In occasione del debutto, dopo 12 anni, del “day time” di “Amici” su Real Time, il suo storico autore, oltre che conduttore di tale striscia quotidiana -oggi della durata di quasi un’ora- Luca Zanforlin (48 anni) è stato intervistato da “Telesette” (n. 3 19-25/01/2014) in merito alle qualità di carattere indispensabili agli allievi della “scuola più famosa d’Italia”, al loro duro lavoro, agli ostacoli e ai disagi più comuni che incontrano e lui non ha avuto esitazioni “Quando arrivano ad –Amici-, abituati a essere considerati nel proprio ambiente delle eccellenze, appaiono sicuri di sé. Il primo trauma è il confronto con gli altri talenti …. ecco perché, durante le due settimane iniziali, scoppiano i drammi. E mentre i veri artisti, di fronte alle difficoltà, si impegnano per emergere, gli altri soccombono …” e ancora “-Amici- rappresenta, per gli aspiranti ballerini e cantanti, una finestra temporale che permette di sperimentare la propria personalità e forza caratteriale. E non solo, consente di capire se si è pronti ad affrontare un lavoro che implica sacrificio, imprevisti e audizioni”. Voler spiegare e motivare così successi e insuccessi dei ragazzi, a dire il vero sembra “pertinente” fino a un certo punto con il contesto in cui ci muoviamo, ma stiamo parlando di “Amici” o di “The Apprentice”, di cui è giudice Flavio Briatore, il “talent” per giovani “rampanti” e “carrieristi” pronti per la “scalata al potere”, fra i cui modelli ispiratori non può mancare il disumanizzato e cinico “squalo” dell’alta finanza Gordon Gekko (ndr: personaggio del film “Wall Street” del1987), ai quali si richiedono, essenzialmente, attributi granitici, ego smisurato, sangue freddo, lucidità e spregiudicatezza?Niente di più distante dal mondo artistico in cui intendono inserirsi gli aspiranti concorrenti di “Amici”, ma, in definitiva, quanto può contare avere “carattere” in tale trasmissione?Conta, ma non è prevalente, forse i requisiti da anteporre sarebbero altri e si chiamano “sacro fuoco”, passione, entusiasmo, dedizione e ovviamente, quel dono naturale che, non c’è verso, o lo si possiede o no, va sotto il nome di “talento”, accanto, evidentemente, a una buona dose di determinazione e autostima. E’ricorrente, però, durante la permanenza nella “scuola”, che anche le più tenaci spinte motivazionali e i migliori progetti e propositi che animavano in partenza i ragazzi inizino a vacillare e questo è largamente imputabile agli adulti del “cast” con cui essi si rapportano, che, spesso, non avvertendo il peso dell’enorme responsabilità di lavorare con del “materiale umano” costituito da giovanissimi, con una personalità non completamente formata e “in evoluzione” e ancora non dotati, vista l’età, di un carattere così “temprato” e in grado di resistere a qualsiasi urto, anziché fare loro da scudo e argine nelle occorrenze in cui i concorrenti si confrontano maggiormente con le proprie, giustificabili, fragilità e temporanee inadeguatezze (nessuno di loro è “Superman”), di fatto, invece “stanno a guardare”, oppure fomentano fra loro rivalità e inimicizie e anche certe loro sentenze “trancianti” e implacabili in seno alla giuria giocano un ruolo tutt’altro che trascurabile in questi disagi. E sicuramente non si può dire che giovino ai ragazzi certe dinamiche e meccanismi di gara “spietati”, o ancora di più le “sfide” con i colleghi in cui sono coinvolti, che assai di frequente si risolvono in un vero e proprio “bagno di sangue” e che metterebbero a dura prova chiunque, generando una pressione competitiva sfrenata, un eccessivo stress psicologico e, in qualche caso, crolli emotivi. Ma alla fine del percorso, almeno, il talento autentico, riesce a conquistare la partita? Purtroppo, non sempre, l’impressione è che si cerchi di scoraggiare, sminuire e affibbiare etichette riduttive, difficili da estirpare, anche a tanti ragazzi obiettivamente validi, ma che non sono fra i “prescelti”, in modo da favorire la loro uscita “pilotata” dalla trasmissione in tempi prestabiliti, operazione concordata preventivamente “come da copione”, contro cui nessuna “fermezza” e “incrollabilità di carattere” possedute, né amore sconfinato per la propria disciplina specifica potrebbero nulla.
Marco Mangiarotti è stato, tempo fa, molto duro verso un gruppetto di studenti di “Amici”, a suo avviso, particolarmente ingrati (da “Tv-Blog.it 10/11/2010): “Questo programma vi risparmia 10 anni di gavetta”, non tenendo conto di un dato di fatto, chi esce prima della “finale” se ne va generalmente con le “ossa rotte” (il “talent” non si accontenta di “interrompere il rapporto” unicamente con il “danno”, c’è anche la “beffa”) e faticherà notevolmente a trovare ingaggi, salvo rari casi, d’altra parte, gli stessi “finalisti”, talvolta, non hanno sorte migliore, a questo punto, sebbene sia una strada molto impervia, davvero, di gran lunga, meglio la temutissima “gavetta”, che consente una crescita e una maturazione professionale e personale “step by step”. In chiusura dell’articolo di “Telesette”, Luca Zanforlin sostiene che gli è stato molto difficile “Trovare un equilibrio tra programma (‘Amici’) e realtà” con sufficiente distacco emotivo, tanto che “All’inizio mi portavo a casa i drammi dei ragazzi, con il risultato di annullare me stesso … “. C’è da credergli?
[Articolo a cura di Fede]