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Scoprire l'acqua calda

Da Povna @povna
La 'povna, immersa nei fatti propri in maniera metodica e costante, non ha (voluto) trovare il tempo di scrivere sulla questione Matteo Renzi, ma ci ha pensato in ogni caso parecchio, e prova a lasciare ora i suoi due centesimi di analisi mentre è già tornata a casa.
Una doverosa, premessa. Sente dire da più parti che Renzi, nella sua scalata al potere in nome della TQ-Generation ("generazione trenta-quaranta"), è insieme sciocco e pericoloso. Per quel che vale, lei non si sente di sottoscrivere né il primo, né il secondo giudizio. Per quanto riguarda il pericolo, perché l'affermazione è talmente ovvia da oltrepassare il tautologico; per quanto riguarda invece la scemenza, perché Renzi è molte cose, spesso assai spiacevoli, ma, tra tutte, certo non un coglione.
Detto questo, e pensando lei di Matteo Renzi, come avversario politico, tutto il male possibile, trova che i giudizi sul Big Bang della Leopolda si alimentino troppo spesso, nel migliore dei casi, in questi giorni, di una pletora di luoghi comuni. 
"Matteo Renzi sembra Berlusconi, ed è di destra": bella forza, dopo vent'anni in cui (e non certo solo per volontà di sé medesimo) l'immagine di Berlusconi ha rimodellato l'approccio alla politica, verrebbe da meravigliarsi del contrario (ma infatti, piaccia o non piaccia, nessun modalità di azione sulla cosa pubblica oggi ne è sostanzialmente immune). Quanto all'essere di destra, sembra che molti tendano a dimenticarsi (e non c'è bisogno di chiamare in ballo suo padre, per far questo), che il giovane (?) primo della classe ha fatto in tempo a nascere politico ancora e già democristiano.
"Matteo Renzi non dice niente di risolutivo, ed è schematico". Ecco, questa è una affermazione più complessa, e vale la pena di fermarsi un secondo in più per meditare. "Se un fascista dice che piove - e piove - piove". Era questo (ed è tuttora: anche se la loro attività si è un po' ridotta) il motto dell'associazione laica di cui la 'povna è presidente. L'avevano inventato lei, l'Anziana di Ginevra, Zivago, e lo Storico Saggio - e stava a significare che, quando una affermazione è così matter-of-fact da essere ovvia, non ha senso alcuno mettersi a negarla; ma, nello stesso tempo, questo non sposta di una virgola il problema. Cosa che vale anche per il sindaco di Firenze. Il quale si trova a costruire la sua fortuna osservando che piove mentre diluvia con violenza. Cioè, svolgendo la metafora: è chiaro che il PD, e l'Italia tutta, ha un enorme problema di classe dirigente. Perché da noi a quarant'anni si è ancora considerati giovani, mentre spesso, a forza di non essere stati capaci di cavarsela da soli per un niente, si sta scivolando, rapidi, in una precoce incompetenza (e, ancora saldamente a casa di mammà, nel lettino a una piazza della propria camera di bimbo, ci si scopre incapaci di pagare una bolletta, andare al supermercato, agire nella vita da individui autonomi e sicuri). E' il prezzo che una generazione di famiglie - che fornisce, quotidianamente, una pezza di stato sociale fai-da-te dentro un'economia allo sfascio - chiede di pagare ai propri figli: "io ti nutro e ti accudisco come se tu avessi sedici anni; in cambio, fino a cinquanta e oltre, tu scordati parole come 'responsabilità autentica' e 'posizioni di potere'". Che questo non vada bene per niente, e che l'Italia si regga sempre di più su una anzianità gabellata per merito, è cosa, anche quella, così ovvia, che non vale la pena ripeterla alla nausea. Che Matteo Renzi, dicendo questo, non dimostri qualcosa di diverso da palese buon senso e scafato opportunismo, alla 'povna sembra, onestamente, altrettanto lapalissiano.
Resta da chiedersi, allora, dove stia l'abilità di Matteo Renzi (così come il dato di interesse da lui rappresentato). E' tempo di tornare alla rottamazione che ha fatto da sottofondo alla Leopolda, e all'annosa questione del vecchio e del nuovo. Sarebbe utile rendersi conto, infatti, che Matteo Renzi non è né nuovo, né vergine. Ma rappresenta(va), anzi, il fiore all'occhiello del PD e della toscana classe dirigente che, dopo aver puntato su di lui con tutti i suoi risparmi, ora si ribella di fronte all'atto edipico che l'abile delfino mette in atto, agendo, a tutti gli effetti (perché la mitologia raramente sbaglia), come neo-Crono. Varrebbe la pena di ricordare che il golden boy nasce alle istituzioni presidente della provincia, dalla quale se ne va dopo lo scandalo Domenici, per presentarsi alle primarie da sindaco con una semiverginità di 'nuovo'. Ma bisognerebbe anche, quando si parla e si analizza, avere tenuto da parte tutti i ritagli di giornale inerenti allo scempio edilizio della piana di Castello, quello che, appunto, coinvolgeva la provincia ai tempi in cui a palazzo Medici Riccardi c'era Matteo Renzi; e sottolineare magari anche che tutto divampò sulla questione del parco, presente nel progetto e poi sparito nelle nebbie, a favore del nuovo stadio (e di un centro commerciale tutto intorno) fortemente voluto dal proprietario della Fiorentina. E allora, forse, a qualcuno verrebbe in mente un certo manifesto, e inizierebbe a chiedersi quali poteri, in ogni caso forti, potrebbero appoggiare Matteo Renzi nella sua marcia verso il nuovo (?). 
Ma attenzione, tutto questo non significa che la classe politica dell'Italia tutta (e dunque molto spesso le idee per governarla) non sia vecchia. Questa parte è scoprire l'acqua calda, dire che piove, aprire l'ombrello: un gesto di buon senso, da mettere in pratica comunque, anche da soli.
E a quel punto - ben asciutti - si potranno giudicare i fatti dietro le parole che servono solo a cancellare le ombre di un passato recentissimo gravido di pratiche assai vecchie. Ammettendo che la necessità di un cambio, per l'Italia, è vera anche se la sostiene Matteo Renzi. Ma affidare il timone a chi voleva coprire di cemento una delle province più belle del mondo, forse, non vuol dire propriamente cambiare.

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