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Scrivere di Tex: intervista a Raffaele De Falco

Creato il 14 maggio 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Raffaele De Falco è un saggista, collezionista ed esperto di fumetti. Nella sua lunga esperienza ha collaborato con numerose case editrici italiane, organizzato mostre e scritto saggi critici e storici sul fumetto. Da alcuni anni collabora anche con Lo Spazio Bianco. Qui potete trovare la sua pagina autore con un’estesa biografia e i suoi articoli scritti per LSB.
Nel 2013 Raffaele De Falco ha pubblicato per
Nicola Pesce Editore il saggio – Fiumi di china italiana in deserti americani, di cui potete leggere la recensione curata da Marco D’Angelo per LSB.

Scrivere di Tex

Partiamo da una chicca che emerge dal tuo saggio: se esistono i Texoni è anche merito tuo?
Se esistono i Texoni è merito di Sergio Bonelli. Ha voluto affrontare un rischio editoriale (contrariamente a oggi, al tempo non esistevano le tante “varianti d’albo” su cui si possono leggere le gesta del Ranger – varianti che sono iniziate proprio con questa pubblicazione). Non si sapeva ancora come avrebbero reagito i lettori texiani di allora, notoriamente tradizionalisti e avversi ai cambiamenti. Da parte del suo editore è stato un omaggio al personaggio, al bravissimo Buzzelli, agli appassionati e se io e i miei amici abbiamo dato un contributo, come lettori, nel fargli decidere di fare questa scelta di formato, ne siamo contenti, ma – come detto – il merito va a Sergio e alla sua capacità di unire imprenditorialità e generosità.

Nel saggio racconti Tex, dalla sua “prima volta nelle edicole” ai giorni nostri. E la tua prima volta con Tex quand’è stata? Ricordi la prima storia letta e che tipo di ricordo ne hai?
Come ho detto in altre occasioni, la mia infanzia è stata una continua immersione nelle paginette disegnate. Sin da piccolissimo, ancor prima della scolarizzazione, i miei numerosi zii e una miriade di cugini, di pochi anni più grandi di me, mi lasciavano sfogliare i loro “giornalini”, per cui ho da subito avuto una visione del fumetto molto ampia, sia di generi sia di personaggi. E mi piacevano tutti!
Nel decennio ‘60/’70 mi è passata tra le mani una quantità e varietà indescrivibile di fumeti: da Tarzan e Pecos Bill a Miki e Blek a Batman, Nembo Kid, Topolino, Soldino, Tiramolla… ai personaggi del Giornalino, del Corriere dei Piccoli ecc. e, ovviamente, anche Tex. Ero attirato e affascinato da tutte quelle avventure e, sebbene alcune mi colpissero più di altre (come pure i tanti personaggi di cui seguivo le gesta) tutte erano in qualche modo gradevolmente paritarie. Poi, contestualmente al trasferimento della mia famiglia in un’altra città, mi sono completamente distaccato dai fumetti per un paio d’anni, fino all’inizio degli anni ’70, quando c’è stato il mio secondo anno zero!

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Ero malato e un cugino venne a trovarmi lasciandomi il n. 17 di Devil: Il verdetto è morte!. Ed il n. 122 di Tex: Sulle piste del nord. Quel giorno il virus del fumetto ha sconfitto quello dell’influenza e ne ha preso il posto per sempre! Non sono più guarito!!! Ho ritrovato l’avventura “bonelliana” e a questa si è aggiunta la “spumeggiante” azione dei fumetti Marvel Corno. I supereroi mi divertivano, ammiravo quei disegni spettacolari e la divertente brillantezza dei dialoghi era un piacevole intermezzo in cui il tempo rallentava. Il Tex e gli altri bonelliani erano diversi, erano come un film che vivevo da dentro, per cui la mia attenzione e la mia curiosità trovavano sempre spazio tra quelle pagine e il tempo si dilatava. E, com’è intuibile, ho iniziato a spendere tutti i soldi delle paghette in fumetti che ho cominciato a collezionare e a custodire gelosamente. Compravo di tutto, la “febbre” del medium non aveva il colore di un genere o l’immagine di un singolo personaggio; nonostante ciò, nel corso degli anni, nel profondo, l’avventura bonelliana mi ha sempre dato quel quid di “calore” in più, e il Tex, poi, è sempre stato il più “rovente”!
Intorno ai 15 anni fondai una specie di circolo per appassionati di fumetto e, in una circostanza troppo lunga da raccontare qui, ho conosciuto Sergio Bonelli; ne è nata un’amicizia fraterna che ha fatto sì che il mio coinvolgimento nelle vicende bonelliane diventasse sempre più assiduo. Cosa che ha fatto nascere in me l’interesse per il fumetto non solo come lettore: ho esteso il campo ad operatore del settore e sono diventato fanzinaro, critico, esperto, talent scout, organizzatore di eventi, studioso del fumetto, saggista…

