«Credo che non ci sarà una bancarotta dello stato in Grecia. La Grecia deve fare molte riforme importanti e questo creerà sofferenza. Ma tutti pensano che il governo greco stia facendo ciò che è necessario. Non ha senso speculare sull'uscita della Grecia dall'euro. Sarebbe un grave danno per la Grecia e per l'euro». Wolfgang Schaeuble.Soffrire, bestemmiare forse, maledire il giorno in cui ci siamo consegnati mani e piedi a una economia e una finanza che creano sofferenza - e lo fa così, in modo spudorato, non usando neanche più la parola sacrifici, dietro la quale, di solito, i politici si nascondono per far credere al popolo che essi siano pratiche necessarie per placare la collera del dio mercato. È sparito ogni alibi pseudo-religioso: se le riforme non creeranno sofferenza nel corpo del popolo, non saranno efficaci. Senza tribolazioni e patimenti non si ottiene nulla, insomma.
Lungi da me paragonare l'attuale governo democratico della Repubblica Federale tedesca, al governo nazionalsocialista guidato da Hitler. Non è questo il punto. È che, in Europa, nonostante da sessant'anni viviamo dentro una bolla di pace (e relativo benessere), adesso come allora, non v'è alcun ministro francese, o italiano, od olandese, o spagnolo, eccetera, che abbia il coraggio di andare a muso duro dal Cancelliere tedesco a dirgli: «O scompare questa politica economica del cazzo che privilegia gli interessi del capitale e crea sofferenza ai popoli d'Europa, oppure Auf Wiedersehen, continua da sola Germania nella tua strada di gigante economico e nano politico. Pur essendo la nazione più grande e popolosa di tutta Europa, il tuo mercato interno non sarà più sufficiente ad assorbire l'enorme capacità produttiva che possiedi - e questo creerà sofferenza anche dalle tue parti pacificate dal cospicuo plusvalore che tale situazione determina».Ecco, nonostante i timidi discorsini dei rigorosi primi ministri latini, la Germania sarà fermata soltanto quando sarà troppo, troppo tardi.*Discorso a un gruppo selezionato di giornalisti tedeschi, 5 aprile 1940, quattro giorni prima dell'invasione nazista della Norvegia. Citazione trovata in Barbarba Spinelli, Il sonno della memoria, Mondadori, Milano 2001.