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Creato il 23 luglio 2013 da Mediadigger @mediadigger

Ha fatto e sta facendo molto discutere la decisione della ministra dell’Istruzione Carrozza, che ha deciso di rinviare ancora di un anno le disposizioni del suo predecessore Profumo riguardo all’introduzione delle  tecnologie e libri di testo digitali nella didattica. .

Avevo parlato per la prima volta del decreto Profumo in un post in cui mi esprimevo in maniera sostanzialmente favorevole, soprattutto in base alle considerazioni sensate fatte da alcuni, secondo le quali era evidente che si forzava la mano, ma in questo ambito era necessario farlo per ottenere qualcosa.

Anche dopo la decisione della Carrozza (che peraltro smentisce) le reazioni sono state immediate e non di rado piuttosto accese: si sono espressi in maniera nettamente contraria personaggi del calibro di Paolo Ferri, Mario Rotta, Luca De Biase, ma non è mancata qualche voce più prudente (come per esempio quella di Mariangela Vaglio aka @Galatea sul suo blog nell’Espresso).

Da parte mia, rispetto a quanto scrissi nel mio post sopra menzionato, ho maturato un’opinione meno – direi – emotiva nei confronti del digitale e più razionale rispetto alle effettive capacità e caratteristiche evolutive dei tre soggetti coinvolti: scuole, insegnanti, editori.

Si tratta di tre soggetti sostanzialmente timidi (per dirla con un eufemismo) nei confronti del digitale, ognuno per ragioni sue, ma tutti accomunati da un timor panico irrazionale che non permette di andare oltre l’orizzonte di un semestre.

Dall’altra parte, spiace ancora vedere il dibattito incentrato sulla sterile contrapposizione libro cartaceo vs. digitale (tablet e affini). Forse sarebbe tempo di deporre le armi, i pregiudizi e gli stereotipi, sgomberare molti equivoci sulla questione e, allo stesso tempo, definire le priorità in modo sensato.

Gli equivoci derivano soprattutto dale scorie tossiche del suddetto manicheismo e da una polarizzazione che ha forzato i termini e i processi; le priorità, almeno per il Ministero, dovrebbero seguire un filo che dalla pedagogia va alla tecnologia e non viceversa, come invece mi sembra che il decreto Profumo intedesse fare.

Molto sensato ho trovato infine questo breve ma incisivo intervento che a mio parere mette in luce almeno un paio di punti su cui vale la pena soffermarsi per dare una consistenza maggiore al dibattito: il primo è che non si chiede di “passare a una nuova tecnologia di pubblicazione, ma a una trasformazione radicale della logica editoriale nel suo complesso: maggiore accessibilità da parte dei lettori e minore voracità da parte degli editori.”  Il secondo punto che mi sembra importante è il fatto che quando si parla di ebook o di materiale didattico digitale si pensa ancora a qualcosa che, in linea di massima, replica la forma del cartaceo, in una mimesi da un certo punto di vista quasi fisiologica (se si può usare questo termine in ambito tecnologico), ma che sarebbe anche tempo di iniziare a superare.

Intanto, tutto slitta al 2015,  quando magari anche il tablet sarà già considerato obsoleto.


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