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SE INSEGUI DUE CONIGLI, LI PERDERAI ENTRAMBI - Con l’assenso dell’opposizione i giochi sul Trasporto Pubblico in Campania sono già fatti
Creato il 15 maggio 2012 da Ciro_pastoreSindacati che si attardano in diatribe e divisioni SE INSEGUI DUE CONIGLI, LI PERDERAI ENTRAMBI Con l’assenso dell’opposizione i giochi sul Trasporto Pubblico in Campania sono già fatti Il proverbio richiamato nel titolo – attribuito ad una tribù indiana – è capace di illustrare in maniera sintetica, ma fortemente immaginifica, la situazione in cui si dibattono i sindacati. Soprattutto a livello aziendale, tutte le sigle sindacali (nessuna esclusa) tentano disperatamente di inseguire due obiettivi che, logicamente e tatticamente, non possono essere raggiunti contemporaneamente. I due metaforici conigli che i sindacati inseguono, in una prateria piena di trabocchetti, sono, da una parte, l’apparente volontà di “proteggere” i livelli occupazionali e retributivi dei lavoratori e, dall’altra, la consapevolezza che i giochi sono stati già chiusi, ben al di sopra e molto al di là delle loro teste. In questa impossibile impresa di inseguire i due vispi conigli, i sindacati scontano, peraltro, anche la cattiva condizione atletica e l’imbolsimento prodotti da anni ed anni di tranquillo consociativismo. Il “cusciamiento” (dal napoletano cusciare = strofinarsi vicendevolmente le gambe fra fidanzati sorvegliati da genitori moralisti) a cui si erano abituati nei decenni delle vacche obese, oggi non è più praticabile. I tempi sono duri e chi ha perso l’abitudine alla lotta seria non ha più la forza né gli strumenti per battersi onorevolmente. In queste ore, tutte le sigle sindacali inscenano il rito macabro delle assemblee aperte a tutti i lavoratori. Intento apparentemente lodevole di coinvolgerli nelle decisioni importanti. Peccato, che ciò avvenga con colpevole ritardo e, soprattutto, senza uno straccio di linea unitaria. Anche di fronte ad una situazione estremamente critica, infatti, nessuna unità fra le varie sigle sindacali. Unità che, quanto meno per motivi tattici, dovrebbe essere la conditio sine qua non per sperare in un improbabile dietrofront su decisioni che paiono, a dir il vero, irrevocabili. Quindi, i sindacati – divisi su tutto – sembrano come lo stolto cacciatore di conigli che, invece di concentrarsi su una sola preda, si fa prendere dalla bramosia di catturarli entrambi, non avendo né il fisico (la massa critica unitaria) né l’intelligenza (una proposta unitaria seriamente praticabile) per raggiungere il duplice scopo. E così, vanno in scena stancamente, come in un rito pagano, i soliti copioni di questi eventi catartici che sono le assemblee sindacali. Un po’ simili alle riunioni condominiali, in cui lo scaltro amministratore lascia sfogare i soliti parolai, ben sapendo che alla fine (dopo ore ed ore di fiumi di parole inutili) passerà la sua proposta. Così si assiste alla classica pantomima della finta democrazia partecipativa, in cui nominalmente tutti hanno il diritto di dire la propria, ma pochi, anzi pochissimi, decidono. Risultato finale? Si parla per ore di tutto, e del suo contrario, si liberano i peggiori istinti fratricidi e corporativi, si assiste a qualche sfoggio di cultura vetero assembleare e si finisce, stanchi e debilitati, per accettare qualsiasi soluzione che ci liberi da tanto inutile strazio. Ma cosa se ne ricava dal punto di vista pratico? Nulla o quasi. I lavoratori, partiti baldanzosi, quasi sempre escono da queste sfiancanti maratone verbali con la sensazione di un’impotenza ogni volta amplificata da un quadro reale sempre più in evoluzione negativa. È vero, Giorgio Gaber ci ammoniva, in uno dei suoi migliori capolavori, che “la