Europa-Islam :::: Claudio Mutti :::: 26 gennaio, 2012 ::::
Riportiamo qui di seguito l’intervista rilasciata dal direttore di “Eurasia”, Claudio Mutti, a Fiorenza Licitra e pubblicata su “La voce del ribelle” il 17 gennaio 2012.
D. – L’analogia tra i “Fedeli d’Amore” e il Tasawwuf, assieme alla poesia persiana – indicata da Italo Pizzi come da Luigi Valli – è un caso esemplare non solo della corrispondenza, ma anche dell’enorme influenza che l’Islam ha avuto sulla nostra civiltà?
R. – Mi fa piacere che Lei citi, oltre a Luigi Valli, anche il mio concittadino Italo Pizzi, al quale ho voluto dedicare un capitolo di un mio libro recente, Esploratori del Continente. In una memoria presentata alla R. Accademia delle Scienze di Torino, il Pizzi illustrò, centovent’anni fa, Le somiglianze e le relazioni tra la poesia persiana e la nostra nel Medio Evo; oltre a ciò, egli attribuì un’origine persiana al romanzo di Tristano e Isotta, rilevando le analogie tra la pazzia di Tristano e quella del giovane Qays nelle opere di Nezâmî e di Giâmî. Che l’Islam abbia esercitato un’influenza enorme sulla civiltà europea, e non solo nell’ambito della poesia, è un dato di fatto, del quale dovrebbero prendere atto coloro i quali biascicano di continuo la formuletta ideologica delle “radici giudaico-cristiane” dell’Europa. Le più antiche radici dell’Europa sono greche; e l’Islam, oltre a fornire un suo proprio apporto allo sviluppo della nostra civiltà, ha anche riconsegnato all’Europa buona parte dell’eredità greca.
D. – Le Crociate, seppur tra lotte e spargimenti di sangue, stabilirono strettissimi rapporti tra l’Europa e il mondo arabo-persiano. Eppure proiettiamo sulle guerre dell’antichità l’ombra della guerra totale contemporanea.
R. – Le Crociate, che senza alcun dubbio produssero l’effetto da Lei ricordato, furono anche die höhere Seeräuberei: “pirateria di grado superiore”, per riprendere l’espressione di Nietzsche, che ad esse contrapponeva l’esemplare politica di “pace e amicizia con l’Islam” perseguita da Federico II di Svevia. Perciò, se è inevitabile che nel mondo musulmano gli odierni pirati occidentali vengano visti come “i nuovi crociati”, è anche vero che lo scontro odierno non presenta certamente i risvolti positivi che si possono individuare nelle Crociate vere e proprie. A quell’epoca infatti, come pare abbia detto un pontefice del secolo scorso, si trattò in fin dei conti di “una lite in famiglia”, ossia di uno scontro fra due civiltà animate entrambe da ideali religiosi. Oggi invece, assistiamo ad un evento alquanto diverso: al tentativo della barbarie americana di estendere e di consolidare la propria egemonia su aree che erano rimaste relativamente immuni.
D. – Nell’Occidente secolarizzato è rimasta tuttavia la concezione unilineare del Cristianesimo. Quali sono le conseguenze?
R. – Se interroghiamo l’etimologia, l’Occidente è la terra del tramonto, della caduta, sicché la secolarizzazione si inscrive fatalmente nel suo destino. Infatti la storia e il progresso, in cui l’uomo occidentale e secolarizzato è inevitabilmente immerso, sono esattamente, per citare Mircea Eliade, “una caduta che implica l’abbandono definitivo del paradiso degli archetipi e della ripetizione”. Effettivamente il cristianesimo ha uno stretto rapporto con tutto ciò, in quanto si tratta della religione dell’uomo storico, che ha scoperto la libertà individuale ed ha sostituito il tempo continuo a quello ciclico.
