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Se questo è uno statista (di Massimo Giannini)

Creato il 29 aprile 2014 da Tafanus

Quello che segue è l'articolo di Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, sui folli sproloqui dell'ormai irredimibile pregiudicato di Arcore, che si accinge a pagare il gravissimo reato di frode fiscale con una insopportabile pena di 7 lunghi giorni da trascorrere coi vecchietti. Non a cambiare il pannolone, ma a raccontare magari oscene barzellette su quelli che - poverini - hanno bisogno del pannolone e della ceratina... 
Poi, però, dopo aver pubblicato integralmente l'articolo di Massimo Giannini (che ho sempre stimato, almeno fino a metà del 2013), avrei qualche domandina da fargli... Tafanus
Se questo è uno statista (di Massimo Giannini - Repubblica.it)
Massimo-gianniniSe questo è un uomo di Stato. Ad ascoltare i deliri con i quali Silvio Berlusconi ha aperto la sua campagna elettorale, non si può trarre una conclusione diversa. Nessuno si faceva troppe illusioni: un Ventennio di autocrazia populista e di macelleria costituzionale parla per lui. Ma dopo l'assegnazione ai servizi sociali per la condanna al processo Mediaset ci si aspettava almeno una modica quantità di autocontrollo. Non un "ravvedimento", troppo generosamente auspicato dal tribunale di sorveglianza nelle motivazioni con le quali l'ex Cavaliere è stato "affidato" all'Istituto di Cesano Boscone. Ma almeno un po' di misura, nell'apprezzare l'insostenibile leggerezza della pena finale (7 giorni di "assistenza" spalmati sui prossimi 11 mesi), rispetto alla comprensibile pesantezza della pena iniziale (4 anni di carcere). Invece no. Il senso dello Stato, il rispetto delle istituzioni, il principio di legalità: nulla di tutto questo appartiene alla cultura politica di Berlusconi (...già... lo sospettiamo da circa 40 anni, caro Massimo... NdR)
L'accusa ai tedeschi, secondo i quali "i lager non sono mai esistiti", è un insulto alla Storia, prima ancora che alla Germania. La frase, falsa e sconclusionata, è molto più che l'ennesimo "infortunio" di un gaffeur planetario. È invece uno scandalo diplomatico, che fa un danno enorme all'immagine dell'Italia, e non solo al capo di Forza Italia. Le reazioni indignate, che uniscono la Merkel e i rappresentanti di Ppe e Pse, confermano la gravità dell'incidente. E solo la malafede manipolatoria può spingere Berlusconi a replicare che si tratta dell'ennesima "trappola" ordita delle sinistre, e a ribadire la sua "profonda amicizia con il popolo ebraico". Qui in gioco non c'è un presunto "antisemitismo" berlusconiano, che nessuno ha denunciato. C'è invece l'assoluto cinismo del leader di una destra irrecuperabile, che per lucrare una miserabile rendita elettorale in vista del voto del 25 maggio non esita a inventare il solito "nemico esterno", cioè la Germania. A evocare il "non evocabile", cioè i lager. Ad accostare l'inaccostabile, cioè il Fiscal Compact con la Shoah. C'è dunque lo stesso nichilismo morale dell'ex premier di un governo impresentabile, che per difendersi dalle critiche dei socialisti europei dà del "kapò" a Martin Schulz.
