E’ lì da miliardi di anni, affascinante ma anche utile compagna della Terra. Nell’epica corsa allo spazio del XX secolo la Luna è stato il primo corpo celeste al di fuori del nostro pianeta su cui l’uomo ha posato per la prima volta il suo piede. E riportato a casa campioni di terra e roccia. Non certo come esotici e rarissimi souvenir, ma preziose testimonianze per ricostruire il passato del nostro Sistema solare. E, non ultimo, rispondere a una domanda fondamentale: come si è formata la Luna?
Una domanda che ancora oggi non ha trovato una risposta definitiva. Vero è che negli ultimi anni ha preso sempre più piede, tra gli addetti ai lavori, l’ipotesi che il nostro satellite si sarebbe formato in seguito a uno scontro ancestrale tra una giovane Terra e un corpo celeste di dimensioni comparabili a quelle di Marte. Le maggiori obiezioni a questo scenario sono basate sul confronto delle abbondanze isotopiche di alcuni elementi chimici, come tungsteno, silicio, calcio, titanio ma soprattutto l’ossigeno presenti nelle rocce terrestri e lunari, come quelle raccolte dalle missioni Apollo.I risultati davano infatti una composizione identica – nell’ambito della sensibilità della strumentazione utilizzata – per la Terra e per la Luna, indicando di fatto che in esse non c’era traccia di materiale proveniente da questo ipotetico e di certo non trascurabile proiettile.
A cercare di spostare di nuovo l’ago della bilancia a favore della teoria del mega impatto arriva ora un nuovo studio guidato da Daniel Herwartz, ricercatore presso le università di Gottinga e Colonia in Germania, pubblicato nell’ultimo numero della rivista Science. I ricercatori hanno analizzato i dati sui rapporti di diversi isotopi dell’ossigeno, come il 17O e il 18O misurati con strumentazione di nuova generazione, molto più accurata, in campioni di rocce terrestri e lunari, comparandoli poi con quelli dei meteoriti.
Il nuovo confronto questa volta mette in evidenza una leggera differenza di composizione tra i campioni provenienti dalla Luna rispetto a quelli della Terra. Una differenza piccolissima in verità: appena 12 parti per milione, ovvero uno scarto pari allo 0,012 per mille. Piccola ma comunque rilevata con sicurezza dagli strumenti utilizzati da Herwartz e i suoi colleghi.
I ricercatori propongono così che questa differenza indichi che in passato l’impatto con la Terra ci sia effettivamente stato: in seguito ad esso, una frazione del materiale del proiettile si è mescolata quello che ha formato la Luna e un’altra frazione si è distribuita nella Terra. Siccome i due corpi celesti hanno diverse masse, qui sul nostro Pianeta questo materiale si è diluito di più rispetto alla Luna, dando origine così alle differenze misurate.
I ricercatori che hanno condotto le indagini sono molto sicuri delle loro idee, tanto da metterlo subito in evidenza nel titolo del loro articolo: Identification of the giant impactor Theia in lunar rocks, ovvero “Identificazione del grande impattattore Teia nelle rocce lunari”. Forse però le cose potrebbero non essere andate esattamente così.
“C’è la possibilità che la differenziazione registrata possa essersi avuta a seguito di impatti di altri corpi celesti più piccoli, che hanno depositato più materia di quanta ne sono riusciti a strappare sia dalla Terra che dalla Luna in passato, un fenomeno di bombardamento che sembra abbia interessato anche altri corpi del Sistema solare” commenta Diego Turrini, planetologo dell’INAF. “Il risultato raggiunto da Herwartz e colleghi è sicuramente importante perché comunque rivela come le rocce lunari ci possono dare moltissime informazioni sulla storia dei corpi da cui provengono e sul Sistema solare in generale” prosegue Turrini. “Le misure che sono state fatte fino ad oggi non hanno messo la parola fine su quello che si può imparare da questi campioni. E questo è un risultato che emerge anche dal lavoro. Il fatto che la Luna e la Terra, contrariamente a quanto si pensava, hanno una differenza sistematica nella loro composizione è un risultato comunque solido di questo articolo. E’ però un po’ presto, secondo me, per dire con certezza quale sia l’origine di questa discrepanza, perché di queste fasi molto remote della storia del Sistema solare conosciamo ancora poco”.
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani