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Scritti da Voi (N°46): Rocco - True Detective, Non è mai stato nè mai sarà, perchè è (Parmenide)

Creato il 26 agosto 2015 da Giuseppe Armellini
Scritti da Voi (N°46): Rocco - True Detective, Non è mai stato nè mai sarà, perchè è (Parmenide)Lo so, parlare ancora dopo un anno della prima stagione di True Detective è fuori tempo massimo.
Ma Rocco lo fa alla sua solita maniera, filosofeggiando .
Anche perchè nessuna serie si può avvicinare più alla filosofia di questa.
La sigaretta si consuma ad ogni tiro, ne puoi sentire la carta bruciare. La birra inonda lo stomaco, ne senti il lento incedere lungo la gola. La voce è inebriante, cadenzata, litanica. L'iperacusia dei suoni provoca sensazioni di surrealtà. Horror Vacui. Ogni istante esaspera e si espande nello spazio per inseguire un'utopica negazione del tempo. Non c'è niente di più surreale dell'immobilità: l'occupazione di uno stesso luogo in diversi punti del tempo. Tutta una serie riassunta in una battuta di Rust: "In questo universo noi elaboriamo il tempo come fosse una linea che avanza, ma al di fuori del nostro spazio-tempo, da quella che sarebbe una prospettiva a quattro dimensioni, il tempo non esisterebbe, e da quella posizione, potessimo raggiungerla, vedremmo il nostro spaziotempo come appiattito, come una singola scultura la cui materia sia in una superposizione di tutti i luoghi che abbia mai occupato, la nostra coscienza che ripercorre ciclicamente le nostre vite come carri su una pista. Capite? Ogni cosa al di fuori della nostra dimensione, è l’eternità, è l’eternità che guarda in basso verso di noi. Per noi è una sfera, ma per loro è un cerchio”. Visto da fuori del cerchio del nostro spazio tempo, ogni cosa partecipa di una realtà che la include, una qualità preindividuale, ogni determinazione è morte, ogni movimento è determinato temporalmente, ogni movimento è morte. In vista di quale alta meta si muovono Rust e Marty? La propria eterna salvezza. C'è solo una irriducibile verità sembra dirci Pizzolato: lo scontro tra bene e male. Il tempo non conta, solo una è la scena madre. Ogni caratterizzazione, ogni tipizzazione non fa che rimettere in scena questo scontro eterno. Il male, non è tanto privazione del bene, ma grado zero di questo. L'uomo è una bestia e l'eternità agognata è un cammino etico di disciplinamento di se stessi, occorre guadagnarsela quella piazza immobile fuori dal tempo. Occorre combattere una jihad contro le proprie passioni, contro il male dentro ("ora togliti la maschera" dice a Rust l'ultimo criminale) e fuori di noi: la famiglia, la società, lo stato e finanche l'ambiente naturale, la Louisiana selvaggia. Liberarsi della Louisiana post-uragano che forma e informa a sua immagine il suo popolo piegato dalle sciagure, per librarsi tra le stelle del cielo. Liberarsi di un male arcano, che viene da lontano, figlio del vodoo e delle arti magiche, contro cui si possono riportare solo vittorie parziali e mai definitive, con potenti ramificazioni troppo grandi da combattere per due uomini soli. Qualcosa di troppo grande e misterioso agisce nell'ombra: concatenamenti e ramificazioni di potere. Qualcosa di insostenibile, che genera una passione degli individui che agiscono e che acuisce la loro e la nostra sensibilità di spettatori, mentre ci svuota in una sorta di fatale acquiescenza. Liberarsi di ciò per accaparrarsi la beatitudine dell'eternità, guadagnare lo sguardo esterno di un Demiurgo/Regista che contempla e racconta l'infinita lotta.

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