Appunti
Published on ottobre 20th, 2012 | by Giulio Scaccia
Michael Schumacher si confida e lascia un messaggio da campione.
In una intervista alla Gazzetta dello Sport, il sette volte campione del mondo ha lasciato quello che può essere il suo testamento sportivo: “Tutti mi descrivono come una leggenda delle corse, io preferirei essere ricordato come un guerriero, uno che non ha mai mollato”. E’ questo Michael Schumacher, è quello che ha fatto impazzire ed innamorare tantissimi appassionati e si appresta a lasciare le gare a fine stagione.
Schumy per il suo addio alle corse fa riferimento al mito ed all’archetipo del guerriero. Il mondo dei miti è al contempo dentro e fuori lo spazio ed il tempo e, proprio per questo, anche l’uomo contemporaneo fa spesso riferimento ad esso. Il mito ci consente di comprendere e al contempo manifestare la nostra interiorità e vitalità. In questo bene si lega alla sua figura ed a quella del pilota da corsa.
Altrettanto ricca la visione di Jung: il guerriero rappresenta lo slancio evolutivo dell’essere, che si manifesta nel coraggio, l’integrità e la forza, coniugata con autodisciplina e fermezza.
E’ proprio questa lettura di Jung che ben si cuce sullo Schumacher uomo e pilota. Una costante ricerca della perfezione, il senso della sfida a tratti irriverente, il limite, la grande autodisciplina. La ricerca continua della perfezione nella prestazione. Ma anche la debolezza e la fragilità, il lato oscuro in questo caso dell’eroe. Oscuro ma molto umano.
Gli appassionati debbono ricordare quello che è ed è stato Schumacher. Michael è stato quello dei mondiali vinti con la Benetton e con la Ferrari. E’ quello delle sfide impossibili con il coltello tra i denti, soprattutto negli anni 1996, 1997 e 1998 in cui, con una vettura da zona punti, riusciva a lottare per il mondiale e vincere gare. E’ anche ombra però, come nel black out improvviso a Jerez nel 1997, o nello psicodramma del mondiale quasi perso, in una gara senza capo ne coda a Suzuka nel 2003.
Il mito del guerriero e della forza è presente in pieno in una gara: il GP d’Ungheria 1998. Ma nella mente di un appassionato si possono trovare molti altre epiche manifestazioni, tra le pieghe delle mille sfide con avversari degni quali Senna, Hakkinen, Montoya ed Alonso.
Michael dichiara anche un qualcosa che è una naturale chiusura del cerchio: “Non ho alcun rimpianto, se mi guardo dietro provo solo gioia per quello che ho fatto. E’ come se avessi avuto due carriere. Nella prima ho vinto tutto, nella seconda ho imparato a perdere. E’ stato un processo di completamento, oggi sono più maturo e paziente, sono una persona soddisfatta”.
Schumacher ci lascia questo. Non è poco. Una generazione e forse più ha potuto ammirarlo in pista ed apprezzarlo nel suo modo di essere. Nel crepuscolo di una carriera, nell’ammirare il guerriero stanco, ci sono tratti e cose che non a tutti è concesso di cogliere e capire.
Fortunato chi ha potuto vederlo in pista ed ha potuto gioire con lui.
Tags: f1, ferrari, Schumacher
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Giulio Scaccia