Oggi pubblichiamo il racconto di Emanuela. Buona lettura.
INCONTRI
di Emanuela Barachetti
“Un mondo pieno di parcheggi affollati, di signore affannate, di occhi iniettati di sofferenza che ti scrutano dentro ma… accidenti! Sai che ti senti meglio dopo esserti lasciato guardare e a tua volta aver provato ad osservare? Senti che la vita è un dono grande, anche se non hai una risposta per tutto, ma un sorriso sì, quello ce l’hai sempre. Un mondo pieno di storie da raccontare”.Riflessioni del 18 maggio, un giorno qualunque, prima di ieri….
“Di nuovo Clinica…. stesso parcheggio di ieri, stesso “parcheggiatore”…. Ciao Ibrahim! – gli dico – Ah!! Ciao signora! Ti ricordi mio nome?! Grazie!! Ancora qui? – Eh sì, avanti e indietro sempre di corsa! – Lui sorride felice e io sfreccio via, sorrido anche io, grata per questo incontro, anche se oggi ho l’aria più stanca e faccio fatica a volare, è come se le ali fossero bagnate e un poco più pesanti, alzarsi in volo non è sempre facile, ma questa è un’altra storia”.
Ieri
“Stesso parcheggio anche stasera, altro “parcheggiatore”…..stessi volti, te ne trovi uno a ogni angolo… Compri qualcosa? Sei carina (funziona sempre!) No grazie, davvero…. – gli sorrido, gli chiedo – Come ti chiami? Da dove vieni? Mohamed, dal Senegal – mi risponde. Poi lo guardo negli occhi, mi cede il cuore, la mano si infila nella borsa, cerco il portafoglio (mi vergogno, è il Vuitton che mi hanno regalato a Natale, Mohamed ci pagherebbe l’affitto di casa per un mese intero, forse, con quel Vuitton…), gli tendo una banconota. Sorride…. – Ti guardo auto, la guardo bene finché torni…. Tranquillo Mohamed, non fa nulla, grazie, scappo, son di corsa – (scappo!!!.. mentre lo dico mi rendo conto che dentro di me forse oggi vorrei scappare via davvero…)
Torno dopo più di un’ora e il parcheggio è quasi vuoto, io stanca morta, oggi è stata una giornata difficile, mi dirigo verso l’auto e lui è lì di fianco, in piedi appoggiato a un palo, degli altri parcheggiatori nemmeno l’ombra, solo lui e la sua bici sgangherata. Ho guardato bene signora, ora vado! Sono sconcertata “Ok grazie Mohamed, ma non ce n’era bisogno, potevi andare!”. Mi scruta in silenzio mentre apro la portiera e poi improvvisamente mi chiede: Tu che lavoro fai? Sono impiegata….. Sei fortunata sai? Hai un lavoro….. Mi coglie un attimo di smarrimento, ammetto: “Hai ragione, è una fortuna davvero avere un lavoro”…. Mohamed piglia la bici e sorridendo va via….torna a casa. Lo osservo allontanarsi finché non scompare dietro l’angolo.
Rifletto… “casa?”…ma dove è la Casa di Mohamed? La parola Casa richiama affetti, la sua donna, forse i figli, sicurezza, rifugio, posto bello, pace, tepore, allegria. Dove sarà tutto questo di Mohamed? In Senegal? In Italia? Ce l’avrà una Casa? Oppure la sua casa è un appartamento che condivide con immigrati come lui, venuti qui in cerca del Paradiso, come lo chiamano Loro…. Si può chiamare casa quello?
E penso al lavoro. Sono fortunata sì. Se hai un lavoro hai Dignità. Hai uno spazio per progettare il tuo futuro. C’è poco da fare, un lavoro fa la differenza. Tra la signora con il Vuitton e l’Opel Corsa, e il “parcheggiatore” con la sua bici sgangherata”.