Se ne parla sempre più spesso, e con crescente accanimento, fioriscono i dibattiti sui forum dedicati al tema dell’editoria, e dunque credo urga arrivare a un punto, e ridefinire cosa significhi la parola “scrittore” oggi.
In tempi in cui con tre click e pochissimi spicci chiunque può pubblicare e vendere online le proprie liste della spesa e il racconto minuzioso delle proprie minzioni, siamo tutti improvvisamente diventati scrittori e, anche considerando la disoccupazione generale e la conseguente mancanza di altri titoli professionali che ci si possano attribuire, ecco che chi non sa bene come definire se stesso pensa bene di far bella mostra di sé con questa autonomina che, come si dice, fa chic e non impegna.
E posto che, da persona che in un modo o nell’altro imbratta carte da oltre vent’anni, ancora non riesco a capire cosa ci sia di tanto figo nel dichiararsi romanzieri, poeti o saggisti (io, casomai, provo sempre un certo imbarazzo e senso di inferiorità quando qualcuno mi addita come tale), a me sembra che l’unico effetto di tale inflazione possa essere solo lo scredito totale della categoria, e forse anche la sua fine (il che, per inciso, non è detto che sia un male).
La patente di scrittore, a mio parere, dovrebbe andare a coloro e solo a coloro i quali riescono a campare con i loro diritti d’autore. E’ sicuramente un modo impreciso e forse sbagliato per classificare, ma almeno è chiaro, netto, preciso, e d’emblée farebbe piazza pulita tagliando fuori il 99,99% degli aspiranti al titolo, e rimetterebbe un po’ d’ordine.
A me tutte queste decine di presunti “scrittori” il cui numero di lettori è inferiore a quello delle pagine scritte (il sottoscritto incluso) fanno venire in mente il caro vecchio Don Chisciotte che, convintosi di essere cavaliere a suon di romanzi letti, si imbarca in tragicomiche avventure utili solo a distruggerlo pezzo dopo pezzo. Né le tante botte prese né l’oggettiva evidenza dei fatti (quella, per esempio, di aver combattuto solo contro un branco di pecore e non contro prodi paladini) scalfiscono la sua convinzione; niente arriva a dissuaderlo. Pazzi, per lui, sono tutti gli altri che non riconoscono il suo talento, né vedono gli incantesimi di crudeli mali capaci di far apparire la realtà per ciò che non è.
Ebbene… se nel ‘600 i matti desiderosi di costruirsi un’identità forte si inventavano eroi di cappa e spada, oggi tanti, troppi di noi si armano di penna e tastiera, e, convinti di potersi dire “scrittori dalla trista figura”, rimangono cechi davanti alla realtà dell’avere ben poco da raccontare.
Ma la verità è che, giganti da abbattere o editori da conquistare, sono sempre solo mulini a vento.
(Illustrazione di Crist, dal blog http://cosmoscrist.blogspot.it)