libertà è partecipazione” ( http://www.youtube.com/watch?v=WYAIgWu_VXI ) ma la partecipazione va strutturata, va incanalata, va preparata. La partecipazione deve anticipare le scelte, non può essere usata come strumentale scudo protettivo quando le scelte sono già state prese, coinvolgendo i cittadini (lavoratori in questo caso) quando se ne teme la reazione inconsulta ma giustificata. Insomma, la partecipazione deve essere un metodo, non un’ancora di salvezza per “pararsi il culo ”. Oggi, peraltro, la rassegna stampa era ricca di interviste, a politici e manager, relativamente agli sviluppi immediati della vicenda EAV, così come delineata dalla famosa delibera del 4 maggio. Ebbene, non sorprende affatto, che anche il Segretario Regionale del Partito Democratico, principale partito di opposizione (?) in Consiglio Regionale, dichiari in merito alla vicenda trasporti: “subito la liberalizzazione e l’ingresso dei privati”. Insomma, il PD scavalca a destra tutti i liberisti e si fa paladino di una strategia che, in altri tempi, sarebbe stata appannaggio unico di qualche sparuto gruppo di intellettuali destrorsi. E’ vero che Gramsci e Berlinguer riposano in pace sotto metri di terra e che il PD tutto è tranne che un partito di sinistra radicale, ma rubare il mestiere ai liberisti del PDL mi pare troppo, pure per dei socialdemocratici all’acqua di rose. Intendiamoci, personalmente non ho nulla contro le liberalizzazioni e le privatizzazioni: tutto dipende da come si fanno e con quali tutele e garanzie per cittadini e lavoratori.La chiamata al senso di responsabilità dell’opposizione, che Caldoro ha fatto nei giorni scorsi (e che anche oggi ribadisce sui quotidiani), non deve trasformarsi in semplice spartizione del potere, completamente svincolata da ogni graduale processo di riallineamento del quadro politico. Sembrerebbe, infatti, che il PD campano, ancora nostalgico del periodo di assolutismo bassoliniano, senta il vuoto di potere di questi due anni come un’insanabile ferita narcisistica. Due anni lontani dalle stanze dei bottoni possono far perdere il controllo di sé e, questo, Caldoro e i suoi “consiglieri”, lo sanno benissimo. Ed allora eccolo, suadente e mellifluo, blandire i bassi istinti delle frange centriste del PD (ma non solo) che, attirate, come mosche su fumanti escrementi, si aggirano fameliche in cerca di qualche comoda “poltrona” da far fruttare. Tutto ciò, ovviamente, sulla scorta di un rinnovato senso di responsabilità, con l’obiettivo di salvare il TPL (bla bla bla). Nel frattempo, i lavoratori vengono sballottati da un’assemblea sindacale all’altra, uscendone ogni volta più fiaccati nell’orgoglio, e con un senso d’impotenza individuale sempre più marcato. È proprio su questo indebolimento, peraltro, che conta chi, nelle alte sfere sindacali e politiche, ha già chiuso la partita da un bel pezzo, per realizzare senza contrasti il progetto. Restano, infatti, da definire solo i dettagli: gestione in house o nascita di una joint venture fra EAV e TRENITALIA (60 e 40%, per ora). Ma con il consenso-assenso di tutti decision makers (politica, sindacati e manager) il gioco della scissione andrà avanti. Questa soluzione, che io ho definito eufemisticamente bad company mascherata , gode del beneplacito anche di banche e grandi fornitori. Solo questa soluzione, infatti, garantisce a chi deve riscuotere di poter rientrare dei propri capitali. Quindi, amici cari, rassegnatevi. E per ritornare alla metafora iniziale, non fatevi infinocchiare da illusionisti che tirano fuori il coniglio dal cilindro: il coniglio è morto. Ciro Pastore – Il Signore dei Conigli LEGGIMI ANCHE SU http://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.com/
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