1985, Mario Gariazzo/Roy Garret.
Tardo cannibalico con Elvire Audray, diretto dal compianto Mario Gariazzo con lo pseudonimo di Roy Garret.
Ultimi fuochi del genere cannibalico. Nel 1985, ormai lontanissimo, produttivamente parlando, si poteva contare ancora sulla distribuzione cinematografica di prodotti appartenenti a questa filiera; uscirono infatti, in concomitanza "Inferno in Diretta/Cut and Run" di Ruggero Deodato il giorno 08/08/1985, il 13/08/1985 "Nudo e selvaggio" di Michele Massimo Tarantini mentre il 9 agosto 1985 uscì "Schiave Bianche: violenza in Amazzonia" del buon Mario Gariazzo, già incontrato su queste pagine. Sceneggia Franco Prosperi, non a caso l'iniziatore con Gualtiero Jacopetti e Paolo Cavara dei Mondo Movies, aiuto regista di Mario Bava e autore pure di pellicole quali "Un Uomo dalla Pelle Dura" (1972) con Milian e "La Settima Donna" (1978) rape' n ' revenge con Florinda Bolkan e Ray Lovelock. Il genere, così come era stato codificato prima da Lenzi con "Il paese del Sesso Selvaggio" (1972) e poi da Deodato sia con "Ultimo Mondo cannibale" (1977) e poi con il fenomeno "Cannibal Holocaust" (1979), in questo periodo storico cerca di trovare nuove strade aprendosi verso il cotè avventuroso, sia nel caso di Tarantini che in quello del Deodato di "Cut and Run" dove di cannibali in senso stretto quasi non se ne vedono, anzi, vengono relegati sullo sfondo per lasciare lo spazio a professionisti come John Steiner e Richard Lynch. Non fa eccezione alcuna questo "Schiave Bianche" che, pur denunciando una costruzione simil documentaristica con tanto di voce fuori campo a fare da spiegone al pubblico, si inoltra nei territori del cinema avventuroso, in senso lato certo, puntando i riflettori sulle vicende, ispirate ad un fatto realmente accaduto, che hanno per protagonista la giovane Catherine Miles (la bellissima Elvire Audray), studentessa di buona famiglia che si reca in Amazzonia in compagnia dei genitori. Durante un viaggio in barca, la comitiva viene però assalita dalla tribù dei Guanijrà, che uccideranno il padre e la madre di Catherine per poi fare prigioniera la ragazza.
Oggetto assolutamente non identificato, questo di Gariazzo, che visto oggi, pare quasi appartenere ad un'altra epoca o dimensione, se si pensa che fu coproduzione italiana con interni girati alla DePaolis. Ultimi bagliori di un genere/degenere che andava irrimediabilmente per esaurirsi (l'ultimo dei cannibal movie fu nientemeno che una produzione Reteitalia diretta dal solo Antonio Climati della premiata ditta Climati/Mario Morra, "Natura Contro" 1988) che Gariazzo conduce senza esagerare con l'esposizione di frattaglie e scene di violenza su animali, una costante del genere, concentrandosi maggiormente sulle disavventure delle povera Catherine, costretta ad acclimatarsi forzatamente alle usanze degli indigeni, venendo prima deflorata da un guerriero e poi da un gruppo di donne in una cerimonia simbolica utilizzante un fallo di legno, ad eternizzare l'avvenuta perdita della verginità. A sequenze naturalistiche tutto sommato godibili, Gariazzo riesce ad alternare alcune uscite deliranti/demenziali di tutto rispetto, come la scena in cui la biondocrinita Catherine suona il flauto seguita da un manipolo di bambini nudi, folle parodia stile pifferaio di hamelin terzomondista, oppure l'incredibile moltiplicazione dei pesci nella cesta di paglia durante la pesca in uno specchio d'acqua, manco le protagoniste avessero utilizzato un candelotto dinamitardo a tale scopo, per arrivare alla cultissima, imperdibile scena in cui la giovane donzella inglese tenta di curare lo storpio del villaggio colpendolo violentemente sulla zona offesa con un tronco d'albero. Ecco, una sequenza di questo genere, capace ai tempi di far venire giù il cinema, non ha prezzo in termini di poetica sublime, inarrivabile del bis.
Violenze, pietanze ributtanti, squarci documentaristici riempiono, come da copione, il metraggio, che procede senza tediare lo spettatore, anche e grazie probabilmente all'esperta mano del montatore Gianfranco Amicucci, carriera sterminata, sodale di Enzo G. Castellari già dai tempi de "Il Cittadino si Ribella" (1974) e che seguirà per la maggior parte della carriera successiva. Dopo l'attacco da parte di un gruppo di cacciatori in elicottero, che attaccano il villaggio sparando dalla cabina del velivolo, scena di un certo respiro, girata in modo professionale dal Gariazzo che non era, ma é già stato ribadito, un regista mediocre, Catherine prenderà coscienza del suo status di donna ormai forte e capace, riuscendo a ritornare dove tutto ebbe inizio, vendicandosi atrocemente della zia, con tanto di amante, che aveva organizzato l'uccisione dei genitori per intascare l'eredità. Processata e assolta, tutta la vicenda é stata raccontata in flashback, ritornerà nella civiltà da donna libera. L'ultimissimo fotogramma della pellicola ci mostra il primo piano della donna in lacrime, che si strugge nel ricordo del guerriero Umukai (il cagnesco Will Gonzales, una statua di sale).
