Madre e figlio
Il momento che mi ha emozionato di più del matrimonio?
Non è stato forse un momento, quanto piuttosto un pensiero.Un pensiero che ha trovato un momento per suo simbolo.L'idea del rito di passaggio.Ho sentito molto profondamente che la cura, la protezione, l'affidamento di mio figlio non erano più di mia competenza, ma che stavo trasmettendo questo compito a sua moglie. Il rito simboleggiava questo passaggio di testimone.Certo: le cose verosimilmente stanno così da molto tempo, matrimonio o non matrimonio. Anche da molto prima dell'arrivo nel panorama di famiglia di Occhi di Cerbiatta (anche detta Nuora Effettiva).UNO si è reso indipendente emotivamente ed economicamente da molti anni, è da tanto, quasi da sempre, quello cui ti affidi e ti appoggi, un uomo forte e sereno, con una enorme capacità di recuperare situazioni, di analisi e sintesi, e soprattutto con quel dono di far sembrare tutto facile e ben incanalato su binari di normalità e prevedibilità.Eppure nel momento in cui si sono scambiati le promesse, di amarsi e prendersi cura l'uno dell'altra, "fin che morte non vi separi", ho percepito con intensità quasi dolorosa che io non ci sarei stata, lungo tutta la vita di mio figlio, che stavo passando il testimone ad un'altra persona, ad un altro tipo d'amore.Sono pensieri quasi ovvi, direi anche ingenui, che dovrei aver già assimilato da tempo.Eppure c'è il momento, il rito, che li materializza, li rende concreti, te li grida addosso.Io non ci sarò più: fra poco o tanto, non importa; ma è normale ed augurabile, che io non ci sia più. Ad un certo punto.Che l'unica ancora e l'unico porto sia sua moglie.Che la vita sia sì felice, per loro. Ma soprattutto clemente.