E’ in Valtellina che nasce SCIUR, il vino derivante da un progetto di sostenibilità ambientale, cioè dal rispetto per le persone che hanno lavorato duramente per produrlo e per il territorio in cui nasce. Sì, perché questo è un vino che prende il nome da un acronimo: Sostenibile, Concreto, Innovativo, Unico e Responsabile, un nome iconico che simboleggia una nuova era nella vinificazione.
Ma dove avviene questa piccola rivoluzione ? A Chiuro (So), dove, nelle cantine Nino Negri è nata l’idea di produrre un vino innovativo e “sostenibile”, grazie all’impegno di Casimiro Maule e di Giacomo Mojoli. Un vino che testimoniasse la voglia di cambiare il mondo dell’enologia, in modo che la visione enologica di produttori e consumatori fosse finalmente la stessa.
Parlando di sostenibilità, quali sono state le mosse per realizzarla per davvero? Sono stati usati solo concimi naturali e si è coltivato il vigneto senza usare diserbanti o antiparassitari nocivi, si sono usati i solfiti solo in quantità ridotte e si è posta particolare attenzione al packaging, eliminando le etichette e usando materile riciclabile per la realizzazione di capsula, tappo e cartone .
«La S di Sciur sta per sostenibilità – ha spiegato Casimiro Maule, direttore ed enologo di Nino Negri –. Non abbiamo semplicemente prodotto un vino, ma ci stiamo impegnando per salvaguardarne e valorizzarne il territorio, l’ambiente, la cultura e la storia».«Lo scopo del progetto non era di realizzare un vino buono (cosa scontata), ma una metodologia per dimostrare come dovrebbe muoversi la viticultura nei prossimi 20 anni – dice Mojoli, tra i fondatori di Slow Food e visiting professor al Politecnico di Milano -. Oggi la sfida è quella di fare un vino con un processo produttivo sostenibile, un vino buono da bere, ma anche buono da pensare».
Per realizzare Sciur c’è stato bisogno di uno sforzo comune da parte di giovani designer, docenti universitari del Politecnico di Milano e della Scuola del Design, studenti del Master di Design Internazionale del PoliDesign, ragazzi dell’Istituto Professionale di Sondrio, manager, esperti di marketing e della comunicazione. «Sciur è il frutto di un gioco di squadra – ha ripreso Maule – che ha coinvolto tutti in azienda. C’è stata la massima attenzione al territorio, ma anche alle persone».
Per Giulio Ceppi, docente al Master Strategic Design Politecnico di Milano, è fondamentale «raccontare quello che succede prima e quello che succederà dopo. Non conta soltanto il bello, ma anche quello che è successo prima: da dove vengono le materie prime, se le persone che hanno lavorato erano contente. E’ una strategia di cultura e di sviluppo. Inoltre, si deve pensare anche a quello che dovrà succedere tra sei mesi, sei anni».
Perciò si è pensato anche al recupero dei muri a secco, necessari per la protezione dei vigneti, inserendo nel progetto uno stage per giovani muratori del Polo di Formazione Professionale Valtellina, che insegnasse loro come costruire un muretto a secco. E cosa è questo se non salvaguardare in modo responsabile una tecnica tradizionale, in modo che non vada persa e possa poi essere tramandata?
«Per la prima volta, finalmente, facciamo un progetto dove costruiremo un muro e non ci chiederanno di buttarlo giù», hanno commentato gli studenti.
Sciur è un ottimo vino che, oltre ad essere sostenibile e rispettoso dell’ambiente, è anche dotato di qualità organolettiche apprezzabili, come un colore brillante, un profumo intenso di lampone e di viola e un sapore gradevole al palato. Data la sua gradazione di circa 14 gradi, è ideale in abbinamento a salumi, primi e secondi di carne, formaggi stagionati.
Claudia Di Meglio