Il saggio è composto di tante sezioni che hanno richiesto un lavoro di ricerca certosino e paziente. In particolare, quale è stato l’aspetto più difficile di questo lavoro?
Il lavoro di ricerca è stato duro, lungo ed estenuante. Ma è stato anche piacevole e allo stesso modo “leggero”. Nel senso che pur dovendo affrontare un caleidoscopio di sezioni e sfaccettature e, quindi, immergermi in una mole di materiale vastissima, mi è venuto naturale e quasi senza sforzo perché ne ero completamente padrone. È stato, per fare un esempio, come quando si deve descrivere un familiare: diventa facile, perché se ne conoscono tutti i pregi e difetti per esperienza vissuta, non ci sono filtri, lacune o difficoltà come ci possono essere nella descrizione di un qualsiasi “conoscente”.
L’aspetto più difficile, nel senso stretto della parola, è stato senza dubbio trovare un modo coerente e piacevolmente descrittivo per porgere il tutto senza cadere nella pesantezza del mero nozionismo e appassionare il lettore con un testo sì completo ma anche scorrevole e gradevole.

Su Tex esisteva già una bibliografia abbastanza nutrita, questo non ti ha spaventato? Cosa ti ha motivato?
Spaventato? Assolutamente no! E perché no? Perché sebbene la bibliografia dedicata al Ranger sia in assoluto la più vasta rispetto a qualsiasi altro character, non ritengo che tale produzione sia “eccessiva”. Anzi, ben ne venga altra di letteratura, se porta dei contributi seri allo studio del prodigio Tex. Apprezzo molta della sterminata biblioteca che è stata dedicata a Tex in questi suoi 65 anni di vita e, sinceramente, mi inorgogliscono e sono felice delle recensioni di autorevoli critici che descrivono il mio libro come “l’opera finale” o il “più completo saggio edito sul personaggio”; ma sono sicuro che il lavoro da me realizzato è solo l’ultimo volume in ordine di tempo. Non è, e non sarà, l’ultimo in assoluto dedicato a Tex.

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Detto ciò, l’idea di realizzare questo volume scaturisce da varie motivazioni.
La prima è una volontà di condivisione: mi ero reso conto che la mia passione per Tex e tutti gli anni di conversazioni con chi faceva parte del mondo texiano, soprattutto con Sergio Bonelli, mi avevano portato ad accumulare una quantità di notizie, informazioni, aneddoti, in sintesi una conoscenza di vicende e fatti che, nella pur ricchissima bibliografia del personaggio, non trovavano molta espressione. Una quantità di conoscenze inedite che, mettendomi nei panni di un appassionato vero, mi sarebbe piaciuto poter leggere e, quindi, era giusto condividerle.
La seconda motivazione è che mi attirava l’idea di poter fornire una visione totale a 360° del “fenomeno Tex”, evidenziando tutti gli aspetti delle sue sfaccettature e cercando di mettere ordine nei vari settori che lo vedono protagonista con la maggior completezza e correttezza di dati possibile.
La terza è una promessa fatta a me stesso che risale al ’94. A un incontro, di un paio d’anni prima, che avevo organizzato e cui partecipava Sergio Bonelli. A un certo punto, caduta la discussione proprio sui tanti lavori letterari ritenuti “incompleti e carenti” dedicati al Ranger, Bonelli chiuse la discussione con un “perché non lo scrive qualcuno di voi un bel libro?”. Nel ’94 pubblicai il libro e all’uscita ottenni tanti apprezzamenti ma, in barba ai tanti plausi ricevuti, a causa delle poche risorse disponibili della Tornado press che lo editò e che non avevano permesso la giusta cura “tecnica” del lavoro, sin da subito mi ripromisi di rimediare. Non m’importava quanto tempo ci sarebbe voluto, avrei dedicato a Tex il meglio, sia nei contenuti sia nella veste grafica.

