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Visto in VHS.
Il bello di De Sica è che riesce a raccontare melodrammi con una leggerezza, una facilità impressionante; storie ricche di sentimenti che non risultano mai banali o scontate.
Una coppia di amici che di lavoro fanno i sciuscià e che progetta di comprarsi un cavallo viene arrestata a causa del fratello di uno dei due, e in carcere verranno divisi. Inutile dire che faranno esperienze diverse ed uno dei due sarà portato a tradire con un trucco del direttore. Il rapporto fra i due cambierà radicalmente…
Un’amicizia assoluta distrutta con l’inganno e a quel punto inizia un gioco di vendette reciproche e tentativi di riappacificazione fallimentari che hanno un sentore di tragedia greca (pur con la grazia di una favola infantile), fino alla conclusione, non scontata, ma neppure a sorpresa, semplicemente giusta per il tono della storia. Finale definitivo che, nel suo piccolo, ha un che di epico (e come si è già detto, ha il tono e l’ambientazione di una fiaba).
De Sica si dimostra poi uno storyteller raffinato, tutto teso a rendere credibile e realistico il contorno ed i personaggi secondari prima ancora dei protagonista; stupendi quindi i piccoli riferimenti alla vita privata dei comprimari, le continue incursioni in vari ambiti della vita di tutti i giorni (come i riferimenti allo spiritismo che ricorrono spesso nella sua cinematografia, qui ad esempio vi è la cartomante derubata) o le correlazioni con il periodo fascista appena finito (l’uso del voi del direttore della prigione o il saluto romano).
In un unico film riesce a parlare della vita di strada dei minorenni, dei carceri, dei tribunali e incidentalmente denuncia anche la situazione dei sanatori, delle forze dell’ordine e delle condizioni di vita a vari livelli sociali.
E come non citare poi la regia oggettivamente stupenda, libera e precisa oltre le aspettative considerando l’anno di realizzazione. Neanche un anno dalla fine della guerra e già usavano il dolly! (o simili).