Pensieri rasoterra:
Ogni politico, quando le cose vano bene, sente la viscerale urgenza di metterci la faccia. E il nuovo rampollo dell’Italia che cambia verso, scortato dalla solita ridda di economisti di grido, non fa certo eccezione. E’ tutto un giubilo di dati, di conti, il falò delle astrazioni della physis. Dopo più di tre anni, nel primo trimestre del 2014, stima l'Istat nella Nota mensile sull'andamento dell'economia italiana, il Pil tornerà a crescere nella grandezza record di 0,1%. Questo perché, prestando sempre ascolto ai realisti dell’astrazione numerica: “i segnali positivi si rafforzano”.
Eppure, lasciando stare gli entusiasmi, quei miglioramenti del Pil nascondono i tecnicismi acrobatici di un baro (un po’ come l’uomo del sottosuolo di Dostoevskij sentiva l’urgenza di truffare i suoi simili, e con essi pure sé stesso: “l’uomo è talmente attaccato al sistema e alla deduzione astratta che sarebbe pronto ad alterare premeditante la verità, e pronto a non vedere vedendo e non udire udendo, pur di giustificare la propria logica”). L’Istat, infatti, in ottemperanza alle nuove modalità di calcolo del Pil previste da Eurostat (Sec2010), ha provveduto a ricalcolare, a partire dal settembre 2014, il Prodotto Interno Lordo dell’Italia, includendo nelle misurazioni alcune componenti delle attività criminali, quali il contrabbando, la prostituzione e lo spaccio di droga. E così, improvvisamente, ci scopriamo tutti “nuovamente” ricchi e circondati dal benessere (ma soprattutto, grazie agli artifici matematici, cala anche il debito!). Tuttavia, questa modifica delle modalità di calcolo, oltre ad essere un’esemplificativa istantanea sulla malafede dei politici, dei tecnici, e dei professionisti della ragione in generale, sembra prestarsi anche ad ulteriori rivelazioni. I tecnocrati della finanza, avendo voluto dare pure una mano ai rapporti deficit/pil, pil/debito dei paesi più esposti alla crisi, hanno inconsapevolmente anche scoperto le loro carte, mostrando come ogni scientificità sia solo una proiezione soggettiva. La storia del pensiero logico è lunga, ma soprattutto a partire dal Saggiatore del “nostro” Galileo si gettarono le basi per la nascita di questo dominio scientifico-tecnico in salsa positivista. L’eretico ravveduto dalla doppia religione, postulando che il libro dell’universo fosse scritto esclusivamente in “lingua matematica”, riduceva implicitamente il contenuto del reale a soli corpi estesi, a quantità misurabili (da quel momento, come capirà l’altro raffinato del cogito Cartesio, tutto è estensione quantificabile). Il solito bisogno di quantificare ciò che non si lascia imprigionare in uno schema razionale per poterlo prevedere e controllare; in fondo, ciò che si conosce, o ci s’illude di conoscere, non spaventa. Per dirla con Musil: “i razionalisti sono dei violenti che non dispongono di un esercito e perciò s’impadroniscono del mondo rinchiudendolo in un sistema”.
Da questo punto di vista, il sistema galileiano ipotetico deduttivo, mostra perfettamente come ciò che vorrebbe darsi basi solide, empiriche (esperimenti), sia invece solo frutto dell’astrazione razionale, o peggio della volontà di farsi dare ragione proprio da quella prova sperimentale es-cogitata ad hoc per l’autocompiacimento del proprio gusto razionale. Quell’esperimento, infatti, dovendo provare anzitutto un’ipotesi posta soggettivamente per giustificare un metodo altrettanto arbitrario, dimostra che l’unica verità che la scienza può fornire è una realtà soggettiva: porre un principio arbitrario per far tornare infine i “propri” conti. In fondo, anche il caso del repentino mutamento delle basi di calcolo del Pil, mostra esemplarmente questa soggettività scientifica. Infatti, checché ne dica l’astrazione del Pil, non stiamo “real-mente” meglio di ieri, ma se almeno i numeri ci danno ragione, siamo certi che stiamo davvero andando a puttane.