che accade in quella stanza. Deve essere un dipinto di Klimt o di Schiele, li confondo sempre: di certo non le dimenticherò mai quelle due donne, una vecchia e una giovane, e quel bambino con tanti capelli neri. Invece il mio bambino è pelato. Come la bambola che avevo da piccola. Pelato e rugoso, ma anche gonfio. Un pugile dopo un incontro perduto.
Mi sa che ha il mio naso. Che poi come si fa a capire? Gli occhi di papà, la mani della mamma... lo guardo e mi sembra prima di tutto un alieno. Come se arrivasse da un altro pianeta.Mi piace osservarlo. Aspetti tutto questo tempo, immagini, immagini e ora quello là è questo qua. Con questo naso grosso, questi occhi ciechi, le mani, i piedi. Ha un alluce enorme. Sarà normale?
Sono stanca, ma non potrei dormire. È come se avessi dentro tutta l'energia dell'universo. Poi andrà via, lo so. «Dovrai dormire ogni minuto possibile», ti dicono tutti. Ma ora io non posso. Sono in uno stato sensoriale accelerato, ho pensieri rutilanti in testa. Mi piace stare qui, tenermelo sulle gambe, osservarlo. Ascolto il silenzio e il suo respiro.
L'ho fatto che funziona e questo ha dell'incredibile. Tutto giusto, due gambe, due braccia, la testa, questa faccia qui. E l'ho fatto anche che sa respirare. Eppure è avvenuto tutto nonostante me. Io non lo pensavo che era il momento di fargli le mani, lo stomaco, i polmoni, le orecchie. Succedeva, ma io non c'entravo. Mi sentivo così: contenitore di qualcosa che capitava senza che io potessi decidere niente. Qualcosa molto più grande di me.
Però mi piaceva sentirlo muovere nella mia pancia, anche se non ho mai capito che cosa sentivo. Una mano? Un piede? Io non ci credo a quelle che ti dicono: «Ecco, questo è il gomito». Il gomito?
Intanto lui mi osserva. Serissimo. Certo, bello non è. Però fanno ridere tutte le facce che fa. Non avevo mai fatto caso alle gengive di un neonato. Sembra un vecchio. Un vecchio saggio. Imperscrutabile. Mi guarda, altro che cieco. «Hei ciao, sono la mamma»... Mi sento scema. Mamma, io? Mi ci devo abituare. Per questo mi scruta così? Perché sa che non sono pronta? Che cosa pensa? Sembra che conosca ogni cosa, il mistero di ogni cosa... Meglio se me lo metto vicino nel letto, meglio accoccolarmi, piano piano, tutta intorno a lui. Ecco, bene. Chiudo gli occhi. Chiudiamoli insieme, piccoletto. Che odorino che ha... di prato d'estate, di menta, di glicine. L'amore mio. 

Lui 

Poi si è squarciato il velo ed è iniziato il mio precipitare. Ho detto addio al luogo in cui non dovevo chiedere e ho infilato la via. Il tempo del Sogno è finito. Ciò che era non è stato più. Ciò che non era è diventato presente. Mi hanno messo in cammino e si è aperta per me la via del canto.
Tutto è luce ora, qui, e questo fulgore mi fa rimpiangere il buio di prima. Ma ancora so che la fonte di ogni dolore è l'incapacità di starsene in pace, fermo in un luogo. Il frastuono mi ha accolto e con lui ho iniziato a dimenticare. Così deve essere. Tutto il mio sapere svanirà nell'oblio, e tutto dovrò imparare da capo. I nomi delle cose, i perché, i segreti sulla felicità. La mia saggezza vola lontano da me, ma forse la ricostruirò di nuovo, dopo un lungo camminare. Ora ho il sole, la luna, le stelle. Ora ho davanti il Regno dell'Amore. Fisso i miei occhi dentro quelli di mia Madre: attraverso il suo sorriso perdo il me stesso che ero e scopro ciò che sono qui, adesso. In questo piccolo corpo libero. Ascolto il respiro di lei, che è il vento di una nuova dimensione. Mi aspettano passi, emozioni, profumi mai davvero sentiti, un prato d'estate, la menta, il glicine. Mi aspettano parole che mi arrivavano lontane. Non mi resta che abbandonarmi a questo abbraccio morbido che vuole proteggermi, mentre io perdo il mio infinito. Ne ritroverò un altro, lentamente, quando tornerò di nuovo là da dove sono venuto.

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