Il tuo volume analizza e classifica con rigore e precisione tutto l’universo narrativo ed editoriale di Tex. L’idea era proporre al pubblico una guida, una bussola che permettesse al lettore di orientarsi nella storia della testata?
Nessuna velleità d’enciclopedismo da parte mia. L’idea era, ed è, quella di proporre (come direbbe Baker, il giornalista-tipografo!) una cavalcata nella storia temporale del personaggio e del suo mondo senza tralasciare la storia del suo editore e quella che è diventata storia del fumetto italiano. Senza approssimazioni, ma con cura, precisione, dovizia di particolari e rigore nei dati storici e statistici.

Pensi che questo approccio critico-analitico utilizzato per analizzare Tex sia replicabile anche per altri personaggi/testate storiche italiane, al fine di fornire ad appassionati e altri critici degli strumenti di consultazione e ricerca?
Facendo la premessa che di tutto si può fare tutto!
La risposta è ancora quella di prima: nessuna velleità. Non c’è nessuna pretesa di voler fornire un “mezzo infallibile” per la ricerca. Detto ciò e chiarito che questo modo di costruire è semplicemente l’esasperazione del mio modo di fare le cose, che mi diverte e mi appaga. A essere schietti, penso che una “bibbia” possa sì essere una cosa utile da consultare ma anche no! Nel senso che, a mio modo di vedere, quella di creare uno “strumento” non dev’essere una “necessità primaria” nello scrivere un saggio, ma è fondamentale e imprescindibile fare una cosa che si sente e che dia stimoli a chi la legge, non solo dati e numeri insomma. Se poi, come “effetto collaterale” può anche servire come database, o mezzo di consultazione beh! Nulla di male! È un ulteriore motivo di gratificazione.

Intorno a Tex

Nel descrivere le numerose ristampe delle storie, ci sembra che tu abbia colto un dato che finora è stato abbastanza trascurato dalla critica. E cioè che proprio la presenza ciclica di nuove ristampe, oltre che a solleticare la golosità dei collezionisti, ha contribuito a tenere vivo nel tempo il personaggio, facendolo conoscere a diverse generazioni. È così?
Se è certo che i lettori acquisiti con le ristampe sono una minima percentuale e che i passaggi generazionali avvengono con transiti diretti nella serie inedita e con il ricalcare le orme di padri e affini, è anche vero che le ristampe di Tex non sono solo “semplici” ristampe ma rappresentano molto di più di quanto ci si possa immaginare o si possa intendere da un normale punto di vista. Mi dirai che una ristampa è solo una ristampa, una riproposizione di un prodotto già pubblicato. Sì, in effetti, è corretto come concetto editoriale.
Il fatto, però, è che non esiste solo questo tipo d’aspetto, ce ne sono molti altri che non essendo sotto gli occhi o evidenti non portano a pensarci, e non ci si pensa mai, ma sono importantissimi e determinanti: l’emotività, l’umore, l’aspettativa, l’affezione, il feticismo… dei lettori, l’esigenza dell’editore, del mercato… sono fondamentali per una ristampa. Per Tex sin dalla sua primissima “replica” le cicliche ristampe sono tutte scaturite da motivi diversi l’uno dall’altro, mai simili a se stessi e soprattutto mai banali, ma che, come dici tu, hanno avuto ripercussioni importanti come il contribuire a rafforzare “il mito” attraverso le diverse generazioni. Ma oserei persino dire che questo è stato un effetto secondario. Gli effetti più rilevanti sono legati agli aspetti intrinseci, alle motivazioni che hanno portato a ognuna delle singole ristampe. Un esempio per tutti è la nascita del volumetto bonelliano nato proprio con una ristampa!

