Io ho sempre scritto cose con cui gli editori non hanno fatto una lira. E questo, alla fine, mi ha dato una grande libertà. Sono tra coloro che ancora pensano alla scrittura come a un atto gratuito: si scrive per passare le serate, per coltivare l’ interiorità, perché la gratuità è fonte di contentezza. Invece ora pare che si scriva soltanto per fare colpo sul pubblico, per vendere copie, avvinghiati ai fatti e all’attualità, perdendo così completamente la dimensione avventurosa della scrittura, la sua potenza immaginativa. Vedi, in fondo scrivere racconti, favole, sonetti, è come spedire delle lettere. Anche se mi rendo conto che non è più tanto chiaro a chi queste lettere sono indirizzate. E poi, a ben vedere, anche qui salta fuori un tratto di ferocia. Perché gli autori si moltiplicano, lo spazio è quello che è, e dunque per esistere devi fare fuori qualcun altro: a cominciare dai banchi della libreria.
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