Magazine Cultura
Muretto a secco fatto con Menhir
di Alessia Orbana
Un preziosissimo, quanto anonimo, muretto a secco. Realizzato con Menhir. Proprio così: oltre 300 frammenti, un vero giacimento di statue scoperto a Samugheo in aperta campagna, a “Cuccuru e Lai”. Il ritrovamento ha una portata eccezionale tanto da poter classificare il sito del Barigadu come il santuario preistorico tra i più importanti della Sardegna, se non addirittura il più significativo.
L'ha sostenuto ieri in conferenza stampa l'archeologo Mauro Perra (direttore del Museo di Villanovaforru) che, sotto la supervisione della Soprintendenza ai Beni archeologici e culturali di Cagliari e Oristano (che ha la direzione scientifica degli scavi affidata ad Emerenziana Usai) da diversi anni segue gli importanti rinvenimenti archeologici in territorio samughese.
Perra ha paragonato il ritrovamento dei Menhir di Samugheo a quello delle statue di Monte Prama del Sinis. Dunque una scoperta unica e dal grande valore storico e scientifico. A maggior ragione quando si apprende che i Menhir erano perfettamente inglobati in un muretto a secco. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta il patrimonio statuario antropomorfo, databile intorno al terzo millennio avanti Cristo, nell'Età del Rame, è stato infatti fatto a pezzi per issare il muretto a secco. La scoperta, come è stato spiegato sia dal sindaco di Samugheo Antonello Demelas che dall'archeologo Perra, è stata del tutto casuale, ad opera di due barracelli. Si inizia negli anni Novanta, in località Paule Lutturi, vicino ad una tomba dei giganti poi oggetto di scavo. Nell'agosto del 2008, il ritrovamento di numerose statue Menhir a Cuccuru e Lai. Riportavano nuovi motivi, mai scoperti a Samugheo. Ora, ai primi di luglio, una nuova campagna di scavo (vede impegnati oltre la Soprintendenza e l'archeologo Perra, gli studenti Mario Oliviero e Chiara Spiga dell'Università di Cagliari e due studentesse americane: Jani Vida Maro e Cameryn Clark) che ha sinora riportato alla luce circa 300 frammenti.
«Si tratta di un rinvenimento eclatante», spiega Emerenziana Usai: «Già da diversi anni si sta cercando di valorizzare il patrimonio archeologico e soprattutto le statue Menhir, grande particolarità di Samugheo. Questi Menhir assumono una rilevanza notevole sia per la quantità che per l'importanza dei motivi». E sui motivi rappresentati nel patrimonio statuario antropomorfo rinvenuto a Cuccuru e Lai si è soffermato l'archeologo Perra. «Intorno al terzo millennio avanti Cristo - spiega - in tutta Europa si diffonde la statuaria antropomorfa. In Sardegna sono concentrate in particolare nel Mandrolisai, nel Barigadu, a Laconi ed Isili. I motivi simbolici sono diversi». In particolare le statue rinvenute a Samugheo ripetono il motivo del volto, della U rovesciata e del fregio centrale: reticolato o a spina di pesce.
«Purtroppo intorno agli anni Quaranta le statue sono state spezzate per essere utilizzate nella costruzione dei muretti a secco. Ciò è avvenuto quando probabilmente non si comprendeva il valore di questi manufatti preistorici», ha spiegato l'archeologo. Nelle statue Menhir di Samugheo si trova anche il motivo del pugnale. «È tipico delle rocce istoriate dell'arco alpino», precisa Perra: «È lo stesso motivo che si trova nei Menhir della Lunigiana. Questo significa che la Sardegna partecipa di un più ampio movimento culturale, non era un'isoletta lontana dal mondo. Nella Preistoria la Sardegna era molto più collegata al Continente e all'Europa di quanto non lo sia oggi».
Completamente diversi invece i motivi dei Menhir di Samugheo rispetto a quelli di Laconi. «Il significato di questi enigmatici motivi simbolici - va avanti Perra - riporta un po' quello che accade in tutta Europa: le pietre fitte vengono considerate dei marcatori territoriali». Varie le dimensioni dei Menhir rinvenuti a Samugheo, alcuni raggiungono il metro e 20. I pezzi meglio conservati sono stati utilizzati per le fondazioni del muretto a secco, ma i più sono appunto frammenti. L'idea ora è quella di attivare un laboratorio per il restauro. Ma non solo. «Si tratta di una scoperta di notevole rilevanza», afferma il primo cittadino: «L'intento dell'amministrazione è quello di valorizzare questo patrimonio promuovendo nuove campagne di scavo. L'ideale sarebbe poi realizzare un laboratorio in loco per il restauro».
Fonte: L'Unione Sarda
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