Sul piano delle vendite, Tex rimane il personaggio di maggior tenuta nelle pubblicazioni Bonelli, ed è anche il miglior superstite di un periodo di florida offerta editoriale nel genere western. Cosa gli ha permesso, a tuo parere, di mantenersi “sempreverde” e superare divari generazionali e mode momentanee?
Perché Tex è Tex! Un eroe fuori da ogni schema precostituito. Simile solo a se stesso e a nessun altro. Entrato nella cultura e nel tessuto sociale, tutti sanno chi è Tex, anche chi non lo legge! Non è il mero rappresentante di un genere. Tex non è nato da una moda del momento ma da un modo di raccontare l’avventura unica e inedita, è figlio di Galleppini e G.L. Bonelli, ed è talmente delineato che autori e lettori lo hanno sempre percepito come una presenza fisica, reale. Non è un caso che Sergio Bonelli lo considerasse e lo trattasse da “fratello maggiore”!

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Tex disegnato da Claudio Villa.

Tex ha una serie di precise peculiarità nel panorama della produzione fumettistica (ma anche cinematografica) western. Considerando anche il titolo del tuo saggio, ritieni che Tex sia l’esito della fusione di due culture, ovvero la base tradizionale del western classico statunitense e una specifica sensibilità italiana/europea? È un “unicum” irripetibile?
Tex sta al western come Rembrandt sta a una tela! Il western è il canovaccio (il genere) dove si muove il nostro ranger e null’altro. Il west a fumetti non è Tex come Tex non è il west, così come non lo sono Blueberry o Ken Parker… Voglio dire che il nostro personaggio non è legato o vincolato dallo sfondo delle sue vignette: è Tex il protagonista principe con l’avventura che è mutuata dall’epopea del west. È questa la sua forza, la sua grandezza, la sua unicità. Tex non è la fusione tra il western classico americano e la sensibilità europea, Tex è la fusione tra le capacità illustrative, il talento grafico di Galep e la sensibilità narrativa, il genio creativo di G.L. Bonelli, una mistura da cui è uscito fuori come la dinamite. È in questo senso che Tex è un unicum irripetibile, come dici tu!
Il titolo: fiumi di china italiana in deserti americani! Sta a sintetizzare la storia di un editore e dei creatori (e di un gruppo di artisti che vi si dedica da decenni) di un’avventura tutta italiana nel mondo dei fumetti dominato dagli americani, di un personaggio, Tex, che è grande tra i grandi…

Tex Factory

Nel corso del volume, nel valutare scrittori e disegnatori tu non fai mancare le tue considerazioni. A livello di sceneggiatura, andiamo lontano dal vero se diciamo che per te il Tex “scritto meglio” resta, ad oggi, quello di Bonelli padre?
Al di là di valutazioni soggettive, che ho cercato di tenere estranee alla stesura del libro (porgendo una scrittura quanto più oggettiva possibile come era giusto che fosse), c’è un dato di fatto: G.L. Bonelli è considerato il più grande degli autori di fumetto, il patriarca del fumetto italiano. Ed è altrettanto noto a tutti che G.L. Bonelli è Tex e che Tex è G.L. Bonelli! Se a questo aggiungi che da solo l’ha scritto ininterrottamente per quasi quarant’anni, capirai che non ci sono e non possono esserci paragoni, giacché il Tex di Bonelli Padre rappresenta il modello, il cliché e, bada bene, con tutti i pregi e i difetti possibili, da cui nasce poi il “resto dei Tex” degli altri autori venuti dopo. In sintesi, il Tex “scritto meglio” lo puoi scegliere tra quelli venuti dopo Bonelli secondo il chi gli si avvicina di più! È un po’ come il voler vestire il David di Michelangelo: chiunque lo faccia è criticabile!

