C’è chi può e chi non può. C’è chi può trattare cronaca nera col consenso e approvazione generale e c’è chi appena si avvicina viene accusato di morbosità, di cinismo, di tv spazzatura, di voyerismo macabro. E così mentre la vita in diretta, il salotto di Vespa e quarto grado vengono messi all’indice (sulla D’urso non infierisco) la Leosini di storie maledette viene invece accolta tra fanfare e lanci di coriandoli. I social nei confronti della Leosini registrano un alto consenso laddove gli ascolti sono molto più tiepidi invece, come dire – con una espressione orribile e che meriterebbe una Norimberga per i suoi utilizzatori seriali – che il paese reale sta altrove, lontano dalla tv e ancora più lontano da twitter).
La Leosini è una signora elegante, dai modi affettati, con un italiano pulito e sempre alla ricerca di termini incolori per descrivere le pratiche più turpi. È una presenza rassicurante con la sua cotonatura, fuori dal tempo televisivo schiavo di tempi sincopati e montaggio videoclipparo.
La puntata di storie maledette è per raccontare e intervistare Rudi Guede, l’uomo condannato per il famigerato omicidio della inglese Meredith dopo tre gradi di giudizio. Nel processo, come chi legge ben saprà, furono coinvolti anche la bella americana Amanda Knox e l’allampanato pugliese Raffaele Sollecito. La sentenza di secondo grado e la cassazione chiusero a doppia mandata le responsabilità della giovane coppia con una assoluzione che fece discutere (ma in Italia, per la verità, si discute per ogni sentenza). Di questo aspetto la tenera Franca Leosini pare non curarsene troppo, la puntata infatti è incentrata su Guede, sulla sua storia, sulla sua umanità, sulla sua difesa. In tutto questo aleggia la tesi del povero ragazzo condannato in quanto nero, una narrazione perfetta per il pubblico targhettizzato di rai tre.
Andrebbe ribadito che Rudi Guede non è però un Kunta Kinte colto da scariche di dissenteria, ma un assassino che è scappato dall’Italia a misfatto compiuto. Capisco che cercare i tratti gentili, umani e rassicuranti nel mostro sia una operazione narrativamente molto seducente, ma è anche estremamente pericoloso se non sei Dostoevskij o Truman Capote ma solo Franca Leosini.
La Leosini fece una intervista molto simile al famigerato mostro del circeo, fu affascinata e sedotta dalla sua storia e con lei il suo pubblico dei leosiners. l’opinione pubblica (assieme al giudice) fu colpita e Angelo Izzo ottenne la semilibertà nel 2004 grazie alla quale poté uccidere le povere Maria Carmela e Valentina Maiorano.
Ora pensate per un attimo se una intervista simile l’avesse fatta Barbara D’Urso.