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Scipione Borghese, collezionista formidabile e senza scrupoli

Creato il 23 settembre 2015 da Artesplorando @artesplorando

Scipione Borghese, collezionista formidabile e senza scrupoli

Gian Lorenzo Bernini, busto del cardinale Scipione Borghese


Ci sono uomini e donne legati indissolubilmente a dei luoghi da loro creati e che hanno segnato la storia dell'arte. Figure spesso controverse che per raggiungere il loro sogno di bellezza fecero gesti scorretti e senza scrupoli, servendosi del proprio potere e della propria ricchezza.E questo è il caso di un uomo, Scipione Borghese, e di un luogo che da lui prende il nome.
La Galleria Borghese a Roma raccoglie al suo interno una delle più eccelse collezioni che si possano ammirare al mondo. E questo ha un motivo molto concreto, molto reale: il suo creatore, il cardinale Scipione Borghese, diventò un uomo onnipotente nel momento in cui lo zio venne eletto papa. 
Figlio di Ortensia Caffarelli, sorella di Camillo Borghese (papa col nome di Paolo V dal 1605 al 1621), all'ascesa al pontificato dello zio fu da lui adottato (assumendone il cognome) e creato cardinale, a 29 anni. Fu protettore di numerosi artisti, fra i quali Gianlorenzo Bernini, che ne scolpì il celebre ritratto oggi nella Galleria.
Il favore nepotistico dello zio gli permise di accumulare un'immensa fortuna, che utilizzò per acquistare e unificare i vasti appezzamenti con cui costituì il parco e la villa Borghese, e per collezionare i capolavori d'arte che costituirono il nucleo attorno a cui si formò quella collezione Borghese che è oggi esposta nel Museo nazionale di villa Borghese di Roma.
Ebbe quindi una passione collezionistica sfrenata, al punto che si può dire che con Scipione Borghese nasce il concetto di collezionista e finisce il concetto di mecenate. Scipione colleziona quadri da galleria, lui concepisce la raccolta come un'insieme di pitture che narrino delle storie, lo stesso farà con Bernini: da lui vorrà delle storie scolpite, il nucleo del concetto teatrale del melodramma. E questa sua nuova passione e concezione di collezionista unita ad una grande quantità di ricchezza, gli permise di mettere insieme una collezione che fino alla fine del Settecento fu difficile da superare in quantità e qualità. Una cosa però va precisata, tutte le fonti concordano nell’attribuirgli una cultura mediocre, compensata da una voracità collezionistica che lo indusse ad esercitare anche la prepotenza pur di ottenere le opere d’arte desiderate. Scipione Borghese non fu quindi un'intellettuale, come molti collezionisti del suo tempo, era semplicemente un raccoglitore sfrenato ed incontenibile di capolavori ed aveva un occhio formidabile.

Scipione Borghese, collezionista formidabile e senza scrupoli

Caravaggio, ritratto di gentiluomo (Scipione Borghese?)

Per ottenere ciò che voleva era disposto a tutto.Fu forse proprio lui, per esempio, a manovrare dietro le quinte per la rimozione della Madonna della serpe, la grande tela che Caravaggio era finalmente riuscito ad issare sugli altari di San Pietro: con la scusa che il quadro non aveva decoro, finì, guarda caso, per una cifra irrisoria nella sua collezione. Ma il più famigerato gesto d’arbitrio del cardinale fu l’ordine di trafugare dalla chiesa di San Francesco, a Perugia, la pala Baglioni dipinta da Raffaello; poi, per zittire le proteste degli indignati perugini, si degnò di farne eseguire due copie dal Lanfranco e dal Cavalier d’Arpino. Proprio quest’ultimo era stato uno dei primi a offrire lavoro al giovane Caravaggio giunto da Milano a Roma senza un quattrino ma, stanco di essere sfruttato, il giovane apprendista se ne era ben presto andato in malo modo lasciando nella bottega due meravigliosi quadri: il Bacchino malato e il Giovane con canestra di frutta. Ebbene, queste due tele piacevano anche al Cardinal Borghese, che per averle pensò di imprigionare e condannare a morte il d’Arpino con il pretesto che era stato trovato in possesso di una collezione di archibugi. Per uscire da questo incubo, al pittore non restò che pagare una penale di 500 scudi e donare tutti i quadri della sua bottega, oltre cento, alla Camera Apostolica. Infine, l’astuto piano fu portato a conclusione con un documento scritto dal pontefice che assegnava i dipinti al nipote Scipione. Poi toccò al Domenichino: il pittore bolognese fu imprigionato perché si rifiutò di cedere al Cardinale la tela con Diana e le Ninfe commissionatagli dal cardinale Pietro Aldobrandini. E persino il pavido Guido Reni, non sopportando più lo strozzinaggio dei Borghese, in un soprassalto di orgoglio se ne tornò nella sua Bologna.
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Una cosa buona però è certa su Scipione. La sua collezione continua ad essere tutt'ora riconosciuta come una raccolta di capolavori, tutte opere eccezionali per qualità e carattere: troviamo in essa l'opera più significativa di Raffaello, Tiziano e molte opere di Caravaggio e BerniniParco, villa, arredamento, collocazione delle opere tutto venne deciso da Scipione e Bernini e così è rimasto: contenuto e contenitore sono stati creati insieme e lo rendono uno scrigno d'arte unico al mondo che ci insegna come a volte per raggiungere un'ideale di bellezza si è disposti a compiere azioni che con essa non hanno nulla a che vedere.
C.C.
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