In Italia gli interventi di angioplastica (PTA) per trattare la CCSVI (insufficienza venosa cronica cerebrospinale), dopo la pubblicazione di una circolare dl Ministero della Salute nel marzo 2011, sono ormai appannaggio delle strutture private, che spesso vista la concorrenza si fanno ampia pubblicità a pagamento sul Web e nei social media.
Il neurologo Dr. Fabrizio Salvi che collabora negli studi sulla CCSVI con il prof. Paolo Zamboni (lo scopritore della malattia), durante alcuni recenti convegni organizzati a Rimini dalla Fider ( http://youtu.be/rD-w-l-58Rk ) e a Cortina dalla Fondazione il Bene (http://youtu.be/3NPk2fybrAI ) si è lamentato come nonostante siano stati fatti migliaia di interventi in Italia non sia stato pubblicato alcun dato che avrebbe potuto agevolare la ricerca sulla CCSVI e dunque favorirne il suo riconoscimento anche in ambito pubblico.
Le pubblicazioni di cui medici e malati avrebbero avuto bisogno sono nell’ordine di tre tipi:
- la prima dovrebbe focalizzarsi sui risultati angiografici “prima della PTA” per osservare se confermano o meno l’esistenza delle anomalie venose nei malati di SM con un esame maggiormente attendibile rispetto all’ecocolordoppler. Qui l’imponente mole di dati potrebbe dunque facilmente smentire i ridicoli risultati dello studio CoSMo dell’Aism, secondo i quali non esisterebbe associazione tra la CCSVI e la SM.
- il secondo tipo di pubblicazione dovrebbe invece basarsi sui dati relativi alla sicurezza degli interventi di angioplastica ed alle eventuali complicanze riscontrate in modo da dimostrare che la procedura, se effettuata da medici coscienziosi e capaci, è sicura.
- il terzo ed ultimo tipo di pubblicazione di cui ci sarebbe grande bisogno è relativo ai risultati degli interventi. In questo caso sarebbero opportuni dei dati osservazionali, facendo compilare degli appositi questionari ai malati operati con cadenza regolare, in particolare sugli eventuali miglioramenti della qualità di vita e della stanchezza cronica.
Purtroppo l’appello che abbiamo lanciato già due anni fa è caduto nel vuoto e questi dati oggi non sono disponibili nell’unica forma accettata dalla comunità scientifica, la loro pubblicazione completa su una rivista del settore (le comunicazioni ai congressi sono tutta un’altra cosa).
Sorge spontanea una domanda: al di là delle belle parole c’è veramente la volontà da parte di alcuni a veder riconosciuta la CCSVI?
Io personalmente nutro qualche dubbio…