Credo che si stia superando ogni limite di decenza e ci si stia avviando verso un nuovo medioevo.
Lo spunto per questo post mi è venuto dalla lettura di questo terribile articolo di Antonio Socci che paragona Yara Gambirasio a Maria Goretti.
Non è tanto il paragone ad offendermi quanto la motivazione: ossia essere disposti a morire per preservare purezza e verginità.
La veriginità assunta come valore assoluto, come metro di paragone per la santità; trovo sconvolgente che si possa pensare di insegnare a ragazzine di 12-13 anni a rischiare o sacrificare la vita per mantenere intatto un pezzetto di carne chiamato imene.
Questa di Socci, ritengo sia, un’ulteriore strumentalizzazione del corpo della donna che deve essere preservato nella sua virginale integrità fisica piuttosto che nella sua dignità di persona (non mi risulta che Socci abbia mai proposto la beatificazione di donne vittime di stupro ma che non hanno avuto la “fortuna” del sacrificio); la stessa strumentalizzazione che, in segno opposto e convergente, si fa con la mercificazione, l’esposizione e l’utilizzo dei corpi femminili.
Avesse detto Socci che andava santificata in quanto vittima di un atto di malvagità mi sarebbe anche stato, tirando molto sulle mie convinzione, bene (sebbene, allora, bisognerebbe santificare anche tutti coloro che sono vittime di qualunque violenza).
Sebbene io non sia credente mi fa orrore l’idea di un cattolicesimo che pretende il sacrificio umano per l’integrità sessuale del corpo ancor prima che per l’integrità delle idee e delle convinzioni.
Credo che questa ragazzina, come tutte le vittime, abbiano bisogno non tanto di una beatificazione che pare andare meglio per le nostre coscienze che per le loro vicende quanto, piuttosto, di una giustizia che punisca il colpevole.