Sempre a proposito degli scrittori, dopo Bonelli Senior, sicuramente quello che ha scritto più a lungo le avventure del Ranger è Claudio Nizzi. Nizzi è stato per tanto tempo il vero artefice della serie, eppure più passa il tempo e più sembra che la valutazione del suo lavoro finisca per dividere critica e pubblico. Che ne pensi?
Uhm! Claudio Nizzi è un talento, uno tra i maggiori professionisti del campo, uno che ha dimostrato d’avere la stoffa regalandoci migliaia di memorabili pagine di fumetti e tra queste alcune indimenticabili storie del Ranger (non è un caso che proprio lui sia stato scelto per sostituire Bonelli padre). Ma, forse, proprio per la grande personalità dell’autore, cui diventa difficile “adattarsi” al creatore del personaggio, il suo Tex non ha vie di mezzo e spacca in due i lettori, a chi piace e a chi no. Il suo Tex è semplicemente il Suo Tex che non è sovrapponibile a quello di Bonelli, ma è frutto della sua sensibilità e personalità d’autore, che si riversa più o meno consciamente nelle proprie opere. Per la critica è come per un film di 007, il vero James Bond è Sean Connery, poi ci sono gli altri, magari grandissimi interpreti, come Roger Moore e via dicendo ma vengono dopo!

Una delle cose su cui viene da riflettere, leggendo il tuo lavoro, è che continuiamo a pensare all’identità visiva di Tex, facendo riferimento alla matrice galleppiniana, ma in effetti, oggi come oggi, il personaggio si è molto trasformato. È provocatorio dire che forse c’è un’intera generazione che conosce meglio il Tex di Ticci e Villa che non quello del suo creatore?
Nessun lettore texiano che si rispetti, grande o piccino che sia, ti dirà di non conoscere Galep. Il Maestro sardo di origini grossetane è stato un idolo per molte generazioni e lo ricordano tutti come il padre visivo di Tex e questo, come direbbe Aquila della Notte, “è puro vangelo”. A conferma c’è quanto detto prima e cioè che attraverso le svariate ristampe che si sono susseguite nel corso degli anni in pratica ogni lettore ha conosciuto Galep e lo ha ammirato. E se è vero che i vari “rinforzi” come Letteri e Nicolò, sia per affinità di segno che per esigenze editoriali (al tempo si riteneva che allontanarsi dal segno di Galep potesse far perdere lettori!), si sono avvicinati molto al suo stile, è altrettanto vero che con l’approdo dell’autore senese alla testata si è entrati in una fase “moderna”, dove tutti quelli che sono venuti dopo di lui l’hanno preso a modello, tutti, inizialmente (lo stesso Villa), hanno guardato Ticci cercando di tenerlo come riferimento. Ormai da diversi anni con un pubblico più maturo da un punto di vista del giudizio anche grafico non c’è più questa paura-esigenza di mantenere l’uniformità di segno, motivo per cui l’editore rispetta di più la personalità e l’individualità grafica di ogni singolo autore. Ciò ha portato al fatto che oggi, vuoi per l’evoluzione grafica di Ticci diventato “incopiabile”, vuoi perché la figura elaborata da Villa è diventata la più rappresentativa, laddove accade, quello preso a “ispirazione” è diventato proprio quello dell’autore comasco.

Da questo punto di vista, l’idea dei “Texoni” di offrire interpretazioni inedite del personaggio ha ancora senso o pensi che sia sorpassato dalla ormai fisiologica alternanza grafica degli albi regolari?
Lo spirito vero del Texone è (nel passato delle origini come nell’attualità dell’oggi): “Un grande disegnatore interpreta un grande