Ed é proprio questo il suggello perfetto al film, perchè é impossibile non dedicare tempo alla protagonista unica della pellicola in questione, la stupenda Elvire Audray, ragione principale per ricordare questo prodotto italico, la indimenticabile francesina che tanto fece tremare i polsi del sottoscritto, e di moltissimi altri, in "Vado a Vivere da Solo" (1982) di Marco Risi, ma pure in "Assassinio al Cimitero Etrusco" (1982) di Sergio Martino scritto da Ernesto Gastaldi e "Iron Master-La Guerra del Fuoco" (1983) di Lenzi, scritto da Cavallone e con George Eastman. Elvire ha attraversato il cinema italiano in lungo e in largo, sovente anche in televisione con Sergio Martino ne la serie "Caccia al ladro d'Autore (1985) e con l'amico Jerry Calà in "Professione Vacanze", financo il Fantastico con Montesano, ritrovandosi a lavorare anche con Sergio Corbucci in "Rimini Rimini" (1987) e ne "I Giorni del Commissario Ambrosio" (1988) cono Ugo Tognazzi, Carlo Delle Piane, Carla Gravina, Claudio Amendola, Duilio Del prete, inizialmente pensato per la Tv, rimanendo quasi sempre attaccata al ruolo tipo di ragazzina ingenua e sprovveduta che era richiesto da sceneggiatori e registi in quel contesto storico. Partecipò pure a numerose produzioni televisive in terra d'oltralpe, prestando una piccola partecipazione al film di Yves Boisset "La Tribù" (1991). Fa piacere ammirarla nel film di Gariazzo, che la riprende con frequenti primi piani, oltre naturalmente a spogliarla per tutto il film sia chiaro, in cui si può scorgere, per qualche attimo, la vena malinconica della Audray, morta suicida in seguito ad una grave crisi depressiva, in data non definita, almeno chi scrive non é riuscito ad avere informazioni precise a riguardo, nonostante sia Calà che Andrea Roncato ne abbiano parlato in alcune interviste ed extra curati per l'edizione dvd di "Vado a Vivere da Solo" (il solo Calà, in questo caso). Bellissima, dolce, magnifica Elvire.
Produzione Cinevega, pare che il film sia stato affidato prima a Deodato, che poi si dedicò alla pellicola citata in apertura scritta da Cesare Frugoni e Dardano Sacchetti, per lasciare campo libero a Mario Gariazzo, abile artigiano del nostro cinema amante degli spazi interstellari deceduto nel 2002. Effetti speciali di Franco Di Girolamo, sodale di Fulci, e del recentemente scomparso Rosario Prestopino, che gli amanti dell' horror italico non possono esimersi dal conoscere. Colonna sonora di Franco Campanini "ispiratasi" senza vergogna alla partitura eseguita dal Maestro Riz Ortolani (davvero evocativa e straordinaria) per "Cannibal Holocaust".
Consigliato ai completisti del cannibal movie nostrano, con riferimento obbligatorio ai due prodotti inerenti al filone trattato, diretti da Bruno Mattei nel 2003 a genere ormai morto e sepolto, "Mondo Cannibale" e "Nella Terra dei Cannibali".
Aggiungiamo in calce alla recensione, come doveroso omaggio, la filmografia dell'inarrivabile Elvire.
Cinema
- "Vado a vivere da solo" (1982) Marco Risi
- "La Gorilla" (1982) Romolo Girolami Guerrieri
- "Assassinio al Cimitero Etrusco" (1982) Sergio Martino
- "Plus beau que moi, Tu meurs" (1982) Philippe Clair
- "Morbida" (1983) Arduino Sacco
- "La Guerra del Fuoco- Iron Master" (1983) Umberto Lenzi
- "Schiave Bianche:violenza in Amazzonia" (1985) Mario Gariazzo
- "Italian Fast Food" (1986) Lodovico Gasperini
- "Rimini Rimini" (1987) Sergio Corbucci
- "Nosferatu a Venezia" (1988) Caminito, Cozzi, Caiano
- "I Giorni del Commissario Ambrosio" (1988) Sergio Corbucci
- "La Tribù" (1991) Yves Boisset
Apparizioni televisive:
- "Le Lys" (1982) Fabrice Mase
- "Segreti/Lace" (1984) Billy Hale
- "Un Seul étre vous manque" (1984) Jacques Doniol Valcroze
- "Caccia al Ladro d'Autore- Un Galeone pieno di suoni" (1985) Sergio Martino
- "Professione Vacanze- Speriamo che sia Vacanza" (1986) Vittorio De Sisti
- "Fantastico" (1989) con Enrico Montesano
- "Fate il Vostro Gioco" (1989) con Fabio Fazio
- "Les Dangers de la liberté" (1992) Joseé Dayan
- "Jules Ferry" (1993) Jacques Ruoffio
- "Julie Lescaut-Ville Haute Ville Basse" (1994) Joseé Dayan
- "La Riviérè Espérance" (1995) Joseé Dayan
Robydick:
permettetemi di esaltare la "curiosa" riuscita del frameshow, accompagnata dai famosi Era, gruppo new age d'ispirazione gregoriano-medioevale. Il pezzo in questione è la nota "Ameno", ma attingerò sicuramente ancora alla loro suggestiva musica.