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“Scritture a perdere. La letteratura negli Anni Zero” – Giulio Ferroni

Creato il 29 maggio 2012 da Temperamente

“Scritture a perdere. La letteratura negli Anni Zero” – Giulio Ferroni"Il 16 maggio 2009 faccio la mia parte al Salone di Torino [...]. Gli stand degli editori sono sempre affollati e arrivano al tripudio quando vi si mostra qualche scrittore di successo, specie se è scrittore per così dire, noto soprattutto come personaggio televisivo, comico, giornalista, presentatore, che per l'occasione ha tirato fuori un libro pronto a ben collocarsi nelle classifiche".

Si apre così il saggio di Giulio Ferroni sulla letteratura e sui "letterati" (le virgolette sono d'obbligo) del nostro tempo. Eventi come il Premio Strega e il Salone di Torino, scrive Ferroni - che nel capoluogo piemontese era andato a parlare di Leopardi salvo venir scambiato per un politico -, sono prossimi a dei palcoscenici o a delle passerelle. Ciò in quanto lo scrittore, oggi, è qualcuno che appare, e il libro, di conseguenza, è anch'esso qualcosa che deve innanzitutto saper apparire. Ma se lo scrittore viene concepito come una figura che grazie ai suoi libri si mostra, ne consegue che i modelli comportamentali di cui si fa emblema e portavoce non potranno che essere essi stessi dei modelli scenici, e non già più dei modelli pedagogici o morali: "Si tratta di proiezioni all'esterno di posture narcisistiche, di un riflesso spettacolare che esclude ogni responsabilità del soggetto autore e ogni condivisione di responsabilità con il pubblico".

Insomma, pare proprio che l'attuale "società letteraria" sia una versione in piccolo della società degli anni Zero, riproducendone i (molti) vizi e le (poche) virtù. L'editoria, cioè, finisce per riproporre quegli stessi meccanismi in atto in politica, dove si assiste a una "messa in quarantena della critica". Mettere la critica in quarantena vuol dire che il mercato e il mondo dei media sollecitano, promuovono e producono una letteratura che risponde a effetti che sono in realtà già previsti, predisposti e predeterminati, andando incontro a dei target precostituiti di lettori, non di rado spettatori televisivi a cui è rivolta la comunicazione commerciale. Chissà, forse è per questo che oggi gli "scrittori" sono più numerosi dei lettori e i romanzi sembrano sceneggiature televisive. L'eleganza delle frasi fa posto a delle indicazioni visive nelle quali, senza alcuna ricercatezza per la parola, vengono offerte delle immagini e degli schemi da fiction televisiva più che da romanzo. Quando Ferroni scrive che "abbiamo bisogno di un'ecologia della comunicazione che agisca come ecologia della mente" sembra voler dire proprio che la conformazione mentale degli scrittori fa ormai tutt'uno con quella dei telespettatori, i quali, ingerendo ciò che viene loro propinato, formano, nei loro libri, una sorta di bestiario della cultura popolare, spesso senza capo né coda.

Ho apprezzato questo libro per diversi motivi. Innanzitutto, nella pur depressa produzione libraria italiana, Ferroni vede anche dei segnali positivi, che rintraccia ad esempio nella narrazione breve (romanzi brevi e racconti) e in quella semi-autobiografica dell'autofiction (quando non assertiva e narcisistica). Inoltre, la critica di Ferroni riguarda la produzione letteraria dall'alto come quella dal basso: se "i giornali rivolgono la loro attenzione ai libri che si impilano nelle librerie-supermercato", le "scritture a perdere" non sono solo quelle esibite sotto i riflettori (torinesi e non), ma anche quelle "dell'illimitata prise de la parole dei soggetti evanescenti" che, sempre "connessi" a qualcosa, sono insieme la causa e l'effetto di un infittirsi e sovrapporsi di parole, il cui eccesso allontana sempre più la possibilità dell'ascolto, dello scambio, della partecipazione critica e della riflessione. E il messaggio del libro è proprio questo: quando l'inflazione culturale finisce per convergere con l'invasione della vacuità dei contenuti, quando l'eccesso dei libri e della comunicazione sfocia in un eccesso di produzione e di consumo, allora sarà bene decidersi, in questi anni Dieci, a "Scrivere di meno, scrivere meglio".

Andrea Corona

Giulio Ferroni, Scritture a perdere. La letteratura negli Anni Zero, Laterza,Roma-Bari 2010, 110 pp., € 9,00.


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