Magazine Attualità

Se i repubblicani non vogliono Donald Trump

Creato il 05 marzo 2016 da Retrò Online Magazine @retr_online

Brokered convention: se i repubblicani non vogliono Donald Trump

Donald Trump
Donald Trump Credits:
Michael Vadon/Flickr/CC BY-SA 2.0

Dopo la schiaccinate vittoria di Donald Trump nel Super Martedì – oggi si vota in altri 5 stati -, la sua corsa sembra inarrestabile e i vertici del Partito Repubblicano sono sempre più preoccupati e impotenti. Ogni strategia messa in atto per contrastarlo non ha portato a nulla. Jeb Bush annichilito da una campagna neanche partita, Marco Rubio di bella presenza ma insignificante quasi dappertutto, Jonh Kasich, l’Obama repubblicano, alla fine non è pervenuto. Nessun serrate le fila, nessun richiamo ai valori e alle ideologie repubblicane è servito a placare quella parte dell’elettorato di destra che, alla fine, ha scelto Donald Trump consegnando al tycoon di New York sette stati nel Super Martedì.

Nemmeno scomodare Mitt Romney è servito a nulla, e ora l’unico vero candidato capace di fermare Trump è Ted Cruz. Numeri alla mano, è stata la vittoria di Cruz nel “suo” Texas a dare una rallentata alla corsa di Donald Trump: il Texas, con i suoi 155 delegati, è uno degli stati chiave per la nomination: Cruz ne ha portati a casa 99, Trump 38. Così i vertici del partito tirano il fiato, ma per poco.

Quali possano essere le prossime mosse per arginare l’uragano Donald Trump non è chiaro. I prossimi appuntamenti elettorali sono piuttosto piccoli, ma il 15 marzo si vota in diversi stati importanti: Florida, Illinois, North Carolina e Ohio. Ora, Rubio è Senatore dello Stato della Florida, mentre Jon Kasich è governatore dell’Ohio, due stati “Winner-Takes-All”, ossia dove il candidato che vince prende tutti i delegati in blocco. Facendo i conti, se Rubio riuscisse a strappare la Florida (magari con un aiutino di Jeb Bush, ex governatore) e Kasich l’Ohio, rispettivamente 99 e 66 delegati, Donald Trump non riuscirebbe a ottenere la maggioranza assoluta prima della Convention di Cleveland. Ma cosa succederebbe a quel punto?

Brokered Convention

Sembra che la strategia sia quindi quella di strappare a Donald Trump ogni delegato possibile. In questo modo, anche se lui uscisse dalle primarie come vincitore, avrebbe solo la maggioranza relativa dei delegati alla Convention. Normalmente la Convention è un passaggio più che altro formale, che serve a ratificare la nomination del candidato vincitore. Ma nel caso in cui nessun candidato abbia raggiunto la maggioranza assoluta dei candidati si procede ad una brokered convention, una Convention “di mediazione”. Nella prima chimata al voto tutti i delegati devono votare per il proprio candidato. Se nessuno ottiene la maggioranza, dalla votazione successiva sono “liberi”, ossia possono votare per qualunque candidato si sia presentato alle primarie e non, facendo confluire il proprio voto su altri nomi.

Un po’ di storia

Donald Trump

Credits: William Fitz-Patrick/wiki/public domain

L’eventualità che le primarie non consegnino al partito un vincitore chiaro si è già verificata diverse volte.

Nel 1976, le primarie repubblicane vedono contrapposti il Presidente uscente Gerald Ford (che aveva giurato come Presidente dopo le dimissioni di Nixon) e Ronald Regan. Nonostante Ford fosse in vantaggio, non aveva la maggioranza assoluta dei delegati, e si procedette ad una brokered convention. Ford riuscì a quel punto a strappare la nomination a Regan, anche se le elezioni le vinse il democratico Jimmy Carter (Regan sarebbe diventato Presidente il giro successivo, nel 1981).

Più recentemente, nel 1988 dalle primarie democratiche non emerse un palese vincitore. Dopo una brokered convention venne scelto il candidato che aveva conseguito il consenso più esteso nella nazione, Michael Dukakis. Le elezione vennero poi vinte da George H. W. Bush. 

Cleveland 2016

Se si andasse in una brokered convention, chi ne uscirebbe vincitore? Difficile a dirsi. Improbabile che i voti di candidati moderati come Rubio e Kasich finiscono ad ingrossare le fila di Cruz, anch’egli mal visto dai vertici del partito. Potrebbe emergere una candidatura istituzionale come quella di Paul Ryan, giovane Presidente della Camera dei Rappresentanti. Si potrebbe addirittura assistere ad un ritorno di fiamma di Mitt Romney, anche se molto improbabile. Il rischio più grande sarebbe però quello di una Convention che consegni un partito spaccato o, peggio ancora, una Convention incapace di eleggere un candidato presidente.

Dopo anni passati a dar voce alle frange più estreme del partito, dagli ultra-religiosi al Tea Party, il Partito Repubblicano pare vivere una profonda crisi di identità politica ed ideologica. Forse Donald Trump, più che la causa del problema, è il suo effetto.

Tags:Bush,Cruz,Donald Trump,primarie americane,Primarie USA,Rubio,USA Next post

Articolo piu recente.

Related Posts

BlogMedio OrientePrima PaginaReportageSiria

Vertice europeo sulla Siria. La tregua regge. La fiducia dell’Onu

AttualitàMondoPolitica

Primarie americane: una guida ai termini

BlogMedio OrientePrima PaginaReportageSiria

Chi combatte Assad nei giorni della tregua?

BlogMedio OrientePrima PaginaReportageSiria

Nessuna Siria oltre la tregua. La strategia federale di Mosca


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog