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Se non ora quando?

Da Femminileplurale

A chi si chiede a cosa serva la manifestazione di domani noi di Femminile Plurale rispondiamo con questo editoriale per dimostrare che si tratta innanzitutto di questo: un’occasione per riflettere. Senza questa opportunità tante idee non sarebbero venute fuori, non ci sarebbe stato un confronto così ricco di spunti sia nel web che nella vita reale. Non è poco. Noi ci sentiamo già diverse e con noi molti e molte altre. Domani darà a tutto questo una forma vera e compiuta, da qui il nostro invito a partecipare.

Se non ora quando?
La mobilitazione è già virale: domenica per 13 febbraio si scenderà in piazza contemporaneamente in almeno 117 città in tutta Italia. Tutto lascia supporre che questa mobilitazione delle donne sarà molto partecipata. Ma qual è la ragione che spingerà queste persone e le accomunerà nella manifestazione del 13? Credo che questo sia il vero nodo. È difficile credere che D’Addario, Noemi e Ruby siano ragioni sufficienti per l’esplosione di una questa onda di protesta. E sarebbe dannoso dirigere il proprio scontento verso queste donne. Nonostante il riconoscimento della loro responsabilità individuale sia imprescindibile, noi non scendiamo in piazza contro la prostituzione, come ricorda Carla Corso, e men che meno “contro le ragazze che si vendono“. Come al solito, le cortigiane sono le scorciatoie per chi non vuole pensare che la vera emergenza è più generale di queste procaci incarnazioni che contempliamo su giornali e tv con voyeuristica indignazione. A fuoco, piuttosto, è il mercimonio che lo stato mette in atto. Con il corpo delle donne, con i diritti dei lavoratori, con i beni e le risorse pubbliche, con il paesaggio, con l’istruzione, con il futuro del nostro paese e quindi di tutti noi. Ma allora, perché le donne? Credo che il punto politico sia questo: le donne sono un punto politico nevralgico di questa gestione del potere. La nostra cittadinanza è compiuta solo sulla carta, la nostra autodeterminazione continua ad essere merce di scambio politico, la discriminazione sociale e politica nei nostri confronti gode di una ottima e feroce salute. Lasciamo che resti a sfogarsi su queste donne chi si accorge solo oggi dell’emergenza delle donne, che è in realtà emergenza democratica, e che vorrebbe trarne vantaggio ghettizzandoci nella difesa della nostra virtù. Noi domenica scendiamo in piazza perché una compiuta cittadinanza delle donne è parte integrante della nostra repubblica.

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Che senso ha? Questa è la domanda che più volte mi sono fatta riguardo alla manifestazione del 13. Essendo una persona che rifugge dall’idea di far le cose tanto per, mi sono chiesta il motivo per cui partecipare alla giornata del 13 sarebbe stato importante. Non vi vedevo degli scopi precisi, degli obiettivi politici concreti e in effetti non era in tutto ciò che dovevo cercare una risposta. La manifestazione del 13 è innanzitutto una protesta culturale e non puramente politica. Lo scopo non è opporsi ad una legge o ad una specifica azione governativa. Non si tratta di difendere qualche diritto, intendendo con ciò qualcosa di specifico. Si tratta di un’azione culturale ed educativa rivolta a mio avviso soprattutto ai più giovani. Mi sono immaginata mamma e ho capito che a quella manifestazione i miei bambini li avrei portati. Bombardati quotidianamente da messaggi deviati su cosa voglia dire avere successo, su come la bellezza possa diventare il centro di gravità di una vita altrimenti senza senso, se fossi mamma avrei piacere che i miei bambini vedessero che c’è una realtà diversa da quella propinata dalla tv. Che ci sono donne e uomini la cui bellezza è la capacità di vivere con onestà e dignità, che non si prostituiscono né si vendono, che non scendono a compromessi e che proprio per questo possono e vogliono esporsi pubblicamente. Ecco, per me la manifestazione del 13 rappresenta un momento importante, l’irrompere nella scena pubblica di una realtà altrimenti nascosta. Nessun altro scopo se non quello fondamentale di mostrare, a chi non ha ancora gli strumenti per comprenderlo da sé perché troppo giovane, che c’è dell’altro. Occorre diversificare l’immagine pubblica di uomini e donne, spezzare la monoliticità di un messaggio unico su come abbia senso vivere, dire semplicemente che questo altro esiste, lotta, si fa vedere.

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Non ho mai dubitato di volermi unire alle persone in piazza il 13 febbraio. Tuttavia, mi sono interrogata a lungo su una serie di questioni che hanno a che fare proprio con la dignità delle donne, che nelle vicende delle ultime settimane (o a ben guardare, degli ultimi mesi e degli ultimi anni) è stata messa al centro dell’attenzione, a volte in un senso, a volte in quello opposto. Non mi sono piaciuti i toni e i temi di molte donne intervenute sulla questione giudicando le donne coinvolte nel “Rubygate” quasi fossero loro le colpevoli o l’obiettivo contro il quale scagliarsi in questo momento di totale mancanza di qualunque criterio etico e di qualunque discorso veramente politico nella vita pubblica. Ho in mente, ad esempio, Lucrezia Lante della Rovere che ad Annozero ha detto qualcosa come “Le prostitute ci sono sempre state, il problema è che adesso non ci si vergogna” (qui, al minuto 2.30). Se ce la prendiamo con le donne, o vediamo la questione in termini di moralismo, e dunque di ciò che appare e di ciò che ci “scandalizza”, allora rischiamo di perdere tutta la partita. In breve, questi erano i motivi per i quali non sapevo quanto volevo promuovere questa iniziativa su Femminile plurale. Poi ne ho parlato con una persona che stimo molto, e che mi ha fatto notare una cosa importante, anzi importantissima. Moltissime donne (e si spera moltissimi uomini) manifesteranno domenica, e tra loro molte di quelle che solitamente non lo fanno. E lo faranno per due motivi: sono stanche di un regime, e vogliono rivendicare un altro modo di essere donne, vogliono protestare contro la loro dignità rubata da un immaginario imposto, che le riduce a scegliere tra essere puttane o spose (sì, siamo ancora lì). Tutto questo ha un altissimo potenziale politico, perché ci saranno in gioco moltissime energie che hanno voglia e bisogno di Politica: ed è con tutte queste persone che noi dobbiamo stare. Con la puzza sotto il naso non si fa politica, si fanno soltanto dei bei discorsi da salotto.

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Ammetto che sono tutt’ora confusa circa le motivazione delle numerose manifestazioni indette per il 13 febbraio. Tante proposte, tanti simboli talvolta a mio avviso non particolarmente efficaci per combattere gli stereotipi e la temperie culturale contro i quali si manifesta. Inoltre resto perplessa rispetto alle motivazioni per le quali si è deciso questo tipo di manifestazione, in particolare rispetto al ruolo decisivo che hanno avuto certi giornali, spesso attraverso la palese strumentalizzazione delle donne e del loro ruolo. Tuttavia, seppur con tutti i miei dubbi, alla manifestazione del 13 parteciperò perché non posso non partecipare. Perché è necessario partecipare. Perché rappresenta una delle poche occasioni in cui la società civile potrà esprimere la propria opinione sulla politica e su certi atteggiamenti della politica. Perché le italiane e gli italiani che scenderanno in piazza manifesteranno per dimostrare di avere un cervello funzionante e di essersi resi conto di venire presi in giro da troppo tempo. «Se non ora quando» è l’espressione perfetta per quello che succede il 13, per quello che si vuole dire e per quello che si vuole fare. È necessario mettere in moto un cambiamento strutturale, culturale e politico in questo paese. Ed è necessario farlo ora, senza se e senza ma. Ora.


Tagged: domenica 13 febbraio 2011, Donne, editoriale, se non ora quando

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