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Se qualcuno mi cita di nuovo “On Writing”…

Creato il 06 febbraio 2015 da Beltane64 @IrmaPanovaMaino

“On Writing” non è la Bibbia.

Stephen-King-on writing

Il testo che segue nasce da un’attenta considerazione scaturita dalle riflessioni che sono state fatte da alcuni amministratori di questo network. Siamo consci del fatto che potrebbe sembrare una replica soggettiva, ma non lo è. Ciò che vorremmo sottolineare, senza alcuna polemica, è il fatto che il mondo letterario offre diversi scrittori a cui ispirarsi e, forse, focalizzarsi solo su uno di essi potrebbe risultare riduttivo.

“Innanzitutto devo chiarire che a me Stephen King piace moltissimo. Adoro Stephen King. Per me Stephen King è uno tra i più grandi scrittori viventi, lo dico senza ironia. La grandezza di questo scrittore è dovuta in gran parte alla sua capacità di creare belle storie, qualità che considero indispensabile a qualunque scrittore degno di tale nome. Ma in questo caso non si tratta solo di “belle storie”, qui parliamo di storie capaci di cogliere alcuni aspetti importanti della nostra società e di inserirli all’interno di impianti solo apparentemente fantastici, ma che in realtà lasciano trapelare una visione quanto mai perspicacie del mondo che viviamo. Il “Re” lasciandosi indietro i fantasmi fumosi del passato, è stato capace di trasportare il genere Horror nella modernità. Nei suoi romanzi, ciò che fa paura, è finalmente ciò che dovrebbe fare paura nel mondo reale. C’è la paura del bullismo (Carrie), c’è la paura, creata dal consumismo, di spaccarsi la schiena per mantenere la propria macchina (Christine). La paura del concretizzarsi dei mostri dell’infanzia (IT). King, inoltre, è anche uno scrittore capace di offrire ai suoi lettori uno spaccato di una certa provincia americana che in pochi sono, e sono stati, in grado di rendere con la sua lucidità.
C’è da dire anche, e si tratta ugualmente di una dote importantissima, che Stephen King ha una straordinaria capacità di rendere vivi i suoi personaggi in tutti i suoi scritti. Perfino nelle storie meno riuscite i personaggi sono forti, capaci di imprimersi nella mente di chi legge. E questo, cosa alquanto rara, vale tanto per i protagonisti quanto per le figure di contorno.
Se invece parliamo di stile, beh… allora King diventa uno scrittore appena accettabile. Non un pessimo scrittore ma nemmeno un grande: uno tra i tanti. Il suo stile è, quando va bene, rozzamente efficace. È anche ridondante, solo lievemente nei suoi momenti migliori, pesantemente in quelli peggiori. La sua scrittura, oltretutto, è piuttosto povera dal punto di vista lessicale. Non raggiunge mai quel grado di semplicità apparente propria delle penne più fini, al contrario, a volte tende a farsi un po’ involuta.
Quando ho bisogno di un esempio di scrittura semplice ed efficace, piuttosto mi rivolgo a Tom Wolfe. Ve lo immaginate il suo “Il Falò delle Vanità” scritto alla maniera di King? Da suicidio solo a pensarci. Se invece mi servisse una scrittura rarefatta ma allo stesso tempo pregnante, potrei tornare a leggermi Ursula Le Guin. Potrei chiedere consiglio al buon vecchio Raymond Chandler, nel caso abbisognassi di frasi a effetto, ma con ironia. O a Kurt Vonnegut se volessi caricare la mia scrittura di sarcasmo o imparare come usare un tormentone senza diventare noioso. Se volessi sezionare una singola scena potrei affilare il mio bisturi con la cote di Carver.
Potrei saltare dall’altra parte del Pacifico e farmi spiegare da Murakami Haruki come racchiudere dieci mondi in una frase di otto parole. Se volessi tentare la strada del surrealismo tornerei in Europa e senza indugio chiederei consiglio a Michael Ende. Se mi mancassero le parole, chiuderei il cerchio rientrando in patria per elemosinarne qualcuna a Michele Mari, che ne ha tante e sa pure come usarle. Se invece…
Insomma, forse è il caso che la smetta di vagabondare e accattonare per il mondo dei libri e torni con i piedi per terra, tanto ormai avrete capito qual è il succo del discorso: se dovessi chiedere consigli stilistici a qualcuno, Stephen King non sarebbe l’ultimo a essere interpellato, ma di certo nemmeno il primo.
Con queste premessa siete avvertiti: il prossimo che mi consiglierà di migliorare il mio stile seguendo i preziosi pareri elargiti da King nel suo “On Writing” si vedrà rispondere con una risata sonora, e questo nel caso mi trovi di buon umore. Se invece mi fossi alzato con il piede sbagliato, potrei arrivare fino agli improperi!
Forse non arriverò mai al loro livello ma, credetemi, ho avuto ben altri maestri.”


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