L'accusa al presidente della Repubblica e ai magistrati, colpevole il primo di avergli negato la grazia e i secondi di averlo infangato con una "sentenza mostruosa", è un'offesa alla legalità, prima ancora che alla verità. Sono tristemente note, le spallate continue che lo "statista" di Arcore ha tentato di assestare al sistema dal 1994 ad oggi, tra leggi ad personam e intimidazioni ai pm, alla Consulta, al Quirinale. Ma non erano altrettanto note le rivelazioni fatte dallo stesso ex Cavaliere, che a "Piazza pulita" afferma impunemente di aver detto al Capo dello Stato "tu hai il dovere morale di darmi la grazia motu proprio". In questo "atto sedizioso" si racchiude, tutto intero, il berlusconismo. L'idea malsana che l'unzione popolare purifica da tutti i reati e da tutti i peccati. Che le istituzioni ne debbano solo prendere atto, compiendo di propria iniziativa il passo che il pregiudicato non vuole richiedere, perché questo equivarrebbe a riconoscere la sua responsabilità penale. Che la Costituzione, formale e materiale, si debba snaturare per questo, introiettando l'anomalia cesarista di un cittadino che si pretende diverso da tutti gli altri, dentro e fuori dalle aule di giustizia, e che pertanto va considerato "legibus solutus" per il passato, il presente e il futuro. Se la rivelazione berlusconiana è vera (e non c'è ragione di credere che non lo sia) bisogna ringraziare una volta di più Giorgio Napolitano, per non aver ceduto di un millimetro e non essersi prestato a questo scempio etico, giuridico e politico.
Quanto alla "sentenza mostruosa", in un Paese che perde troppo facilmente la memoria non finiremo mai di ricordare che la condanna dell'ex Cavaliere nasce dalla gravità del reato commesso, accertato senza alcun ragionevole dubbio nei tre gradi di giudizio: una frode fiscale da 7 milioni di euro, parte di una provvista in nero da 370 milioni di dollari con i quali il condannato pagava mazzette a magistrati, funzionari pubblici e parlamentari. Cosa ci sia di "mostruoso", nell'espiare un delitto così grave assistendo gli anziani per un pomeriggio a settimana, lo vede chiunque. Berlusconi è l'opposto che un "perseguitato". Pur essendo riconosciuto come "persona ancora socialmente pericolosa", ha beneficiato di uno "statuto speciale" che non limita la sua "agibilità politica" né preclude la sua campagna elettorale (cominciata infatti proprio con le armi distruttive dell'anti-europeismo e dell'anti-Stato).
Resta da chiedersi perché Berlusconi continui imperterrito a sparare sul Colle e sulle toghe, dal momento che la Sorveglianza gli ha concesso i servizi sociali purché si attenga alle "regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni" ed eviti le frasi "offensive" e di "spregio nei confronti dell'ordine giudiziario". La risposta può essere una sola: l'ex Cavaliere provoca, e forse spera che la magistratura sia costretta suo malgrado a dovergli revocare l'affidamento alla Sacra Famiglia, e a disporre gli arresti domiciliari. Sarebbe il famoso "finale da Caimano". Il pretesto definitivo per lanciarsi da "martire della libertà" nel fuoco della battaglia elettorale. La scelta estrema per cercare di risalire l'abisso dei consensi in fuga, per sottrarsi all'"abbraccio mortale" con Renzi e per recuperare posizioni su Grillo che il 26 maggio rischia di diventare almeno il più grande partito italiano dopo il Pd, pronto per l'eventuale ballottaggio previsto dall'Italicum. È questo, dunque, il grumo di rabbia sociale e politica con il quale il governo e il Pd renziano devono fare i conti nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Un gioco al massacro tra il populismo berlusconiano e il populismo grillino. Il terreno peggiore, per costruire e tenere in piedi il cantiere delle riforme.