D. – La definizione di Islam moderato e laico è assurda e paradossale come lo è il tentativo di modernizzare l’eterno?
R. – L’espressione “Islam moderato” costituisce una tautologia, perché lo spirito islamico è fondamentalmente improntato, come diceva giustamente il Bausani, all’ideale della mesotes, ossia, per dirla alla latina, del modus in rebus. La tautologia in questione, bovinamente accettata dal pubblico semicolto della televisione e delle gazzette, è stata coniata dai fautori dello “scontro di civiltà”, i quali hanno intrapreso – e con un certo successo – il tentativo di arruolare truppe ausiliarie musulmane nello schieramento occidentale. Traducendo dalla neolingua occidentalista, risulta che “Islam moderato” è quello dei musulmani made in USA, compresi i tagliagole che in Libia hanno collaborato con la NATO e i terroristi che stanno tentando di sovvertire l’ordinamento politico siriano per conto dell’Occidente. Se l’”Islam moderato” è una tautologia, l’”Islam laico” è un ossimoro, poiché, mentre il laicismo propugna la totale autonomia dello Stato nei confronti della religione, l’Islam sostiene esattamente il contrario. A questo proposito, è interessante osservare che i “laici”, nel loro desiderio di trovare il laicismo anche dove non c’è, indicano esempi di “Islam laico” in paesi musulmani come la Libia, dove spesso era Gheddafi in persona a guidare la preghiera collettiva, o come la Siria, la cui Costituzione stabilisce che “fonte della legge è la teologia islamica”!
D. – Sfatiamo un altro mito che vuole l’Islam feroce e parossistico? L’Islam è, invece, la religione dell’equilibrio.
R. – In un celebre versetto coranico (II, 43) Dio si rivolge ai Credenti con queste parole: “Wa kadhâlika ja’alna^kum ummatan wasatan”. Lo si potrebbe tradurre in questo modo: “Così abbiamo fatto di voi una comunità dell’aureo mezzo”. Infatti l’aggettivo wasat, che significa “mediano”, indica il punto egualmente lontano dai due estremi, sicché i Credenti sono designati come la comunità del giusto mezzo e dell’equilibrio. Per realizzare questo ideale di giustizia, nella misura in cui ciò è realisticamente possibile, l’Islam si propone di guidare i bisogni, le inclinazioni e i desideri degli uomini mantenendoli entro i limiti della legge divina. In tal modo, sulla solida base di questo equilibrio, l’uomo può costruire la sua fortezza spirituale, da cui contemplare l’Assoluto.
D. – L’espansione dell’Islam in Europa dagli anni Trenta ad oggi è dovuta al fatto che questa sia la forma della Tradizione primordiale adatta ai tempi ultimi?
R. – In effetti la rivelazione coranica si presenta come ultima e definitiva nell’attuale ciclo di umanità e come essenzialmente riassuntiva delle rivelazioni precedenti; ciò conferisce all’Islam un grado di universalità che lo rende accessibile a uomini di diversa origine geografica, etnica e culturale. D’altronde, se la civiltà islamica è stata storicamente l’intermediaria naturale tra l’Oriente e l’Europa, ciò si spiega non solo con la presenza dell’Islam in un’area geografica contigua all’Europa ed anche parzialmente interna all’Europa stessa (Spagna, Sicilia, Balcani), ma pure col fatto che tra le forme spirituali non cristiane quella islamica è la meno lontana, per le sue caratteristiche, dalla mentalità tradizionale europea. Indicare gli anni Trenta come momento iniziale dell’espansione dell’Islam in Europa mi induce a pensare che si attribuisca una certa importanza all’influenza esercitata dall’opera di Guénon e ai conseguenti ricollegamenti di gruppi di Europei ai centri spirituali del mondo musulmano. Questo fenomeno ha avuto certamente il suo peso, ma non bisogna dimenticare il contributo che altre cause ed altri fattori hanno dato alla diffusione dell’Islam (in primo luogo, gli “spostamenti etnici” previsti proprio da Guénon).
D. – Frithjof Schuon scrive che il mondo è infelice perché gli uomini vivono al di sotto delle loro possibilità. Possibilità, quindi, spirituali, non materiali…
R. – Visto che mi cita Schuon, mi consentirà di rispondere con una citazione dello stesso autore: “Poiché viviamo sotto tutti gli aspetti in un tale guscio (Schuon allude al “guscio” della relatività esistenziale), abbiamo bisogno, per sapere chi siamo e dove andiamo, di quello strappo cosmico che è la Rivelazione”.