Obama
Obama
Davanti a me, campeggiava un Obama dal volto di un orribile colore verde che, in piedi davanti a una parete di marmo altamente rifrangente di color verde scuro, comunicava l’immagine di un uomo malaticcio, enfatizzata dall’incarnato spento e dallo sguardo annebbiato, indice di spossatezza e salute cagionevole a qualunque latitudine planetaria.
Capii subito, seppur con enorme incredulità, che il mio “black-out” percettivo non era imputabile al televisore un po’ vecchiotto, bensì all’inefficienza dei tecnici delle luci, responsabili di riprese alquanto raffazzonate. Stentavo a credere che, abituati come siamo a vedere i nostri politici “manipolare” sapientemente i media a loro favore, curando il loro look nei minimi dettagli, potessi ritrovarmi ad assistere in presa diretta all’errore sin troppo banale commesso da un team di lighting designer, rei di aver trascurato le ripercussioni della luce artificiale sulla pelle umana. Ignorando le proprietà rifrangenti e metameriche della parete contigua di marmo verde in sede di definizione dei livelli di luce trasmessi, non sono stati in grado di garantire un segnale biologico “evoluzionistico” ad hoc, che permettesse di giudicare le reali intenzioni dell’oratore.
L’analisi del modo in cui utilizziamo una serie di mutamenti quasi impercettibili nell’aspetto visivo dell’incarnato del volto per scorgere eventuali minacce alla nostra sopravvivenza fisica ed emozionale si pone alla base della moderna ricerca scientifica. Grazie ad una serie di fattori sofisticati indicativi delle dinamiche che consentono ai fotorecettori visivi di essere spettralmente sensibili alla riflettività dell’emoglobina sulla superficie sottocutanea, dobbiamo giocoforza rivedere gli effetti deturpanti della luce artificiale sull’aspetto visivo della pelle umana. Ciononostante, solo pochissimi lighting designer sono consapevoli dell’esigenza evoluzionistica, limitatamente al genere umano, di sfruttare tutte le forme di luce ambientale disponibili per enfatizzare le lievi alterazioni cromatiche della pelle generate da una reazione fisiologica alla nostra condizione emotiva.
Le ricerche scientifiche attualmente in corso si schierano a favore di un riconoscimento delle lievi alterazioni dell’incarnato, da ravvisare alla stregua di uno strumento che consente di individuare lo stato di salute di ciascun individuo. Un’équipe di ricercatori olandesi si è recentemente dichiarata favorevole all’utilizzo di filtri cromatici perlopiù gialli e rossi, che conferirebbero al volto un aspetto sano; di converso, un’altra scoperta fa leva sull’interpretazione visiva dell’aspetto della pelle e le successive “alterazioni cromatiche”, dovute alle condizioni fisiche ed emozionali del soggetto.
(Deborah Burnett, esperta internazionale nel campo del design epigenetico – www.deborahburnett.com)