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Da giorni il principale argomento del dibattito politico italiano è se Bersani e Fini debbano o meno partecipare alla seconda puntata del programma di Fazio e Saviano. Non so se sono visionario o se il mio televisore riceve strane frequenze emesse da una fantasia perversa, ma visto e considerato che Bersani e Fini sono già ovunque (ci manca solo di vederli dentro "Un posto al sole" e poi il quadro è completo), faccio parecchia fatica a comprendere le ragioni di tutto questo parlare a vuoto.
Mi sembrerebbe più interessante, invece, visto che ci si vuole proprio occupare degli ospiti di Fabio Fazio, chiedersi come mai a sedersi sulla poltroncina fantozziana di “Che tempo che fa” siano sempre quegli scrittori di grido che, riscuotendo un successo enorme indipendentemente dalle loro apparizioni televisive, meno avrebbero bisogno della vetrina letteraria più influente in fatto di copie vendute.
Capisco la necessità di fare audience con nomi altisonanti e amati da un’enorme fetta di consumatori di libri, e mi rendo conto che la tivù, anche quando cerca di elevare i propri contenuti uscendo dal becero standard, ha bisogno di personaggi in grado di garantire un certo ritorno agli investitori pubblicitari. Ma ciò non toglie che, anziché sbrodolare complimenti e slinguate a Giorgio Faletti, un uomo potente come Fabio Fazio, considerato che gli piace far la parte del pioniere coraggioso, dimostrerebbe molta più personalità e spirito di avventura invitando qualche scrittore poco conosciuto, poco venduto, non sorretto da schiere di fans e da uffici stampa in grado di posizionare bene le loro pedine.
Di romanzieri nell’ombra più bravi e interessanti di Giorgio Faletti ne esistono a centinaia, e certo nelle mie parole c’è un forte retrogusto di interesse personale, ma credo che trasmissioni così seguite e così capaci di generare mercato avrebbero il dovere di azzardare qualcosa di nuovo, anziché il solito thriller di un ex cabarettista tivù (che, sarà un caso, ma lancia un libro intitolato “Appunti di un venditore di donne” subito dopo il planetario successo di “Uomini che odiano le donne”, e basta leggere le sinossi dei due libri per capire come il successo a colpo sicuro si costruisca rimescolando spudoratamente sempre gli stessi ingredienti).
Certo è chiaro che personaggioni e personaggini andrebbero alternati, perché con una trasmissione di sconosciuti che non sia un reality o un talent anche Fazio farebbe assai poca strada, ma io credo che se tra un Umberto Eco e uno Ian McEwan si rischiasse l’azzardo ti ospitare anche qualche esordiente che si ritiene altrettanto meritevole, il programma potrebbe assomigliare almeno alla lontana a quelli che nell’800 erano i salotti letterari, dove certo si facevano tante chiacchiere inutili, ma in cui spesso la noia ed il tedio scatenavano la ricerca bramosa di una nuova voce che quelle chiacchiere inutili sapesse almeno articolarle con parole nuove.
Altrimenti è la solita fiera del libro da mercato, il solito teatrino messo in piedi a favore dei potenti. Altrimenti il tempo che fa è sempre il solito, noioso sereno variabile.