Massimo Giannini

Tafanus

Caro Giannini,

bentornato fra di noi. Bentornato fra coloro che - forse - finalmente "si stanno accorgendo". Non che la cosa sia provata, ma...  Ma andiamo con ordine.

Caro Giannini, io non ho niente contro di lei. Anzi. Ho sempre parlato bene di lei (almeno fino al 2013) e il numero di links ai suoi articoli che ho spesso postati, nonchè il numero di volte che ho ripreso parti di suoi articoli, sono li a testimoniare la mia (passata) stima nei suoi confronti. Ma c'è un ma.... Io appartengo a quella categoria di imbecilli che sono sempre pronti a cambiare idea, quando la forza dei fatti sovrasta l'eterea leggerezza delle pugnette.

19760114
E' esattamente quello che mi è successo con lei. Da quando ha preso vigore il fenomeno del renzismo, la corsa a salire sul carro del "vincitore del momento", Repubblica (che leggo dal primo numero, 14 gennaio 1976) sta diventando sempre meno il MIO giornale. Continuo a leggerlo, nonostante tutto, faute de mieux. Che non sarebbe, a ben guardare, una grande motivazione. Non è difficile fare meglio del Corrierone di Galli della Loggia e Panbianco, dell'Ambasciatore Romano e di Piero Ostellino; non è difficile far meglio del "Geniale" di rigor-mortis Sallusti" o di Libbbero di Littorio Feltri... Vogliamo dirla tutta? Continuo a leggere Repubblica grazie a pochi "superstiti" della quarantennale guerra di Repubblica: il "padre nobile" Eugenio Scalfari, Federico Fubini, Francesco Merlo, Sebastiano Messina, Federico Rampini, e pochi, pochissimi altri.

E, mi duole dirlo, da circa un anno fra "le residue ragioni" per leggere Repubblica non c'è lei. Niente di personale. Ma per lunghi mesi ho aspettato, ho sperato di leggere un suo scritto da "indignato speciale" sull'osceno patto fra Berlusconi (persino il suo articolo odierno dimostra come lei sia molto conscio di chi sia Berlusconi), e il Matteo Renzi da Frignano sull'Arno, questo ridicolo Mr. Bean che da mesi promette una grande riforma al mese ma, come sappiamo lei, io, il Sole24Ore, e chiunque legga qualcosa, fin qui ha solo parlato, parlato, parlato, e prodotto solo promesse, chiacchiere, tweet ed auto-incensazioni. Un redisuato da oratorio dell'Azione Cattolica, tutto "chiacchiere e distintivo".

Caro Giannini, la reputo troppo intelligente per non essersi accorto di chi sia Renzi. A me ricorda un perdibile film: "Sotto il vestito, niente". A lei cosa ricorda? Berlinguer? Moro? De Gasperi? Longo? A me ricorda il figlioccio di Forlani, l'esibizionista che da sindaco di Firenze passava più tempo in TV e ad inaugurare fontanelli, che non a Palazzo Vecchio. A me ricorda un sindaco che in un anno, secomdo l'annuale ricerca del Sole24Ore, è riuscito a passare da "Sindaco più amato dagli italiani" (fra i sindaci delle città-capoluogo, alla 57° posizione. IN UN ANNO.

A me sembra di non ricordare una sua sola articolessa che abbia condannato il ggiovane statista, per aver fortemente contribuito alla resurrezione politica del pregiudicato di Arcore. Dimenticanza? Oppure giudica normale che uno Statista della Statura di Renzi firmi patti di legislatura con un criminale? Oppure lo ha fatto, e a me è sfuggito? E in tal caso non mi manderebbe gentilmente un link, affinché io possa pubblicare la sua articolessa, e chiederle umilmente scusa? Mi farebbe un grande favore, perchè ad oggi non riesco a ricordare niente. Ogni volta che leggo un suo editoriale, spero di trovare finalmente un paio di righe che chiedano conto allo Statista di Frignano sull'Arno del fatto di essersi scelto un pregiudicato - uno che è esattamnente ciò che lei ha descritto nell'editoriale di oggi - come compagno in questa oscena avventura politica.

Niente da fare. Ogni volta che, da mesi, la leggo, sono assordato dal suo silenzio. Anche oggi, dopo aver descritto magnificamente chi sia Berlusconi, dimentica di fare il nome del suo compagno di strada e di inciuci.

Caro Giannini, mi creda: il suo silenzio continuo sui rapporti fra Renzi aspirante statista, e Berlusconi sedicente statista e pregiudicato certificato, è qualcosa di assordante. Rompa questo silenzio. Ci spieghi, una volta e per tutte, se non vede l'oscenità di questo rapporto preferenziale fra uno che si dichiara di sinistra, e questi imbarazzanti cascami dell'italo-forzutismo.

Tafanus

Renzi-berlusconi

L'oscena accoppiata


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