Monsieur le Président fa lo spiritoso e purtroppo ne ha ben donde. Dopo averci fregato la Libia soppiantandoci negli appalti e nei contratti – su segnalazione ho fatto il giro dei siti istituzionali transalpini scoprendo che stanno invitando i loro imprenditori ad invadere in massa (dopo gli eserciti arrivano gli esercenti) la nostra ex quarta sponda, contando sull’appoggio illimitato dei fondi e dell’intelligence della République Française – vorrebbe ora scaricare il peso della crisi economica sul nostro Paese, facendosi assistere dai tedeschi. E questo nonostante Parigi e Berlino, capitali politiche e finanziarie dell’Europa, siano ugualmente una discarica di titoli spazzatura accatastati in banche sull’orlo del fallimento, nonchè altrettanto disattente sul fronte del debito pubblico. Maledetto Bastiat il quale non aveva capito nulla. La sua famosa massima deve essere capovolta poiché soltanto quando passano gli armigeri le merci circolano senza freni, con profitti che salgono alle stelle per i vincitori, mentre per tutti gli altri sono stalle e calate di bretelle. Militarizzati ed aggressivi questi governi attraverseranno i campi della crisi uscendone rafforzati, mentre chi si arrocca in attesa dell’umore dei mercati, dietro linee ideologiche maginot, si troverà a contare danni e cadaveri. Occorre afferrare i pugnali per respingere gli assalti della speculazione (a tergo della quale si confondono manovre e disegni politici), anche se si finge di condividere soluzioni e piani per sfuggire compattati al presunto dramma comune. Purtroppo la nostra Penisola è piena di liberali sciocchi o ben remunerati che inseguono Bastiat nel momento in cui ci bisognerebbe rincorrere con i bastoni in mano tutti gli economisti e chiunque li ascolti. La colpa è dunque nostra se Sarkozy può fare l’ariete alle porte di Roma. Con un po’ più di coraggio e di visione strategica per interpretare il gioco multipolare sulla schacchiera geopolitica mondiale da parte delle nostre istituzioni, oggi l’inquilino dell’Eliseo sarebbe sempre un animale con le corna, ma ferito da motivazioni che lo avrebbero reso inoffensivo per la nazione e offeso nell’orgoglio maschile. Ed, invece, ci tocca essere scherniti da un una mezza tacca che non arriva al tacco della sua signora. Il nostro Presidente del Consiglio mezza sega nemmeno tra questi nani della politica internazionale è riuscito a sollevarsi di una spanna sulle altrui diramazioni. Dopo il voltafaccia a Gheddafi, che equivale all’affondamento degli interessi italiani nel mare nostrum, il governo affoga nel mare magnum della sua incoerenza e inconsistenza. Anche quel tanto che era restato saldo negli ultimi anni, soprattutto sul versante delle conglomerate pubbliche, sta precipitando con questo gabinetto che ha tirato la catenina della sovranità, politica e industriale, ed ha afferrato quella del rosario per pregare e scongiurare. Per Finmeccanica si preannuncia uno spezzatino e per l’ Eni uno spiedino, e non soltanto in Libia dove è stata già infilzata dalle corrispondenti compagnie inglesi e francesi. I partner europei applicano, per il raggiungimento e l’estensione delle proprie prerogative egemoniche, la dottrina della guerra geoeconomica e noi ci facciamo gli impacchi di autolesionismo per accelerare la riuscita dei loro sforzi. Per quanto Berlusconi urli di voler tener duro, tentando di restare in piedi, non otterrà grandi risultati perché la sua statura politica è quella di un uomo inginocchiato che ha bisogno del predellino per non apparire del tutto inchinato. Anche la levatura di Sarkozy non è quella del grande statista, al netto delle sporgenze sulla testa, ma costui anziché salire sullo scalino per cianciare come un cretino si è elevato su un carrarmato per rubarci spazio e mozzarci il fiato. La politica arrogante del “cocu” ha funzionato meglio della diplomazia civettuola del cucù. E vissero i cervi prepotenti e perirono i maiali dementi.
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