Prendete un pezzo di carta e guardatelo con attenzione. Ora rispondete a questa domanda: sta bruciando? La risposta è ovviamente no…ma un po’ anche sì. Proveremo qui a spiegare le ragioni di questa risposta e i risvolti che esse hanno nella scienza e anche nella maniera con cui affrontiamo la vita e le decisioni che essa ci pone di fronte.
Per cominciare, diciamo che, nell’Universo, ogni cosa tende ad andare in una situazione di maggiore stabilità, ossia a minore energia. In parole molto povere, questo significa che le trasformazioni avvengono perché ciò consente al sistema che sta trasformandosi di andare a “star meglio”. Quindi – esempio banale – un oggetto sul tavolo tenderà a cadere sul pavimento (dove avrà meno energia potenziale gravitazionale). Più un sistema è stabile, meno energia possiede e più difficile sarà trasformarlo. Ci sarebbe anche un discorso da fare riguardo all’entropia, ossia alla tendenza dell’Universo ad andare verso il disordine, ma in questo contesto non ci interessa [leggi questo articolo de L'Undici sull'entropia].
In linea con quanto abbiamo detto, la situazione finale (CO2 + acqua) è più stabile, ossia possiede meno energia della situazione iniziale dei reagenti, ossia i prodotti sono più stabili dei reagenti. In particolare questo significa che i legami chimici dei prodotti sono più forti, ossia sarà più difficile spezzarli e trasformare CO2 e acqua.
Questa variazione di energia può essere rappresentata (vedi figura sopra) come una discesa dai reagenti verso i prodotti. Ma sappiamo tutti che “nulla si crea e nulla si distrugge” e l’energia non può scomparire. E allora, dov’è finita l’energia “persa” andando da reagenti a prodotti? Si è trasformata soprattutto in calore, poi in luce e – se la reazione è stata violenta – anche in rumore. La combustione del metano è infatti la reazione che permette di riscaldare le nostre case o cucinare. Bruciando il metano, ossia facendolo reagire con l’ossigeno contenuto nell’aria, otteniamo acqua (o meglio vapore acqueo), anidride carbonica e…calore.
Possiamo quindi affermare che il procedere di una reazione chimica è come andare in discesa con una bici? Non esattamente. C’è qualcos’altro da aggiungere. Fortunatamente, infatti, se mescoliamo metano ed ossigeno essi non reagiscono a temperatura ambiente, ossia il metano non brucia o – peggio – non esplode, ad esempio, quando apriamo il fornello della cucina. Ci vuole una scintilla, un fiammifero, un innesco. Del resto lo diceva anche Springsteen: “You can’t start a fire without a spark” (in “Dancing in the dark”, NdA). E chi siamo noi per smentire il Boss?
Infatti, quando apriamo il fornello, le molecole (gassose) del metano cominciano a mescolarsi con quelle di ossigeno e, siccome tutte le molecole si muovono – esse si scontrano continuamente tra loro. Tuttavia, se non interviene nulla, le collisioni tra le molecole di metano ed ossigeno non sono abbastanza forti da rompere i legami che uniscono gli atomi e permettere la loro riorganizzazione che conduce ai prodotti: “il gas non si accende”. E’ come se gli atomi si dicessero: sì, lo sappiamo che se ci separassimo e ci riunissimo diversamente staremmo meglio, ma non abbiamo la forza per lasciarci. Un po’ di pigrizia…come li capiamo!!
La forza delle collisioni dipende dalla velocità delle molecole e questa velocità è in relazione alla temperatura: più aumenta la temperatura, più velocemente si muovono le molecole e, di conseguenza – più violente saranno gli urti tra loro e più alta la probabilità che esse si rompano. A temperatura ambiente, la velocità delle molecole di metano ed ossigeno non è abbastanza alta perché gli scontri portino ad una reazione. Ecco a cosa serve la scintilla: serve a scaldare ossia a velocizzare alcune molecole (quelle vicine ad essa) in modo che i loro urti portino alla reazione. La scintilla fornisce l’energia di attivazione, ossia – nella figura di sopra – trascina il masso oltre la collina. A quel punto, siccome abbiamo detto che la reazione metano + ossigeno sviluppa calore, anche le molecole più lontane dalla scintilla aumenteranno la loro velocità e la reazione (il fuoco) continuerà anche quando la scintilla sarà scomparsa. Ossia il calore prodotto dalla reazione fornisce l’energia di attivazione per farla continuare. E’ per questo che – banalmente – quando mettiamo un pezzo di legna nel camino, lo posizioniamo vicino ad una fiamma.
