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Non si tratta di determinismo storico e neppure di fatalismo.
Banalmente quanto avviene in campo scientifico e sociale, il più delle volte, è inevitabile.
Si ha un bel dire "se...". Certo: "se...". Però non è andata così.
Le grandi scoperte, come le minori e spesso non meno importanti, avvengono quando sono mature le condizioni del loro accadere. Non a caso molte volte hanno più padri che se ne contendono l'originalità. Il "genio" precorritore dei tempi, sempre che sia esistito, è una rarità in via d'estinzione ora che tutto è interconnesso.
Anche gli storici sconvolgimenti che hanno cambiato le sorti del mondo sono stati considerati "evitabili" solo a posteriori. Non che questo ne dimostri l'ineluttabilità. Diversi comportamenti individuali e collettivi, avrebbero potuto modificarne il corso quando non addirittura scongiurarne le conseguenze maggiormente catastrofiche. Magari qualcuno, inascoltato, aveva pure segnalato pericoli e indicato vie diverse da percorrere, ma tant'è.
I passatisti che detestano ogni novità e si chiudono nella difesa "dei bei tempi andati" (che per lo più erano anche peggiori di quelli correnti), comprensibilmente sono in buona parte anziani. La nostalgia per la perduta gioventù in un mondo sempre più a misura di giovani (anche se a detenere il potere reale, quello dei soldi e dell'influenza politica, restano i vecchi) spinge inesorabilmente a considerare il passato migliore del presente. È illusione diffusa, figlia di un futuro ignoto e pericoloso in un'epoca di scarso ottimismo.
Esaurite molte granitiche certezze resta la relatività delle scelte, sempre meno convinte e condivise.
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