Recentemente è stato presentata la prima traduzione in dialetto lombardo occidentale del celeberrimo “Dracula” di Bram Stoker.
Il traduttore è Lorenz Banfi (al secolo Lorenzo Banfi), già fondatore dell’Associazione Terra Insubre e autore di una traduzione de “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry in dialetto lombardo.
Questa volta Banfi si è cimentato nella difficile operazione di far parlare il Principe della Notte in lombardo, anche mescolando i vari dialetti per rendere più efficacemente gli slang parlati dalle diverse classi sociali nell’opera originale.
L’intento è quello di continuare a trattare il dialetto come una lingua viva.
Uno dei limiti di molti appassionati di dialetto, oltre ad indulgere in una rievocazione eccessivamente nostalgica (e talora francamente stucchevole) “del bel tempo andato”, è infatti quella di impegnare le energie in una sorta di musealizzazione della lingua. Lo scrivere dizionari e grammatiche, se non è accompagnato da un uso reale, equivale a fossilizzare e mettere in vetrina una lingua morta.
Perciò, al di là dei risultati (ma non ho avuto modo di leggere la traduzione di Banfi, per cui mi astengo da ogni giudizio di merito), credo che operazioni come questa possano essere utili per fare in modo che le persone, in particolar modo i giovani, continuino a leggere e parlare il dialetto. E tradurre in una parlata locale le vicende di un non morto può essere un modo di riaffermare la vitalità di questa lingua.
In ogni caso, vi confesso, sono curioso di leggere la traduzione in dialetto (la immagino) delle terribili parole pronunciate dal Vampiro per antonomasia, “the blood is life” (il sangue è la vita)…
A proposito di leggende e dialetto, vi consiglio di ascoltare questa canzone di Davide Van De Sfroos, dedicata alla mitica figura di Guglielmo Tell e del suo meno celebre figlio...