Quante molecole posseggono una data energia cinetica (interpretabile come la loro velocità): alzando la temperatura, la frazione di molecole con energia maggiore di quella necessaria per far avvenire la reazione aumenta.
La combustione del metano e in generale questo tipo di reazioni che liberano calore, è come il passare dalla situazione in cui siamo in ufficio, davanti al computer a lavorare (reagenti), alla situazione in cui siamo stesi sul divano a leggere un libro o L’Undici (prodotti). Ovviamente stiamo meglio sul divano e tendiamo ad andarci, ma per arrivarci dobbiamo “spendere energia”, ossia finire tutto quello che abbiamo da fare, alzarci dalla scrivania, prendere la macchina, affrontare i traffico, trovare parcheggio, ecc. ecc.
Ma prima di discutere una metafora tra chimica e gli intimi meccanismi che guidano le nostre esistenze, torniamo al pezzo di carta, ricordandoci che esiste una relazione diretta tra temperatura e velocità delle molecole. In questa discussione possiamo assimilare la carta al metano. Anche il sistema carta + ossigeno tende a reagire, ossia ad “andare a star meglio”, ma anch’esso ha bisogno di una “spintarella”, ovvero di un po’ di energia che la faccia iniziare, tipicamente un fiammifero, che alzi la temperatura e velocizzi le molecole. Tuttavia, ad una data temperatura, non tutte le molecole hanno la stessa identica velocità (qui sinonimo di energia): ce n’è sempre una piccola frazione che possiede un’energia tale da poter dar luogo a collisioni abbastanza forti da far avvenire la reazione. Come si nota dalla figura, più aumenta la temperatura, più questa frazione diventa grande fino a che la stragrande maggioranza ha l’energia necessaria per reagire, ma anche a temperatura ambiente, quando la carta apparentemente non brucia, un piccolissimo numero di molecole in realtà reagisce, ossia la carta brucia, anche se ad una velocità impercettibile. Quindi il pezzo di carta che avete davanti sta lentisssssimamente bruciando, perché una parte – seppure piccolissima – di molecole di carta ed ossigeno ha l’energia necessaria per scontrarsi in maniera efficace e reagire (ci sarebbe un discorso da fare anche sulla vaporizzazione della cellulosa che compone la carta, ma qui non ci interessa).
Quindi, in generale, più alta è la temperatura e più velocemente procede una reazione chimica. Tra parentesi, è per questo che conserviamo i cibi in frigo: perché a bassa temperatura le reazioni di decomposizione sono molto lente. Possiamo anche concludere che più bassa è l’energia (di attivazione), ossia la barriera da superare, più saranno le molecole in grado di superarla e reagire e quindi più alta sarà la velocità della reazione.
Torniamo all’esempio dell’ufficio e del divano. Immaginiamo, oltre al divano, di considerare la situazione “noi sdraiati al sole in una spiaggia caraibica”. Dove andremo? Ovviamente tenderemo ad andare verso la situazione più stabile, dove stiamo meglio, ossia ai Caraibi. Però, per andarci abbiamo bisogno di molta più “energia” rispetto ad andare sul divano: più soldi, più tempo, più volontà, ecc.. Se però abbiamo a disposizione quest’”energia”, allora possiamo superare la barriera più alta e quindi finiremo ai Caraibi, dove stiamo meglio, magari passando prima dal divano (ossia superando la barriera più bassa) in attesa di andare all’aeroporto. Se invece abbiamo solo l’”energia” necessaria per superare la “barriera-divano” e non la “barriera-Caraibi”, allora riusciremo solo ad arrivare sul divano…