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«Se mi vede Cecchi, sono fritto»

Creato il 06 luglio 2015 da Libereditor

SMVCSFCarlo Emilio Gadda e Goffredo Parise diventano amici e vicini di casa a Roma nel 1961. Gadda vede il giovane Parise «un intelligente e un geniale, anche come osservatore e interprete, certo un po’ pazzo-a-freddo in direzione pittorica e talora un tantino o un tantone surreale, ma molto più vivo e vitale del surrealismo alquanto gelido e congegnato di Landolfi… è un surreale d’impeto immediato e spontaneo».
La loro amicizia non è fondata sulla letteratura o sulle reciproche letture, ma nasce spontanea e gratuita. Uno già avanti con gli anni e tormentato da una ”orrenda solitudine”; l’altro, poco più che trentenne, è già affermato, ma annoiato di questo suo stato.

Gadda confida a Parise l’affanno per le continue e vessatorie richieste di lavoro, di dichiarazioni, di saggi e di opinioni, di fastidi che non mancano mai e di certi momenti in cui perde il controllo dei suoi nervi e scrive qualche letteraccia, che poi peggiora quasi sempre le cose…
Parise lo porta in giro a bordo di una spider biposto inglese prendendolo in giro in modo affettuoso e con una «profonda, alta ammirazione». Gli dedicherà quattro indimenticabili scritti che, con queste straordinarie lettere, documentano una tra le più inattese e appassionate amicizie del Novecento. Un’amicizia intellettuale tra due grandi autori che hanno nutrito un’illimitata passione per il narrare.

Carlo Emilio Gadda, Goffredo Parise, «Se mi vede Cecchi, sono fritto» – Corrispondenza e scritti 1962-1973, a cura di Domenico Scarpa, Piccola Biblioteca, Adelphi 2015.


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