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Se ascolto Wagner mi viene voglia di invadere la Polonia

Creato il 01 gennaio 2011 da Silvanascricci @silvanascricci

Se ascolto Wagner mi viene voglia di invadere la Polonia

Nelle nostre vite, come in quelle di tutti, ci sono poche o pochissime certezze.

Una di queste, come l’influenza stagionale, è il concerto di Capodanno da Vienna, con i suoi valzer un poco demodè, con le immagini di Schonbrunn, e con la marcia di Radetzky.

Ogni anno vediamo un improbabile pubblico divertirsi come bambini in gita, battendo le mani a tempo ed un direttore d’orchestra giocare con le note libero dai paludamenti tradizionali e non ingessato dai rituali classici.

Ma qualcuno ha proposto di eliminarlo, o quantomeno, di eliminare la tradizionale “Marcia di Radetzky”, che chiude il concerto; marcia che per noi italiani significa ricordare l’oppressione subita dall’impero austroungarico.

“Perché mai noi italiani dovremmo iniziare il nuovo anno ascoltando orchestre e direttori suonare la Marcia di Radetzky mentre battiamo allegri le mani? Perché cominciare il 2011, e le celebrazioni per i 150 anni della nostra identità nazionale, rendendo omaggio a Josef Radetzky, il feldmaresciallo austriaco che nella battaglia di Curtatone massacrò centinaia di studenti toscani venuti a combattere per l’indipendenza? Che a Custoza umiliò il re Carlo Alberto, poi assediò e vinse per fame e colera la Repubblica veneziana del 1849 e, nominato Governatore generale del Lombardo Veneto, fece eseguire mille condanne a morte di patrioti e diede l’ordine di bastonare in pubblico e di saccheggiare le case e i palazzi di chi era sospettato di aver simpatizzato con i primi moti del Risorgimento? Come se i francesi celebrassero Bismarck, o i polacchi Stalin”.

Questo si chiede Sandro Cappelletto su La Stampa di qualche giorno fa.

Dal momento che il concerto si tiene a Vienna la vedo durissima convincere gli austriaci a non suonare quello che pare a loro, al massimo potremmo non comprare più i diritti per la trasmissione.

Inoltre vorrei sapere quanti sono quelli che, ascoltando il concerto, ricordano e sentono ancora nelle viscere l’onta e le angherie subite per ordine degli Asburgo, in un paese che non ricorda neppure quello che è successo il giorno prima, un paese che ha fatto “di Franza o de Spagna, purchè se magna” il suo motto.

Chissà, poi, se Cappelletto si è posto il problema di quale unità d’Italia stia parlando, dal momento che siamo in un’epoca in cui molti, che siedono al governo ed in parlamento, intendono pulirsi le parti intime con il vessillo tricolore ed aspirano a disunire il paese in un federalismo individualista e menefreghista, con o senza marcette austriache.

Non contento di simile trovata, Cappelletto propone poi un altro tema per le celebrazioni.

“Un tema forse a noi più caro e che meglio potrebbe rappresentarci è la ‘Marcetta’ di Nino Rota, composta per la scena finale di ’8½’ di Federico Fellini”.

Complimenti, questa sì che la vedo benissimo come metafora del paese che siamo: tutti in cerchio a correre intorno al nulla, uniti in una danza senza inizio e senza fine.

A me questa mania di essere politicamente corretti, soprattutto nelle cose meno importanti, sta facendo venire l’orticaria; applicarla poi anche alla musica…

Anche perchè  il metro di valutazione di ciò che sia opportuno o meno emendare dall’ascolto, è il politicamente corretto, risulta alquanto limitante, rischieremmo di ascoltare quasi nulla, a meno chè non venga anche a voi voglia di invadere la Polonia quando ascoltate Wagner.



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