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personaggio”! Non è questione di segno diverso da quello di Galep o di Ticci o di Letteri… quindi, non c’è la ricerca di uno sfoggio d’esercizio grafico semplicisticamente inedito, niente affatto! Molto più concretamente si tratta del solo e puro confronto (dannatamente difficile!) tra due grandi, da una parte un Character diventato icona, dall’altro un Autore di fama mondiale. Un confronto tra giganti, faccia a faccia, come nella più classica delle Main Street sotto il sole di mezzogiorno delle 224 pagine! Ripeto, il Texone non è mai stato una semplice visualizzazione inedita di Tex, oggi, come allora, il personaggio è svincolato dai tratti di pennello che ne tracciano la figura, bisogna andare oltre le linee di china e interpretarne la personalità, l’autorevolezza, la grandissima peculiarità, non basta un foulard al collo, due pistole ai fianchi e una camicia gialla per fare o per far riconoscere Tex, e no!… non è affatto così semplice! Ci vuole ben altro! Il problema è che da sempre è molto difficile far accettare la sfida delle 224 pagine e del confronto con Tex ad Artisti con la A maiuscola e questo, ovviamente, crea parecchie difficoltà.

Parliamo della fortuna multimediale del personaggio. Dal tuo saggio emerge prepotente la differenza tra la smisurata quantità di fiumi di china – come li chiami tu – e invece la risicata quantità di film e altre opere dedicate al personaggio. Come mai a tuo avviso c’è stata una tale sproporzione, nonostante il western sia tutto sommato un genere predisposto a passare da un media all’altro?
In realtà il difficile passaggio da un medium all’altro rappresenta, tutto sommato, la normalità! Raramente la trasposizione cinematografica di un libro lascia contenti i lettori. Lo stesso accade con i fumetti e, a eccezione del fenomeno supereroistico grazie soprattutto agli strabilianti effetti speciali che ne “compensano” le varie pecche, di rado trovano un buon riscontro. Tex, dunque, non fa eccezione e, nonostante la caparbia volontà di G.L. Bonelli di vedere su pellicola il suo eroe, il fallimento quasi totale dell’occasione avuta col duo Tessari-Gemma ha precluso qualsiasi altra possibilità. Per dirla alla fiorentina… l’è stato tutto sbagliato!

Non credi che, alla lunga, questa mancanza di riverberi “multimediali” che invece hanno avuto altri eroi come Diabolik (o persino Colto Maltese, cui sono state dedicate film e serie d’animazione) abbia nuociuto a Tex?
No, non credo si possa parlare di danno. Forse di mancate occasioni! Poiché, come evidenziato dai capitoli dedicati all’argomento, Tex è stato sempre in prima linea nel provare le nuove possibilità di comunicazione: le Figurine (Solaris), i cartoni (Super gulp), i videogiochi (Simulmondo), il Cinema (Tessari e Gemma), la radio (i radio sceneggiati di Traverso)… Semplicemente, a volte o, meglio, spesso, hanno funzionato poco. Le ragioni delle frequenti “tiepide” accoglienze di tali iniziative sono tante: o sono arrivate troppo presto, o ancora chi vi si è dedicato non ci ha creduto abbastanza, o non vi si è impegnato abbastanza! Nonostante ciò, il dato fondamentale permane: Tex è stato e resta il fumetto più venduto e la sua immagine è sempre viva.

Giù dal Fortino

Ci permetti, nel finale di approfittare di un esperto texiano per il tradizionale gioco della Torre, anzi visto il contesto western, del Fortino? Come pard d’avventura per Tex: Tiger Jack o Kit Carson?
Dinamite! È stato quello che lo ha scarrozzato in lungo e in largo per il west, che gli ha salvato la pellaccia un’infinità di volte e non si è mai lamentato della poca biada ricevuta, né ha mai preteso montagne di patatine fritte e bistecche (alte due dita) affogate in boccali di birra fresca!

L’avversario più temibile: Mefisto o Yama?
Loa! Dei tre è sicuramente quella a cui è più difficile “mettere le mani addosso” ed è estremamente mortale quanto bella!

Il comprimario indispensabile: El Morisco o Jim Brandon?
Pat MacRyan è quello che le pensa e soprattutto che le fa di tutti i colori, quando è presente, non c’è scampo per nessuno amici o nemici che siano!

L’insulto più efficace: “Testa di vitello” o “Babbeo vestito a festa”?
“Testa di vitello vestito a festa”! Ma quello che preferisco è: “Razza di pellegrini… Presto vi riunirete ai vostri compari a spalare carbone all’inferno!”

Intervista realizzata via e-mail in data 25 febbraio 2014.

 


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